24 lug 2014

Un commento ad una analisi del Consigliere Domenico Cacopardo 24 Luglio 2014



NARRAZIONI E FALSITA' di domenico cacopardo
Con imprudenza, Maria Elena Boschi proclama che la politica non ha bisogno di bugie. Sembra un’affermazione banale, se non smentisse millenni di storia e se non fosse in schiacciante contraddizione con la pratica e la teoria politica del suo leader, Matteo Renzi. 

Sin da quando si è affacciato alla ribalta nazionale, subito dopo avere assunto la segreteria del Pd, Renzi ha pronunciato una clamorosa bugia. S’è rivolto al primo ministro Enrico Letta, dicendogli: «Enrico, stai tranquillo!»

Non passava un mese che il «tranquillizzato», nonostante la caduca protezione di Giorgio Napolitano, veniva rimosso e pensionato. Pensionato tanto che, quando in Europa s’è fatto il suo nome per un incarico (anche qui una bugia: «Nessuno ha pronunciato il nome di Letta.»), il premier ha declinato l’ipotesi.
La sensazione, a 152 giorni dall’insediamento, è che la specialità della casa è proprio la bugia, con riferimento alla narrazione di eventi quotidiani che, spesso, non sono accaduti, di riforme che non sono riforme, di accordi che non ci sono stati.
Con questo metodo, Matteo Renzi continua a crescere nel gradimento popolare, nel suo peso parlamentare e consolida le prospettive di aggregazione intorno al suo carro.
Certo, la stampa s’è appiattita e fa finta di non rilevare tutte le allegre sciocchezze che il primo ministro e i suoi sodali ci ammanniscono, ma questo non basta per giustificare il consenso.
C’è dell’altro: in particolare il valore aggiunto della giovane età di Renzi e di gran parte della sua squadra e un linguaggio che mette in soffitta ogni cautela e, pur non essendo rassicurante, dà la sensazione di novità. È la palingenesi che gli italiani si aspettavano dopo il biscichio di Romano Prodi, il consunto parlare di Silvio Berlusconi, le banalità di Veltroni, le stupidaggini di Bersani.
Che a esso non corrisponda un reale cambiamento, anzi celi il reiterarsi del peggiore stile democristiano, lo si capirà all’improvviso, quando un evento, anche banale, denuderà il reuccio mettendolo alla berlina del Paese e dell’Europa.
Ecco, l’Europa è il vero problema. 
Nello sfolgorante luccichio di un linguaggio mistificatore («Chi si oppone a me è un nemico del rinnovamento e dell’Italia»), nella confusione dei tanti disegni di legge che si incrociano tra Camera e Senato, nella maratona parlamentare per la riforma costituzionale, nell’attesa della nuova legge elettorale, il problema dei problemi viene dimenticato, anzi nascosto sotto un letto di parole. 
Sorprende e dispiace che il presidente della Repubblica tanto si sia esposto in aiuto del ragazzo fiorentino: legare la propria figura a quella del premier è un grave rischio per l’istituzione. 
È facile immaginare che il sostegno sia stato espresso per smentire l’ipotesi che circola: un ricorso, come extrema ratio, a Ignazio Visco per un governo tecnico che affronti l’emergenza autunnale e porti il Paese alle elezioni di primavera.

Tutto, però, è nelle mani dei conti: questi non tornano e peggioreranno nelle prossime settimane.

È sbagliato e controproducente porre il focus sul lavoro e non sugli investimenti. Sono questi che debbono vedersi, pubblici (ma non ci sono risorse) e privati, ma non ci sono privati italiani e non disposti a investire in Italia, alle condizioni attuali di giustizia, mercato del lavoro, fisco, impedimenti vari.
E pensare che, per esempio, l’Eni ha rilevato ingenti giacimenti di olio e gas nell’Adriatico e che queste risorse rimarranno là, sepolte in mare, in attesa che compagnie non italiane, fuori dalle nostre acque territoriali le estraggano e le utilizzino. 
Accanto alle bugie c’è il nondetto: l’impossibilità di realizzare i rigassificatori (e la regione Puglia di Vendola ne ha impedito uno vitale), i termovalorizzatori, la guerra alla Tav, tutto concorre a renderci immobili.
Se la voglia di novità di Renzi fosse reale, se a essa corrispondesse un briciolo di pensiero politico, questi nodi dovrebbero essere stati denunciati sin dall’inizio. 
Non l’ha fatto. 
Pensate che questo Bruto («nel senso del figlio adottivo di Cesare», precisazione necessaria visto il livello culturale del premier e dei suoi, nonostante la citazione di Telemaco come antitesi di Edipo. Chissà chi gliel’ha suggerita) sia un uomo d’onore?



Analisi che non posso che condividere questa di Domenico...sia per quanto riguarda l'effetto di quella palingesi..ossia di quel rinnovamento... a cui molti cittadini sono rimasti legati individuandolo nell'unica figura del giovane sindaco d'Italia..sia per ciò che riguarda il linguaggio mistificatore dello stesso che oserei definire più ipocrita e saccente... in favore di una ambizione che non gli permette di guardare al futuro con la dovuta umiltà.

Ma Renzi continua a far finta di nulla asserendo (nel dialogo avuto per la riforma del Senato) : nessuno potrà fermarci..e poi.. la solita irritante retorica :chi vuole fermarci è contro il cambiamento

Sulle “bugie” proclamate dalla Boschi a proposito delle riforme...Domenico Cacopardo ha saputo dare una secca risposta..sottolineando le immense contraddizioni con quella pratica non esistente nell'attuale governo, ma ciò che non può sfuggire di certo è il dover constatare l'atteggiamento quasi disarmato del nostro Capo dello Stato.. il quale, espostosi sicuramente troppo in difesa della figura del giovane Premier, sembra oggi non del tutto persuaso...poichè la convinzione che quello di Renzi possa essere un bluff costruito attraverso una manipolata comunicazione..si fa sempre più visibile...D'altronde anche l'Europa preme e si affida già da tempo all'equilibrio politico di Napolitano....ed il tempo pare non permettere scelte alternative.

Alla prova dei fatti ..al di là delle strampalate proposte di riforme costituzionali messe in mano a debuttanti dell'ultima ora..quello che conterà nel breve futuro sarà sempre la crescita economica del nostro Paese e questa non potrà mai venir fuori senza precise idee...idee che ancora non si scorgono, forse perchè seppellite dalle continue comunicazioni di un Premier che pensa di poter dirigere un governo come fosse un'ammininistrazione comunale. 
vincenzo cacopardo

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