22 mar 2015

una nota al nuovo articolo del consigliere Domenico Cacopardo

L'indirizzo politico di un premier..

Difficile.. dare atto della gestione intelligente del dossier Lupi da parte del premier Renzi senza comprendere il discapito di non aver messo la dovuta attenzione durante l'anno di governo sul sistema gestionale del suo importante ministero. D'altronde..non compete proprio ad un premier la valutazione di un lavoro di squadra di un governo che si sarebbe dovuto muovere attraverso un programma di rinnovamento e di vera rottamazione?.

Malgrado certi entusiasmi dettati dall'articolo di Domenico in favore del premier, Renzi oggi, pare proteggere alcuni sottosegretari del governo persino indagati e..forse..anche di qualche ministro impelagato in faccende ancora poco chiare..
Il sindaco d'Italia dall'alto della sua supponenza..si esprime dichiarando con scaltrezza che: "Il successore di Lupi sarà bravo, non importa la sua tessera”...intanto tiene saldo l'interim...Sebbene in ritardo la voce di D'Alema comincia a venir fuori criticando la gestione del Pd descrivendola arrogante. L'ex primo ministro la definisce anche fin troppo personale.. aggiungendo che non si può più ritardare un serio dibattito all'interno del partito.

Al di là di ogni visione dettata da proprie idee in proposito ..non vi è dubbio che il caso Lupi abbia portato un certo scompiglio all'interno della direzione governativa. Posizioni anomale e controproducenti vengono adesso messe più in risalto ed in evidente contrapposizione con la tesi di un premier che pare, al contrario, muoversi senza pesi e misure...

Renzi, appoggiato in questo pensiero dal capogruppo Speranza, sostiene che nessuno possa definirsi colpevole finche rimane indagato e che ogni dimissione non deve essere legata a criteri giudiziari, ma solo a quelli di “opportunità politica”...Ma l'opportunità politica in seno ad un governo..non dovrebbe spettare proprio al premier? Non dovrebbe essere il Capo di un governo a valutare la circostanza politica di chi opera all'interno di un governo che si è sempre proposto di operare attraverso un sano ed retto rinnovamento?
vincenzo cacopardo



Un ministro nuovo... 
non un nuovo ministro è quello che ci aspettiamo tutti. Un ministro nuovo per il sistema dei lavori pubblici, troppo a lungo in mano a persone più o meno coinvolte con il sistema delle imprese, con le lobbies dei professionisti, insomma con coloro che, all’atto pratico, sono i fruitori delle decisioni del titolare del dicastero. I beneficiari dovrebbero essere gli italiani, ma, a dire il vero, la sensazione è che il beneficio reale sia normalmente scremato da forti drenaggi illeciti che riducono l’effettiva spesa pubblica e/o la qualità delle opere realizzate. Non a caso, in pochi giorni sono crollati due viadotti nuovi, uno in Sicilia, l’altro nell’autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Dobbiamo dare atto a Matteo Renzi di avere gestito il dossier Lupi con intelligenza, senza frettolose esternazioni, lasciando che gli eventi maturassero in maniera tale da rendere necessarie le dimissioni dell’incauto ministro.
C’è anche da dire che, ogni inchiesta rivela in modo plateale la stupida insipienza di politici e burocrati, tutti pronti e felici di parlare al telefono con il più interpretabile dei linguaggi convenzionali («Ti mando mio figlio, vorrei che lo conoscessi». Ma a che scopo? Sociale, mondano, sportivo? O per quello vero trovargli un posto, umiliando un uomo giovane come fanno migliaia di genitori italiani nei confronti di figli che, comunque, hanno raggiunto un titolo di studio. A dimostrazione di come le famiglie siano le prime nemiche della libera e autonoma crescita dei loro rampolli). Anche Lupi, quindi, quando telefona a Incalza, per carità, mai condannato ma tante volte inquisito, alla fine abbandona ogni prudenza, e non immagina che a sua volta Incalza, Perotti e & parlino tra loro in tutta libertà non sapendo (o forse ben immaginando) di possibili intercettazioni.
Ora, si volta pagina.
Renzi è di fronte a una scelta di grande importanza. Non può e non deve umiliare il Nuovo Centro Destra, l’unico sostegno esterno organico del suo governo, galleggiante intorno al 3% dei consensi, e tuttavia necessario per non finire nella spirale dei distinguo e dei non voglio aperta dalle minoranze del Pd. Ma deve imporre anche un nuovo ministro, una persona che dia il senso di una vera e irreversibile svolta nel mondo degli appalti pubblici, trasformandolo da buco nero a fattore di avanzamento, di ammodernamento e di sviluppo.
Il nome di Raffaele Cantone, persona cui non abbiamo risparmiato critiche, oggi è il più idoneo a essere indicato per la successione di Lupi. Non perché è un magistrato, ma perché, da commissario anticorruzione ha affrontato il tema cercando di introdurre quei semi di trasparenza e moralizzazione che dovranno germogliare. Se fosse ministro delle infrastrutture potrebbe trasformare lo sforzo per raddrizzare le cose, in un radicale risanamento sin dall’origine, dall’inizio: una nuova legge sugli appalti pubblici che impedisca deviazioni rispetto al principio della libera concorrenza; una gestione «day by day» libera da ogni compromesso, all’insegna del motto che «tra legalità e illegalità non ci sono vie di mezzo» (e questo non è un concetto radicale, ma attiene alla fisiologia della vita sociale); che occorre cambiare i manici, cioè i manager che da decenni gestiscono programmi, progetti, concorsi e affidamenti. E vanno allontanati coloro che direttamente o indirettamente hanno intermediato dall’esterno i rapporti tra le strutture pubbliche e quelle private, giovandosi di permanenti rendite di posizione. Un rinnovamento che deve comprendere una valutazione spietata dello stato dell’arte, a cominciare dal Mose, per il quale si potrà (forse) finalmente vedere una «due diligence» che spieghi agli italiani l’entità delle ruberie e di quanto si può e si deve pretendere in restituzione da coloro che hanno ricevuto tanti quattrini in eccesso rispetto ai costi e ai prezzi di mercato.
Ma non solo il Mose, ovviamente: ci sono gli aumenti delle tariffe autostradali, le questioni della Salerno-Reggio Calabria, sempre l’Expò e tutte le altre iniziative in corso o in programma.
Resterà sul tappeto la questione NCD. Se è saggio Renzi l’aiuterà a sopravvivere alla tempesta e a rafforzarsi, magari con un’intesa politica con Tosi e gli altri moderati che sono rimasti senza padre né madre al Centro e al Nord della penisola. Nel Sud e nelle isole, no: è troppo pericoloso dialogare con i moderati, come dimostra il caso dell’exsegretario del Pd siciliano Francantonio Genovese, in questo momento ospitato nelle patrie galere.
Sulla strada delle riforme non ci si può fermare, ma si deve proseguire con la forza delle idee.
domenico cacopardo




























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