24 lug 2014

La lunga strada delle riforme rallentata dalle logiche del buon senso



LA DEL RIO A CONFRONTO COL DISEGNO DI LEGGE BOSCHI
di vincenzo cacopardo

La nuova legge Delrio definisce le città metropolitane come enti di area vasta che devono curare lo sviluppo strategico del territorio metropolitano, promuovere e gestire in maniera integrata i servizi, le infrastrutture e le reti di comunicazione, curare le relazioni istituzionali afferenti al proprio livello. La legge conferisce il nome di città metropolitana a Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. La Delrio, poi, ricorda che i principi della legge valgono come elementi di riferimento di una grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e aree metropolitane da adottare dalla regione Sardegna, dalla Regione siciliana e dalla regione Friuli-Venezia Giulia, in conformità ai rispettivi statuti.

In Sicilia si era già da tempo portato avanti una riforma in proposito.. attraverso una iniziativa dei comuni, ivi compresi quelli capoluogo delle province limitrofe, per modificare le circoscrizioni provinciali confinanti, e aderire alla città metropolitana.

Sia la norma nazionale che quella regionale prevedono il sindaco metropolitano.

Secondo la legge Del rio si definiscono le funzioni del sindaco il quale convoca e presiede il consiglio metropolitano, sovrintende agli uffici ed al funzionamento dei servizi rappresentandoli in pieno. Il consiglio metropolitano delibera su ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano compresi gli schemi di bilancio .

La Delrio prevede inoltre che il sindaco metropolitano sia di diritto quello del comune capoluogo. La proposta del consiglio comunale deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana.In sostanza la legge prevede che il consiglio metropolitano sia composto dal sindaco metropolitano e da:
1) ventiquattro consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti; 2)diciotto consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti; 3)quattordici consiglieri nelle altre città metropolitane.

Quello che nel caso risulta davvero inconsueto e pregiudizievole è il fatto che, a fronte di tale normativa ed in conseguenza di una richiesta di immunità che sembra considerarsi col favore positivo di una gran parte delle forze partitiche, avremo un numero di consiglieri e sindaci che (entrando in Senato) godranno del beneficio particolare di una franchigia rispetto ad altri. E sappiamo bene quanto inopportuno possa essere per chi amministra direttamente o meno.. un bene pubblico.. beneficiare di un simile giovamento.

Vi è poi... in questo progetto normativo... un evidente costrutto tendente a favorire la forza delle regioni a sfavore di una politica nazionale non del tutto favorevole ad un percorso che, al contrario, dovrebbe ostacolare la costruzione di un potere territoriale edificato.. nel recente passato.. su una illegalità senza precedenti .

Secondo il testo del disegno di legge Boschi ..Il Senato cambierà radicalmente: meno senatori (100 invece di 315), non più eletti dai cittadini ma dai Consigli regionali, con meno poteri nell'esame delle leggi. Continuerà a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sarà composto da 95 eletti dai Consigli Regionali, più cinque nominati dal Capo dello Stato e che resteranno in carica per 7 anni. I senatori saranno dunque così ripartiti: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità illustri nominate dal presidente della Repubblica. Questi ultimi andranno quindi a sostituire i senatori a vita e saranno scelti con gli stessi criteri.
Il disegno di legge prevede per Palazzo Madama molti meno poteri superando il bicameralismo perfetto: innanzitutto non potrà più votare la fiducia ai governi in carica, mentre la sua funzione principale sarà quella di "raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica", che poi sarebbero regioni e comuni (raccordo si..ma in quale modalità?).

Potere di voto vero e proprio invece il Senato lo conserverà solo per riforme costituzionali, leggi costituzionali, leggi elettorali degli enti locali e ratifiche dei trattati internazionali. Potrà chiedere alla Camera la modifica delle leggi ordinarie, ma Montecitorio potrà non tener conto della richiesta (difficile poter comprendere in perchè). Avrà però la possibilità di esprimere proposte di modifica anche sulle leggi che esulano dalle sue competenze, ma sarà costretto a farlo in tempi strettissimi: gli emendamenti vanno consegnati entro 30 giorni, la legge tornerà alla Camera che avrà 20 giorni di tempo per decidere se accogliere o meno i suggerimenti. In questa ottica non è nemmeno chiaro il frutto che se ne ricaverà circa i tempi offeta dall'esperienza di un passato che ha sempre visto nelle stesse istituzioni l'avanzamento di anomalie e pratiche complesse.

Rimane perciò non del tutto definito il ruolo e la sua vera competenza.. premesso che per quanto concerne le leggi che riguardano i poteri delle regioni e degli enti locali, il Senato ne conserverà maggiori, non apparendo espliciti quali e secondo quale prassi...insomma non è ancora definita la vera funzione di un Senato che sembra volersi cambiare per un risparmio che in sé sarà tutto da vedere...Vi è sottolineato (come nelle classiche procedure renziane)  un aspetto amministravo concernente i bilanci, ma manca totalmente quello politico..

Quando si affrontano riforme di simile portata i principi da non sottovalutare sono ..il giusto tempo..le vere funzioni da rendere... e le anomalie che potrebbero derivarne..ma nella fattispecie non ci si può nemmeno esimere dal tener presente il legittimo aspetto di un percorso di corretta efficienza democratica.






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