10 set 2014

breve appunto sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo



Bisogna ammetterlo, Matteo Renzi è un genio della comunicazione. Niente a che fare con Berlusconi, Grillo e Casaleggio. Lui domina le pagine dei giornali anche con non-notizie come quella della sua non-partecipazione al seminario di Villa d’Este, organizzato dallo Studio Ambrosetti. Tre premi Nobel, vari ministri, Barroso, un «parterre de roy» non l’hanno indotto a presenziare, lui che è un presenzialista, ma ad andare all’inaugurazione di una fabbrica bresciana. E il guaio è proprio questo: che nella miriade di giornali stampati e online, nella molteplicità delle televisioni, non si trova nessuno, o pochissimi, che se la sentono di fare le pulci al «pulain»fiorentino, una via di mezzo tra Bertoldo e uno dei tanti grassi che hanno popolato storie e storielle del bel Paese. 

Ora, la situazione pretenderebbe ben altro interprete e bel altri comprimari. Ma non c’è in giro un altro capocomico che lo possa sostituire, né è immaginabile che Napolitano, dopo i disastri Monti, Letta e, appunto, Renzi, possa riprendere il timone in mano e tirare fuori un altro nome, magari Ignazio Visco, l’ultimo dei «Draghi-boys», un po’ meno incolore di Saccomanni. Anche Visco, come del resto fece proprio Draghi (con Trichet) formulando un ultimatum al governo italiano (in senso tecnico un «golpe» subito a causa dell’impotenza di Berlusconi primo ministro), oggi alza la voce a Renzi, invitandolo a fare presto ciò che serve per rilanciare la morente economia. La medesima cosa emerge dalle parole di Barroso e degli altri esperti non italiani presenti a Villa d’Este, erroneamente snobbati (la ragione non può essere che l’insicurezza o, meglio, l’incompetenza).

Del resto, il medesimo ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, alla Festa dell’Unità (una macabra festa, dedicata a un morto, l’Unità) segnala la possibilità che, per accelerare i processi riformisti, si dia corso a una cessione ulteriore di sovranità all’Unione europea. Detta con belle e dolci parole, è la «Troika» che torna d’attualità, visto che la cartina di tornasole del rinnovamento l’abolizione dello statuto dei lavoratori e la liberalizzazione del mercato del lavoro è fuori dalla portata del «premier» e compagnia cantante, compreso il deludente Poletti, che pure aveva esordito bene, da vecchio marpione della politica e dell’economia.

Nel week-end, s’è discettato («vanitas vanitatum») sul tema vitale: «È uno statista Matteo Renzi?»

Ne dubito fortemente: uno statista avrebbe parlato in difesa dello Stato e dei Carabinieri, aggrediti «pour cause» in un contesto camorrista e irredimibile; avrebbe riflettuto prima di concedere uomini alla «task force» antirussa e soldi passando dall’1,2 al 2% del Pil nelle spese per la Difesa (vertice Nato di Cardiff). E non avrebbe assunto impegni nei confronti dell’Isis, prima di avere messo a posto la questione «Mare nostrum», della quale ci pentiremo amaramente nei prossimi mesi e anni. Anche perché il linguaggio di Obama, involuto e moroteo, poneva molti freni all’idea di una guerra: «Ho fiducia che riusciremo a essere capaci di costruire una forte base e di avere una specie di coalizione alla quale richiedere lo sforzo di cui abbiamo necessità per respingere l’Isis.»

Più cauti di così!



LA COMUNICAZIONE NON BASTA...
Matteo Renzi da politico di vecchio stampo democristiano e non può che sposare il linguaggio di Obama...La sua innata capacità comunicativa è sicuramente provata, ma che ce ne facciamo di questa comunicazione... se non fa ancora intravvedere un significativo risultato?

Con spirito acuto e profonda conoscenza dei problemi il cugino Domenico mette in dubbio la capacità di statista del sindaco d'Italia stigmatizzando punto per punto il poco utile percorso di chi avrebbe dovuto muoversi in modo più accorto in favore di una politica estera ed economica del Paese. La strada intrapresa da Renzi potrebbe rendersi ancora più disastrosa anche per via delle sanzioni alla Russia che si potrebbero ribaltare a sfavore degli interessi economici della nostra Nazione per via dei possibili provvedimenti di Putin sul gasdotto che elargisce energia.

Sappiamo bene che oggi Renzi è insostituibile e ne possiamo comprendere le ragioni (mancanza totale di una vera politica funzionale al cambiamento e di politici che facciano seria politica). Anche la mancanza di un nuovo capo dello Stato più giovanile e meno condizionato dalla Comunità europea..lascia campo libero e più aperto all'ambizione del giovane sindaco d'Italia, ma c'è da chiedersi quale potrebbe essere l'epilogo di un simile percorso così determinato posto nell'unica mente di una figura oggi in grado di dare ordini e porre condizioni persino al suo Partito. 

La politica dovrebbe muoversi all'interno di un Partito senza alcuna figura predominante che ne imponga la strada..e nessuna figura politica dovrebbe mai poter assumere il ruolo di capo di un Partito e capo dell'esecutivo. Questo deleterio concetto Veltroniano assai spregiudicato ed importato da una cultura assai liberista..porterà ben presto le sue logiche conseguenze.
vincenzo cacopardo

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