9 lug 2015

Una nota critica al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Paradigmi da rimuovere..e nuove visioni funzionali
Che dobbiamo dunque fare ..eliminare i greci?...farli soccombere? Se così stanno le cose dovrebbe essere la stessa Commissione a cacciarli senza più perder tempo... ma guarda caso.. questa unione europea..non sembra per nulla decisa!
Quando Domenico scrive..(al di là delle sue evidenti capacità di esprimersi).. sembra viler fare apparire un mondo costretto a camminare su certi paradigmi..senza i quali..non vi può essere altra soluzione.
Ed è strano pensare che un Cacopardo, scrittore ormai di fama, con una chiara dose di percezione non usuale che guarda alle idee, resti bloccato da questa sua visione. E' proprio questa forma mentis perseverante a negare ogni possibilità di cambiamento, poiché il vero problema in realtà non è la Grecia, ma un modello economico finanziario che costringe ogni altra possibile evoluzione sia politica che di reale economia..anche nel nostro Paese.
Sbaglia chi sottolinea con enfasi e pietismo che... “i greci sono poveri disgraziati mentre i grassi europei non vogliono mettere mano al portafogli nemmeno per una elemosina.. e forse starà sbagliando anche Tsipras nella sua inadeguatezza a mediare e costruire un piano di risanamento più utile e convincente (pur nella evidente difficoltà ogettiva che limita i suoi spazi), ma quello che sicuramente si percepisce è il fallimento di un'Europa che si è voluta costruire attraverso un'unico piano delle risorse economiche finanziarie privo di un preventivo piano politico, storico e culturale, senza il quale sembra impossibile procedere oltre.
Quando una macchina funziona male è perfettamente inutile prendersela con chi la critica...fingendo di dimenticare gli errori del passato e quelli che ancora oggi persistono: Se la stampa si scatena a difesa dei più deboli e dei valori persi.. o meglio... smantellati dai principi di una economia che da un lato arricchisce e dall'altro impoverisce senza un rapporto di equità, non fa che operare a favore di una società, e se anche, come sostiene Domenico, sussiste una stampa subdola e manipolata, non potrà che passare in secondo piano rispetto alla ben più grave questione che vede oggi il disfacimento di una unione di Paesi cosi diversi e variegati.
La disinformazione a cui fa riferimento Domenico ..sia essa manipolata o no..passa di certo in secondo piano rispetto ad una questione fondamentale di chi pensa di usare il paraocchi per simulare valori come democrazia, equità, funzionamento, lungimiranza, integrità, equilibrio, qualità..etc...Valori che questa unione di Paesi, con simili presupposti, non potrà di certo edificare e portare avanti.
In quest'ottica procede anche l'opera di Matteo Renzi che col suo atteggiamento non ha saputo dimostrare una visione più lungimirante in favore del suo Paese e di una più logica costruzione di un'Europa, legandosi comodamente al barrocio dei più forti.. 
vincenzo cacopardo






Dallo Stato mite.. allo Stato imbelle

L’aspetto più inquietante dell’Italia attuale è la disinformazione distribuita a piene mani dai media nazionali, anche i più qualificati. Ieri, Il Corriere della sera, per esempio, ha pubblicato in prima pagina una vignetta di Giannelli che è un manifesto per la disinformazione «ufficiale» (già, secoli addietro, il Corriere era la voce ufficiale della borghesia in generale e milanese in particolare): rappresentava un medicante di fronte al quale passavano, indifferenti, Angela Merkel e compagnia bella. Giannelli, spesso mitico e più efficace di un editoriale, ha, quindi, detto ai lettori del Corriere: i greci sono poveri disgraziati e i grassi europei non vogliono mettere mano al portafogli nemmeno per un’elemosina.
Un’idea sbagliata e mistificatrice, visto che: il debitore è greco; l’Europa (con la partecipazione dell’Italia disastrata di questi tempi) ha erogato miliardi di aiuti; che la Grecia non vuol restituire quanto ricevuto né adottare le misure richieste dai creditori; che ieri Tsipras ha chiesto 7 miliardi di euro (nient’affatto un’elemosina) in attesa di un ennesimo mirabolante e vuoto piano di ripresa e risanamento.
Anche la Rai, in salsa Gubitosi, non è estranea alla disinformazione generale. A dire il vero, trattandosi di servizio pubblico, dovrebbe attenersi a un codice di terzietà informativa che non dovrebbe incidere sul diritto alle opinioni dei giornalisti, ma obbligarli a riferire i dati dei problemi che esaminano.
Il caso ha voluto che ieri mattina, mercoledì ascoltassi una trasmissione di radio Rai1.
Premetto che in tutta la trasmissione si sono usate le parole «migrante» e «profugo» come sinonimi, quando invece non lo sono né in fatto né in diritto. Se fossi maligno penserei che la confusione derivi da malafede. Siccome non sono maligno, credo che questa confusione abbia colpito i nostri «informatori» che la subiscono senza (dovere specifico della professione) avere mai controllato la semantica e la pratica migratoria.
I giornalisti hanno iniziato con Ventimiglia, spiegando che sugli scogli (artificiali) in prossimità del confine francese, rimangono ancora un certo numero di «irriducibili», che protestano contro le difficoltà di attraversare il confine, visto che le autorità francesi respingono chi non ha un permesso di soggiorno (italiano) né documenti (comportamento «dovuto», in base alla normativa europea) e che, a coloro che, invece, possiedono un permesso di soggiorno, chiedono di dimostrare la loro capacità di sopravvivenza in Francia (quattrini o parenti o regolare contratto di lavoro) (comportamento «dovuto» in base alla normativa francese e, anche, italiana, se qualcuno decidesse di rispettare la legge).
Il tono del cronista era scandalizzato, come se l’atteggiamento francese fosse da condannare come contrario al diritto dei popoli.
Hanno anche interrogato qualcuno di Ventimiglia sugli effetti della presenza di migranti-profughi rilevando: che danneggiano l’immagine (turistica) della città ligure e che non rappresentano un problema sanitario.
Il disturbo dell’immagine è sembrato una meschina pretesa di qualche sparuto cittadino, invece di una legittima esigenza socio-economica: un luogo turistico di mare «deve» tenere alla propria buona fama, per salvaguardare le attività turistiche.
Quanto al problema sanitario, era evidente che non tutto veniva detto. Di certo, gli occupanti degli scogli (artificiali) non solo stanno nelle tende (della Protezione civile, a quanto sembra) ma, non godendo di servizi igienici, utilizzano, per soddisfare le loro esigenze fisiche, il mare. Un inquinamento certo, quindi, dimenticato tra le righe dei preconcetti.
I giornalisti Rai hanno poi affrontato il caso di Enzo Canepa, una specie di pericoloso criminale eletto sindaco di Alassio.
Canepa ha adottato una delibera che impone ai vigili urbani di identificare le persone che dal punto di vista somatico sembrano provenire dall’Africa chiedendo un certificato sanitario che attesti l’assenza di malattie trasmissibili. Coloro che non ne sono in possesso saranno accompagnati ai confini (comunali) e, se ritornano, multati.
Il sindaco, intervistato, ha segnalato il timore e il pericolo rappresentato dai migranti provenienti da zone in cui ci sono malattie endemiche facilmente trasmissibili e, a titolo di esempio, ha segnalato il diffondersi di patologie polmonari virali. Per rispondere a Canepa, è stato intervistato un medico della Società italiana di medicina delle migrazioni che non ha smentito (né poteva) la possibile presenza di portatori sani di virus a diffusione endemica, ma ha invocato l’art. 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.» In realtà, Alassio non mette in discussione l’art. 32, ma ne dà una lettura effettuale, giacché al diritto alla salute corrisponde (per giurisprudenza costituzionale) un dovere alla salute, che si sostanzia in criteri difensivi e prudenziali del genere di quelli adottati.
Insomma, quello che l’ascoltatore traeva dall’informazione ammannita da mamma Rai, consisteva nella presenza in Liguria (come altrove) di persone tarate da razzismo e da comportamenti razzisti. La tesi è ricorrente, ma deforma la realtà.
Infatti, non c’è un obbligo d’elemosina, d’accoglienza, di carità. Si tratta di virtù che ognuno esercita liberamente quando vuole con chi vuole per chi vuole. Pensare di classificare gli italiani tra razzisti, da mettere all’indice (e poi al muro) e non razzisti è, prima che un falso, un errore che spinge verso atteggiamenti sempre più radicali. Se le «anime belle» credono di convincere e di vincere, si sbagliano: la criminalizzazione degli incerti e di coloro che temono i migranti condurrà il Paese a una spaccatura verticale, nella quale proprio le «anime belle» saranno sconfitte.
Infatti, i sentimenti che la migrazione biblica che ci ha investito può suscitare sono vari e tutti legittimi. Solo la violenza non è ammissibile.
La verità, peraltro, è che lo Stato italiano ha adottato da tempo un «diritto mite». I dimostranti occupano una strada e impediscono il libero esercizio della libertà di movimento? Invece di mandare la Guardia nazionale in assetto di guerra, come si usa negli Stati Uniti, quando diritti costituzionali vengono illegalmente violati, qui, la Polizia fa opera di convincimento.
Basta guardarsi in giro e osservare la situazione dell’ordine pubblico per capire quali disastri abbia prodotto in Italia un atteggiamento del genere.
Lo Stato da mite è diventato imbelle e complice.

Domenico Cacopardo

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