29 ott 2014

Un commento su sindacati, politica e democrazia

Scrive Domenico Cacopardo sulla Gazzetta di Parma

Incapace di uscire dal paradigma di posizioni introdotte nella Cgil da Sergio Cofferati, lo «stolido leader» (definizione corrente ai suoi tempi per sottolineare le incapacità di manovra) che impedì la riforma del lavoro nel ’99, con un’economia florida e un governo di sinistra-centro, Susanna Camusso, dopo Guglielmo Epifani, due exsocialisti diventati più massimalisti dei massimalisti storici, si appresta allo scontro finale con lo schieramento riformista che fa capo a Matteo Renzi. Lo perderà.

Potrà non piacere per la vocazione cesarista, ma si deve ammettere che il giovane presidente del consiglio ha messo in moto la politica italiana, archiviando personaggi, riti e parole d’ordine. Basta sottolineare la sua posizione: «Il governo non deve trattare le sue leggi col sindacato. Deve ascoltare il sindacato e decidere per conto suo. Il sindacato deve trattare con gli imprenditori per i posti di lavoro e le condizioni dei lavoratori. Se un sindacalista vuole discutere le leggi, si faccia eleggere in Parlamento …»

Nemmeno Craxi, quando incontrava nel 1984 tre capi sindacali del calibro di Lama, Carniti e Benvenuto, aveva avuto il coraggio di definire e delimitare in questo modo l’attività sindacale. Anzi, in quello scontro combattuto col fioretto e con la sciabola, il vero avversario non era Lama, disponibile ad accettare il taglio della scala mobile, ma Berlinguer, ormai avvoltolato nelle propria concezione di Repubblica del CLN e sull’asserzione «Non si governa con il 51%.»

E poi è venuta la seconda Repubblica. Gli unici esponenti politici risparmiati da Tangentopoli erano i sindacalisti, che non erano perseguibili per i contributi «volontari» ricevuti. Superato lo choc dell’elezione di Berlusconi, Prodi e seguaci avevano tessuto una tela di relazioni con il sindacato rivolta a paralizzare l’autonomia della politica, a favore del consenso della Cgil. E avevano imbarcato il simpatico Bertinotti, un campione del rinnovamento a capo di un partito che si chiamava Rifondazione comunista e che, al momento giusto, levò i voti di cui Prodi aveva bisogno in Parlamento, mandandoli a casa.

E prima, con sussiegosa considerazione di se medesimo, lo «zio» della Patria Carlo Azeglio Ciampi, poi immeritatamente santificato, si piegò al rito della «concertazione» sottoponendosi a un negoziato con i sindacati sui contenuti dell’azione politica del suo governo.

Vent’anni di questo sistema, non intaccato dai periodici ritorni di Berlusconi, nonostante la chiarezza di idee di Maurizio Sacconi, l’unico di quel giro capace di studiarsi i dossier e di capire quello ch’era necessario, hanno bloccato il Paese e l’hanno fatto avvitare su se stesso. 

Finalmente, un giovane archivia il diritto di veto riconosciuto ad alcuni –e ad alcuni, come la Cgil, più degli altri- sulla base di una presunta rappresentanza di interessi mai verificata con una vera libera consultazione elettorale. Se ci si riflette, si scopre che il sindacato è l’organizzazione meno democratica del Paese insieme al Movimento 5 Stelle. 

Ora ci si confronta in campo aperto. E vincono le idee giuste. Vincono anche gli ideali, primo fra tutti quello di rinnovare a Nazione per dare una speranza agli italiani.

Non questo becero rinvangare il passato.

Non i proverbi demenziali in cui s’è specializzato Bersani.

Non le sciocchezze massimaliste di cui si riempiono la bocca alcuni excomunisti («in primis» Fassina e Civati) che costituiscono la parte meno disponibile della sinistra del Pd.

«Andiamo, è ora di partire.»

Ci stiamo muovendo. Incidenti e trappole sono sulla strada che abbiamo scelto. Ma se la voglia di andare è forte, se si intravvede una meta condivisibile, se è possibile rilanciare l’Italia, incidenti e trappole non ci impediranno di procedere.
Domenico Cacopardo



"La storia dei sindacati è divenuta nel tempo un'altra anomalia di questo Paese, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile alla deformazione che ha alterato e confuso i principi base che avrebbero dovuto guidare il vero paradigma di una democrazia."

Non per un becero rivangare il passato, e nemmeno per spegnere l'entusiasmo di chi, come il consigliere Cacopardo, ritenendo giusta la frase di Renzi ( che non posso tra l'altro che condividere), pensa che il tutto possa risolversi attraverso le posizioni determinate del nuovo sindaco d'Italia. 

Se è vero che “Il sindacato deve trattare con gli imprenditori per i posti di lavoro e le condizioni dei lavoratori, e se è altrettanto vero che se un sindacalista vuole discutere le leggi, dovrebbe farsi eleggere in Parlamento”..è anche vero che oggi la governabilità non potrebbe determinarsi con tale arroganza.. prendendosi gioco dei principi cardine di una democrazia...Oggi il percorso della politica la sta decidendo il Nazareno (Renzi e Berlusconi insieme)..come si può pensare che costoro potranno mai costruire regole in favore di possibili elezioni di sindacalisti in Parlamento?

La storia dei sindacati è divenuta nel tempo un'altra anomalia di questo Paese, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile alla deformazione che ha alterato e confuso i principi base che avrebbero dovuto guidare il vero paradigma di una democrazia. Che dire..ad esempio.. delle nefande regole che vorrebbero guidare le riforme verso sistemi elettorali iniqui..attraverso premi di maggioranza e soglie di sbarramento che negano una politica che, per costituzione dovrebbe lasciare libero il pensiero dei piccoli? Che dire della costruzione semplificativa con la quale oggi si edifica un governo?...Che dire delle spudorate e continue fiducie...ovvero quelle continue stampelle con le quali si pretende di reggere un esecutivo imponendo persino deleghe alla decretazione legislativa? Che dire dei perenni conflitti che invadono il campo legislativo con quello governativo? Che dire dell'influenza eccessiva dei Partiti poco disciplinati e veri padroni assoluti di una politica oligarchica?...E si potrebbe andare oltre, ma se poi quello che conta.. è il dovere ottenere un risultato a tutti i costi, soprattutto chi ha una mente lucida come Domenico... comprende perfettamente che la crisi della democrazia è già in atto da tempo e senza democrazia vincono le arroganze ..anche quelle dei sindacati..Ben vengano...quando ciò che soprattutto manca è una sana e logica funzione della politica!

E' facile per Renzi, oggi, tirare fuori continui slogan come quello sopra scritto a discapito dei sindacati..quando nel disordine più totale di un edificio istituzionale..quello che per prima dovrebbe essere posto in ordine, è il funzionamento di una politica in favore di una democrazia.

Badiamo bene! Nessuno pretende per principio di schierarsi in favore di una qualunque forza sindacale, ma non si può nemmeno restare inerti nell'ascoltare le frasi boriose di un capo del governo che pretende di assumere le sembianze di un monarca, anche a causa di un partito che gli consente l'enorme conflitto ponendolo nel contempo nella carica di segretario e di premier di uno Stato.... Proprio da qui nascono le prime anomalie democratiche..e pochi se ne accorgono! 

Malgrado le belle parole di Renzi, proposte sempre attraverso slogan, quando si muovono i sindacati costruiti in anni ed anni di storia, risulta facile fare certi tipi di affermazioni, molto più difficile porre una barriera ad un diritto di sciopero. Cosa può poi significare ascoltare la parola dei sindacati per poi decidere come si vuole, quando ormai la vera azione legislativa parlamentare è in mano ad un padrone assoluto?..La crisi della democrazia avanza a passi veloci e potrà avere dei risvolti persino pericolosi.. 
vincenzo cacopardo

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