14 nov 2013

"Privacy e Servizi segreti"..di Domenico Cacopardo

Gli strani accordi per la privacy di domenico Cacopardo

 In questi giorni, sull’onda dello scandalo Datagate, è stato definito un accordo tra l’Autorità Garante per la privacy e il Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza: i servizi segreti italiani non potranno utilizzare dati sensibili dei cittadini senza prima averlo comunicato al Garante. Insomma, gli italiani continueranno a non sapere di essere “spiati” ma potranno contare sulla supervisione dell’Autority per la privacy.

Il relativo protocollo è stato firmato a Palazzo Chigi, in presenza del presidente del Consiglio Enrico Letta, e del sottosegretario delegato ai Servizi, Marco Minniti, uno dei pochi esperti della materia. L’Authority italiana per la privacy è un soggetto ben singolare, visto che è stata ed è tutt’altro che esente dalla commistione con la politica politicante: il suo primo presidente è stato Stefano Rodotà, cioè l’expresidente del PDS, attualmente solidale con gli occupanti (illegali) del teatro Valle di Roma; l’attuale è l’expresidente dei deputati del Pd, Antonello Soro. Scelte inconcepibili in un Paese diverso dal nostro dato che, così, il valore affidato dall’Authority diventa disponibile a un trattamento a geometria variabile secondo simpatie e vocazioni partitiche.

Nominando Rodotà e Soro, il Parlamento ha direttamente e negativamente inciso sulla funzionalità e affidabilità dell’Authority cui sono stati preposti.
Quisquilie, nell’Italia del conflitto d’interessi. Del primo garante, rimane memorabile la condanna (politica?) degli Stati Uniti per le misure di sicurezza applicate negli aeroporti americani nei confronti dei passeggeri (anche italiani).
Guardiamo ora i nostri servizi segreti. Il loro livello qualitativo e di affidabilità è stato rivelato all’opinione pubblica dalla decisione di altri servizi alleati (Gran Bretagna, Germania, Francia) di non renderli partecipi delle informazioni di cui dispongono. Va ricordato che, durante il governo Prodi 2006-2008, un componente del Copasir chiese i nomi degli informatori, con relativo compenso. A palazzo Chigi, qualcuno non ci vedeva nulla di male nell’accontentarlo.
Alla diffidenza dei nostri alleati occorre aggiungere l’evidente assenza dell’Aisi (informazioni interne) sullo scenario nazionale. La prova è sotto gli occhi di tutti: la mancata prevenzione dei frequenti assalti ai siti dell’Alta Velocità in Valle Susa, segno che non c’è alcun monitoraggio (infiltrati manco a parlarne) della galassia di antagonisti che anima il mondo Notav. Essi comunicano con cellulari e mail e sono quindi permeabili alle attenzioni di un servizio di sicurezza interna A questo punto, c’è da chiedersi: se mai qualcuno al Viminale o all’Aisi decidesse di intercettarli, sarebbe costretto a concordare l’elenco con l’Authority?
E l’onorevole Soro, garante della privacy, resisterà alla tentazione di informare qualche amico di partito, interessato alla vicenda?

Un solo pensiero ci consola: l’intesa è così lieve da non disturbare i nostri servizi e i segreti che debbono custodire.

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