8 lug 2015

Il governoTsipras..e le logiche reazioni





L' analisi di Manlio Dinucci sulla “Grecia, l’ombra di «Prometeo” é del tutto condivisibile, poiché il problema ellenico (come già messo in evidenza da questo Forum) non può non essere visto in un'ottica di sistema : Un sistema capitalistico che reprime ogni possibile democrazia, ma persino ogni altra possibile espansione di una economia reale. E' quindi logico che questo referendum ha posto problemi al di là di una scelta del si o del no, mettendo sulla bilancia il peso di una politica che tocca interessi e strategie ben al di fuori di ogni contesto Europeo. Non è nemmeno difficile intuire quanto la svalutazione della moneta europea possa dar fastidio ad una economia americana per via dell'import export dei prodotti. Vi è poi il possibile avvicinamento di altre potenze straniere che potrebbero inserirsi in un contesto europeo compromettendo una appartenenza alla Nato della Grecia.

Secondo l'articolo di Dinucci..la tesi contrapposta di James Galbraith (docente di relazioni di governo e business all’Università del Texas) in caso di fallimento dell'Europa, potrebbe vedere un aiuto da parte degli stessi Stati Uniti attraverso misure minori, tra cui una garanzia sui prestiti. Dinucci conclude sostenendo che ambedue le strade possano essere pericolose..e che l'unica via resta quella della lotta popolare per la difesa della sovranità nazionale e della democrazia.

Ambedue le strade denotano un chiaro fallimento da parte di questa unione europea!

Naturalmente non tutte le tesi che si riscontrano sono identiche: C'è chi sostiene che in Grecia..nello stesso ambito capitalistico si scontrano due filoni di pensiero politico-economico contrapposti.. identici a quelli che si riscontrano nel Parlamento europeo: Quello socialdemocratico e quello neoliberista. L'uno che guarda ai principi fondamentali della solidarietà e l'altro che si esprime compromettendo una più equa ripartizione e ridistribuzione. Questi due modelli contrapposti che riducono il pensiero politico in uno spaccato assurdo, oltre che poco funzionale, si basano ancora su ideologie vecchie . Due modelli che in mancanza di una visione più equilibrata scandiscono il tempo e le regole della politica in modo troppo deciso, netto, ma sicuramente poco utile.  In ogni caso..se i parametri economici imposti dalla comunità europea si legano ad un visione capitalistica di tipo neoliberista..la politica di Tsipras... pur rientrando in un ambito capitalistico, ne rappresenta oggi..in termini politici.. una chiara contrapposizione. Un ostacolo ad un sistema rappresentato dai potentati economici.. in favore di una solidarietà e di un desiderio supremo della democrazia.

Ma quello che decisamente oggi deve sorprenderci è il valore che si dà alla politica economica di una Comunità..sicuramente poco solidale... che si esprime con i parametri dei PIL pro capite..non tenendo assolutamente conto del continuo allagamento di una forbice tra ricchezza e povertà insita in seno agli stessi Paesi. Una visione fin troppo sintetica, pragmatica e cinica che non potrà che scatenare ulteriori logiche reazioni da parte di altri Paesi.
Vincenzo Cacopardo


Grecia, l’ombra di «Prometeo”
Il «testa a testa» nel referendum greco, propagandato dai grandi media, si è rivelato una sonora testata nel muro per i fautori interni e internazionali del «Sì». Il popolo greco ha detto «No» non solo alle misure di «austerità» imposte da Ue, Bce e Fmi, ma, di fatto, a un sistema – quello capitalistico – che soffoca la democrazia reale.
Le implicazioni del referendum vanno al di là della sfera economica, coinvolgendo gli interessi politici e strategici non solo di Bruxelles, ma (cosa di cui non si parla) quelli di Washington. Il presidente Obama ha dichiarato di essere «profondamente coinvolto» nella crisi greca, che «prendiamo in seria considerazione», lavorando con i partner europei così da «essere preparati a qualsiasi evenienza».
Perché tanta attenzione sulla Grecia? Perché è membro non solo della Ue, ma della Nato. Un «solido alleato», come la definisce il segretario generale Stoltenberg, che svolge un ruolo importante nei corpi di rapido spiegamento e dà il buon esempio nella spesa militare, alla quale destina oltre il 2% del pil, obiettivo raggiunto in Europa solo da Gran Bretagna ed Estonia.
Nonostante che Stoltenberg assicuri «il continuo impegno del governo greco nell’Alleanza», a Washington temono che, avvinandosi alla Russia e di fatto alla Cina, la Grecia di Tsipras comprometta la sua appartenenza alla Nato. Il premier Tsipras ha dichiarato che «non siamo d’accordo con le sanzioni alla Russia» e, al vertice Ue, ha sostenuto che «la nuova architettura della sicurezza europea deve includere la Russia». Nell’incontro Tsipras-Putin, in aprile a Mosca, si è parlato della possibilità che la Grecia diventi l’hub europeo del nuovo gasdotto, sostitutivo del South Stream bloccato dalla Bulgaria sotto pressione Usa, che attraverso la Turchia porterà il gas russo alle soglie della Ue.
Vi è inoltre la possibilità che la Grecia riceva finanziamenti dalla Banca per lo sviluppo creata dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e dalla Banca d'investimenti per le infrastrutture asiatiche creata dalla Cina, che vuole fare del Pireo un importante hub della sua rete commerciale.
«Una Grecia amica di Mosca potrebbe paralizzare la capacità della Nato di reagire all’aggressione russa», ha avvertito Zbigniew Brzezinski (già consigliere strategico della Casa Bianca), dando voce alla posizione dei conservatori.
Quella dei progressisti è espressa da James Galbraith, docente di relazioni di governo e business all’Università del Texas, che ha lavorato per alcuni anni con Yanis Varoufakis, divenuto ministro delle finanze greco (ora dimissionario), al quale ha fornito «assistenza informale» in questi ultimi giorni. Galbraith sostiene che, nonostante il ruolo svolto dalla Cia nel golpe del 1967, che portò al potere in Grecia i colonnelli in base al piano «Prometeo» della Nato, «la sinistra greca è cambiata e questo governo è pro-americano e fermamente membro della Nato». Propone quindi che, «se l’Europa fallisce, possono muoversi gli Stati uniti per aiutare la Grecia, la quale, essendo un piccolo paese, può essere salvata con misure minori, tra cui una garanzia sui prestiti» («US must rally to Greece», The Boston Globe, 19-2-15).
Ambedue le posizioni sono pericolose per la Grecia. Se a Washington prevale quella dei conservatori, si prospetta un nuovo piano «Prometeo» della Nato, una «Piazza Syntagma» sulla falsariga di «Piazza Maidan» in Ucraina. Se prevale quella dei progressisti, una operazione di stampo neocoloniale che farebbe cadere la Grecia dalla padella nella brace. L’unica via resta quella di una dura lotta popolare per la difesa della sovranità nazionale e della democrazia.
Manlio Dinucci 

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