8 dic 2014

La posta di Paolo Speciale

L'inesauribile immoralità della politica

Ancora una volta la cronaca giudiziaria domina l'attenzione della pubblica opinione, ponendo in secondo piano la pur sconvolgente ed orribile attuale cronaca nera.

Quando la realtà supera ogni immaginazione, perfino quella dei “nequissimi homines” dell'impero romano, si fondono tra loro - in un miscuglio – sozzura presente anche in molte altre realtà locali - politici, faccendieri,estorsori e delinquenti comuni, ognuno con un ruolo ben definito, in uno dei settori più vulnerabili ad opera del malaffare: quello dell'assistenza ai più deboli (le ruberie sui finanziamenti ai centri per gli immigrati) e, purtroppo, non solo. Il danno morale è abnorme e sconvolgente, perché di fatto distrugge – anche e soprattutto a livello internazionale, dove sino ad oggi la Merkel ci punta il dito contro – l'unica connotazione che sinora ci ha nobilmente distinto e che ha fatto di noi la componente europea che si ispira alla filosofia del “poveri ma belli e buoni”. Sono riusciti a macchiare anche la nobile virtù della caritatevole accoglienza. 

Abbiamo detto macchiare, non togliere di mezzo, grazie a Dio. Ed anche questo scandalo diventa fonte dell'insopportabile,prevedibile, ennesima appropriazione indebita sia del concetto che dello status di esclusiva invocata detenzione della pubblica moralità, in un risibile quanto tragico tentativo di ciascun ex leader in astinenza di popolarità di riprendere qualche voto. Attribuire adesso un provvidenziale ruolo catartico a nuove anticipate elezioni rende ancora più in-credibile la dignità-perduta – di una classe politica in cui diventa sempre più difficile trovare i non affetti dalla corruttela.
Roma caput mundi: anche se in fondo constatiamo che, nel bene e nel male, non siamo unici o primi nel mondo. Almeno in questo.

Orbene allora, perché non pensare aduna riedizione della politica come ad una atipica “professione passionale” a tempo determinato – e quindi in regime di assoluta precarietà - riservata soltanto a coloro che ottengano il necessario consenso elettorale previa adeguata formazione con tanto di verifiche docenziali? Non è pura teoria od illusorio idealismo: quello della pubblica rappresentanza è una delle attività più antiche del mondo perché nasce dalla necessità dell'uomo di relazionarsi con i propri simili. Ed essere destinatario di più o meno plebiscitari consensi risponde pienamente ai princìpi fondanti di ogni sistema democratico evoluto. Tuttavia perché confinare ad attività prettamente convegnistica o di mero approfondimento teorico-filosofico la cosiddetta “formazione politica”? Prescindendo, ovviamente, dai ben noti percorsi universitari, riteniamo utile la – pubblica -statalizzazione di un percorso di studi mirato a correttamente configurare il ruolo di chi è chiamato a rappresentare –pro-tempore – il rappresentato (cittadino), rendendolo adeguatamente edotto in via preventiva sui rischi – di umana,fallibile, storica natura – che attengono all'esercizio di tale compito circa le potenziali e diffuse deviazioni dal giusto operare in favore della collettività.

Una sorta di vaccino, insomma, prevenendo così, anziché cercando di curare, un cancro che disonora la pura scienza politica non banalizzata od impropriamente disprezzata come da troppo tempo avviene.
Paolo Speciale



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