15 ott 2014

La strada del Cambiamento: un percorso da affrontare con logica ed equilibrio


La terza repubblica: una strada aperta da Grillo... battuta da Renzi e seguita, con poco impegno, dai Partiti
di vincenzo cacopardo
Qualcuno sostiene che con la terza repubblica.. la politica sia tornata alla sua centralità e che il motore di questa sana innovazione si chiami "Renzi".
Ora..se in parte ciò può essere vero, non si può certamente omettere il fatto che senza Grillo ed il suo movimento, non sarebbe mai potuta venire fuori la figura assai determinata di un Renzi. In tutta obiettività....chi ha dato la svolta decisiva è stato Grillo e non Renzi! Chi ha rotto l'argine tra un vecchio modo di interpretare la politica ed il nuovo, non è stato Renzi ed il suo PD, ma il nuovo movimento del comico di Bogliasco che, con enfasi ed indiscussa teatralità, ha saputo interpretare la sofferenza dei tanti cittadini e la totale indifferenza delle istituzioni.

Con ciò... per il resto... non si possono dare a Grillo altri meriti, anche in considerazione che la sua marcia di costruzione..nella realizzazione nei fatti non è mai avvenuta come in tanti si aspettavano. Al contrario, il sindaco d'Italia ha saputo cavalcare il momento e salendo in cattedra, ha guidato con maggior praticità (più comunicativamente, che nella realtà dei fatti) il momento storico di cambiamento di cui si aveva bisogno... Ma l'inganno esiste?..ancora non è dato saperlo..stiamo lì col naso all'insù nell'attesa dei risultati... senza ricercare alternative...

Diciamo dunque che se una rottura è avvenuta... una figura determinata e decisa, con forte senso di opportunismo, si è subito impadronita del momento per dimostrare al paese che oltre alla chiusura col passato... la necessità un cambiamento era nei fatti. 
Nel frattempo il merito della rottura dovuto al movimento di Grillo si va perdendo e persino l'ultimo raduno ai Fori imperiali.. non pare aver portato il successo desiderato: E' mancato a 5Stelle il saper sfruttare il momento adatto ed in più è anche stato contenuto dall'incalzare violento ed inatteso di una figura come quella dell'ex sindaco di Firenze tanto loquace, quanto determinata ai limiti di ogni responsabilità....(quello che ai nostri cittadini purtroppo è sempre piaciuto).

Oggi Renzi sembra essere alla prova dei fatti e non solo per una riforma, ma per l'insieme delle tante messe da lui nel fuoco.. così diverse ed impegnative, oltre che poco definite e persino soggette a deleghe. Se la rottura operata dal movimento di Grillo ha aperto un percorso al sindaco d'Italia...non è detto che tale percorso impervio e difficile debba potersi affrontare nell'ambiziosa solitudine e con il conforto di figure governative di bella presenza. 
Il silenzio del suo Partito..il servilismo concesso al loro segretario tutto fare (padrone di partito e di governo), da parte di chi vi opera dentro, appare privo di critiche tali da decidere una definitiva rottura al suo interno. Tutti rimangono ( per interessi) accodati ad un Partito dove non è per niente il dialogo a farla da padrone, dove si dimentica quanto sia più importante un libero pensiero e dove un'eventuale frattura potrebbe regalare un miglioramento all'azione politica pur pregiudicando un'azione di governo che appare molto più assoluta e di parte... che ricercata attraverso una logica più congeniale.

Risultato odierno per il cambiamento: “Viva un governo qualunque esso sia!...abbasso il dialogo politico dannoso e perditempo dei partiti!”

Un nuovo appunto di Domenico Cacopardo



di domenico Cacopardo
La ricchezza non conosce patria né confini. Puoi tentare di imprigionarla con leggi severe e pene capitali, ma essa, essendo per natura libera e libertaria, riesce sempre a muoversi e ad andare nel luogo nel quale è meglio trattata, difesa e promossa.

Questo elementare canone della società moderna globalizzata (ma va ricordato che anche le ricchezze dei gerarchi comunisti russi erano libere di muoversi e di posarsi nella deprecata, capitalista Svizzera) non è conosciuto da gran parte della politica italiana, dai media e, soprattutto, dal mondo del lavoro, ancora imbevuto di idee altrove defunte. Per esempio, quella che circola con insistenza che lo Stato doveva intervenire per impedire alla Fiat di lasciare l’Italia, alla Thissen di chiudere Terni, all’Alcoa di continuare a perdere con le produzioni di alluminio in Sardegna. 

Anche la notizia dell’esodo di svariate decine di miliardi di euro dall’Italia nel 2014 viene raccontata come una specie di diserzione di fronte al nemico, quando è la prova che questo Stato, lo Stato di Napolitano, di Monti e di Letta e, in parte, di Renzi, ha sbagliato in modo clamoroso la propria politica economica e sociale non mettendo a frutto nessuna delle lezioni che sono sotto i nostri occhi dalla Cina alla Germania, dall’Irlanda agli Stati Uniti.

Siamo ancora dietro a cariatidi umane e culturali come la Camusso e la Landini. Permettiamo ai neooblomivisti (Oblomov era un esponente del movimento nihilista russo, sotto lo zar) di intossicare i nostri giovani: tornano demenziali manifestazioni di studenti contro la riforma della scuola che intende avvicinare la stessa all’impresa per chiudere quel cerchio che impedisce di studiare ciò che serve nella vita. Per esempio economia turistica in zone agricole e agraria in zone industriali. Qualcuno bravo, non l’incomunicante ministra della pubblica istruzione, più nota per il topless che per il suo contributo alla politica scolastica del governo, deve andare in televisione, sui giornali o, addirittura –come ha fatto il primo ministro- nelle scuole, per spiegare che il tentativo in corso è l’unico che può migliorare le attese di lavoro. E che è concreto, immediato interessi degli studenti sostenerlo, cacciando via cattivi maestri in cattedra e fuori.

E gli editori dei –finalmente declinanti- talk show, tossici per il demone dell’audience, potrebbero tentare formula nuove, cambiando i ripetitivi conduttori per giovani –sì giovani e giovanissimi- capaci di discutere dell’Italia di oggi e del «sentiment» che anima i ventenni e della ragione che alimenta coloro che hanno avuto successo lavorando in Italia e nel mondo.

Giacché, ormai è chiaro, siamo nel pieno della terza Repubblica e abbiamo cominciato a entrarci con l’approvazione della legge elettorale Berlusconi-Calderoli che consegna nelle mani di pochi leader i nomi dei parlamentari. E la prossima legge Renzi-Berlusconi, a quanto pare, confermerà la tendenza, affidando non ai partiti ma ai loro capi la scelta dei deputati. 

Anche se diventerà un luogo di attuazione di decisioni prese altrove, il Parlamento, però, sarà sempre le sede, ormai unica, della democrazia. Una istanza residuale che nel mondo contemporaneo dovrà essere difesa sino in fondo.

E, con la terza Repubblica, è tornata la politica e la sua centralità. Il motore di questa sana innovazione si chiama Matteo Renzi: c’è una lunga strada da fare davanti a lui. E starà proprio a lui percorrerla o meno. La struttura caratteriale c’è. C’è l’inesorabile cinismo che l’ha spinto a giubilare Letta e gran parte del giro della Leopolda. Il caso Reggi, per esempio, è esemplare: indispensabile braccio destro prima, poi scomparso nelle sabbia mobili, ora tornato alla ribalta come direttore generale del demanio (luogo cruciale per le future politiche di stabilizzazione) a dispetto del divieto (per un anno) di passare dal governo all’Amministrazione. Ma nello staff di Renzi non si conoscono le leggi o, come si dice a Roma, «se ne sbattono».

C’è una self-confidence smisurata, pari a un ego ipertrofico e onnivoro. Ma c’è anche un senso politico che lo pone al centro degli schieramenti, dei dibattiti, delle idee. Se guardiamo alla storia d’Italia solo un uomo ha avuto questo complesso di doti, insieme a tragici difetti: Benito Mussolini. I difetti di Renzi li scopriremo nel tempo e, speriamo, non nel modo drammatico che abbiamo conosciuto con l’uomo di Predappio. 

Un’ultima annotazione. Il crepuscolare convegno dei grillini, un monumento all’onanismo, si caratterizza per due affermazioni del ricco comico genovese: «chiuderemo il Parlamento» e, «la sinistra è la peste rossa» (quest’ultima ripresa da Mein Kampf e dai discorsi di Geobbels e di Himmler). E per uno sciacallaggio: quello su Genova (clamorosa la mancata presenza di Grillo) e sulle sue disgrazie.




14 ott 2014

Tre punti fondamentali per le riforme istituzionali... e tre essenziali per la crescita


di vincenzo cacopardo
Da una attenta analisi si può evincere che le prime riforme per poter dar vita ad un utile percorso dell'azione politica restano tre... sicuramente difficili, ma determinanti per dare una opportuna praticità al suo funzionamento ed in linea con un sano concetto di democrazia. La ricerca individua anche tre i punti essenziali riguardanti la crescita economica del Paese.

Riguado alle riforme istituzionali:

Una prima.... riforma sulla disciplina dei partiti e di un loro rinnovamento in favore con un'attività di dialogo con i cittadini: ogni partito dovrebbe proporsi come attività di ricerca- una vera officina di idee dove si si scambia con le esigenze dei cittadini. Ciò porterebbe alla scoperta degli essenziali bisogni e le conseguenti esigenze della popolazione che, attraverso un attivo dialogo, troverà all'interno dei Partiti anche il favore di coloro che potrebbero essere scelti per portare avanti il programma attraverso una nomina parlamentare.

Una seconda.... che lavori al fine di tagliare definitivamente il cordone ombelicale che lega ogni potere legislativo con quello esecutivo di governo e sottogoverno. Per intenderci... l'idea costruttiva per porre fine all'insieme dei conflitti continui. Questo appare essere uno dei più grandi problemi..quasi come una costante anomalia.. la divisione dei ruoli (figure governative- figure parlamentari) non potrebbe che essere studiata con maggiore attenzione ed in profondità..lasciando ampia libertà al dialogo politico, senza ostacolare la natura esecutiva di chi governa...Costruendo un nuovo percorso dove si possa decidere attraverso un programma (definito insieme con i cittadini) portato dalle forze parlamentari più votate ed... aliunde..una amministrazione governativa più sicura sulle questioni ordinarie che deve seguire lo svolgimento organizzativo dello stesso programma...non trascurando mai l'importanza di una continua dinamica di cambiamento..


Una terza..... che possa individuare in una legge elettorale ad hoc per la salvaguardia di ambedue i poteri. Sappiamo bene che in una democrazia come la nostra il voto spettante ai cittadini dovrebbe risultare il primo atto per il raggiungimento della formazione di un'attività parlamentare ed in seguito governativa. Ma quando si guarda al nostro sistema di democrazia, sarebbe opportuno fissare l’attenzione sul momento di passaggio che questo muove in direzione di una governabilità indiretta che, per ovvie ragioni, non potrebbe essere diretta dal popolo. Un passaggio che, in teoria, dovrebbe vedere nelle elezioni, il vero funzionamento di costruzione di un impianto in favore dei cittadini e che, al contrario, finisce col non tener conto del loro pensiero. Non v'è dubbio che i sistemi elettorali che oggi si prospettano non guardano altro che ad un fine governativo, trascurando l'esigenza di un ruolo parlamentare che dovrebbe essere visto come la radice senza la quale ogni albero governativo non potrà mai crescere.Una legge elettorale dovrebbe quindi definirsi mirando alla possibile divisione dei ruoli

Sintetizzando quindi:
1)disciplina e rinnovamento dei Partiti a favore delle esigenze dei programmi dei cittadini...2)divisione dei ruoli per evitare conflitti tra normative, adempimenti e realizzazione dei programmi....3)legge elettorale che possa definirsi nei ruoli... assicurando sia una governabilità...che una più ampia democratizia di base.


Per quanto riguarda la linea programmatica economica.. i tre punti potrebbero essere sintetizzati così:

Innanzitutto l’intervento spedito del nostro governo per riuscire, in breve tempo, a portare nelle casse delle aziende italiane i crediti restanti(quelle decine di miliardi) per i quali si è tanto parlato ed per cui il premier ha esordito promettendo e scommettendo.Decine di miliardi oggi utili per il sostegno di tante aziende e per possibili presiosi investimenti.

 il passo successivo potrebbe essere quello di studiare un piano di sviluppo che possa renderci diversi dagli altri paesi. Più concorrenziali in termini di prodotto.  Per rompere il pericoloso percorso di un mercato dell’economia senza freni,  bisogna che il nostro Paese combatta con forza e sacrificio: se non possiamo abbassare i costi della produzione..dobbiamo di conseguenza alzare il livello della nostra qualità, per i quali siamo di sicuro potenzialmente capaci. Non ci rimane, dunque, che quest’unico espediente  ..ossia la nostra “qualità”! Un dono che ci è stato tramandato da secoli di cultura e di profonda storia, un dono che non tutti i Paesi, hanno! Lo sforzo che tante nostre aziende stanno oggi vivendo.. altro non è …un processo che io definirei, legato alla smisurata deregolamentazione di un sistema mondiale ormai globalizzato che ha generato una trasformazione inverosimile. Si deve, quindi, poter vedere in prospettiva un profondo cambiamento attraverso una spinta qualitativa del prodotto e di conseguenza.. le aziende devono proporsi in una trasformazione.. apportando le giuste modifiche verso prodotti di qualità. Un cambiamento che non le ponga più in concorrenza , ma le qualifichi come uniche. Bisogna in proposito far crescere in qualità particolati aziende dell’agro alimentare, del vino, del mobile e dell’arredamento, di tutti quei prodotti legati al design ed alla nostra natura, nonché quelli dei servizi legati al turismo, allo spettacolo..etc.
Questa trasformazione necessita sicuramente dell’aiuto di proposte serie da parte della politica. Un aiuto dovuto che può più aspettare e che deve rappresentare l'impulso iniziale essenziale.

Il terzo punto è di sicuro il problema del nostro mezzogiorno “Nessuna crescita potrà mai esservi nel Paese se non si provvede ad un percorso utile per il futuro economico imprenditoriale del sud.”
Dopo l’ingresso del nostro Paese in Europa, il problema del Mezzogiorno non può che essere affrontato nel contesto più ampio di un Parlamento ed di un Governo Internazionale. 
Alcune Regioni del sud del Paese si trovano oggi in netto svantaggio rispetto ad altre e questo divario si sarebbe dovuto ridurre, sicuramente prima dell’ingresso del nostro Paese in Europa, con un’azione politica nazionale logicamente coordinata con le amministrazioni locali. La fase di costruzione per l’unificazione non sta certo dando i risultati sperati. E’ venuta a mancare  quella azione preventiva e di studio che doveva mirare a salvaguardare le culture e le ricchezze naturali delle comunità meno progredite che vedono oggi aumentare il divario con i Paesi più ricchi. In verità, il nostro Mezzogiorno rimane ancora privo di interventi studiati con metodo, utili e tecnicamente elaborati in base alle esigenze primarie delle risorse del territorio e delle poche infrastrutture operanti. Se non cresce il Mezzogiorno l’intero Paese non potrà mai avere sviluppo!



Sintetizzando: 1) le risorse che le aziende ancora avanzano da anni dallo Stato. 2) un piano di sviluppo costruito sulla qualità, che possa renderci più concorrenziali in termini di prodotto. 3) Lo sviluppo del mezzogiorno attraverso adeguati impegni infrastrutturali e fiscalità adeguate.

due parole su conflitto, ruoli e poteri..

ANALISI DEL FUNZIONAMENTO DELL'AZIONE POLITICA
di vincenzo cacopardo

La sensazione che si continua ad avere è quella di pretendere un buon funzionamento della politica senza prestare attenzione all'uso dei metodi con i quali si continua a procedere: Pensare di poter far camminare la politica, attraverso nuove riforme, in modo costruttivo...con il sistema attuale e con l'evidente compromesso tra il potere parlamentare e quello governativo, rimane solo un miraggio...

Avremo sempre di che lamentarci!
L' indiscutibile andamento positivo attraverso una mirata separazione dei ruoli al fine di rendere maggiore qualità..sembra ormai essere l'unica strada sulla quale immedesimarsi per il futuro... Quello che oggi manca è una reale qualità della politica...qualità che può portare di conseguenza una maggiore efficienza dei percorsi oggi ostacolati dai continui compromessi. 

La separazione dei ruoli... potrebbe far funzionare meglio l'andamento politico istituzionale proprio perchè verrebbero a limitarsi i conseguenti compromessi tra le forze politiche che vedono...da un lato.. continue deleterie correità per la costruzione delle normative e...dall'altro.. relativi insistenti ricatti verso l'attività governativa.
D'altronde è anche chiaro che...chi deve amministrare una città metropolitana ha un ruolo preciso che si esplica prevalentemente sulla capacità di far funzionare i servizi per il cittadino e di salvaguardare i confini della propria città. Differentemente da chi si deve proporre per ricercare soluzioni prettamente politiche per difendere valori e funzionamento in ordine istituzionale dell'intero Paese. 

La ristretta visione dettata da un Premier proveniente da un ruolo di sindaco e che ha preteso di riformare la politica di una intera Nazione attraverso una riforma costituzionale come fosse quella di una città, mette in evidenza tutti i limiti ed è la prova provata di questa importante differenza che può attribuirsi ai ruoli! 

-Se, dunque, si desidera più qualità...e meno becero determinismo fomentato da un sistema che oggi vede i due ruoli uniti in un'unico obiettivo diretto esclusivamente dai Partiti e se si vuole rendere più sicuro e costruttivo un principio democratico, sarebbe il caso di valutare attentamente la possibilità di dividere i ruoli attraverso due compiti..e con due conseguenti tipologie di elezioni: l'una diretta solo per la ricerca dei programmi suggeriti dai Partiti (opportunamente ridisciplinati)..e l'altra, separatamente, verso figure atte ad amministrare e valutate per capacità, moralità, esperienza e proprio curriculum. Due tipi di valutazioni per due compiti diversi.. che potrebbero consentire da un lato ciò che per logica dovrebbe costruirsi attraverso l"'induzione" di un programma votato dai cittadini con l'aiuto dei Partiti e...dall'altro il riconoscimento di personalità capaci di saperlo mettere in atto in modo "deduttivo":- l'uno separato nettamente dall'altro, ma in evidente e costante sintonia.

Queste, forse, potrebbero essere le vere positive e moderne antitetiche funzioni per una politica più attiva: Chi amministra non dovrebbe intervenire nella funzione ed il lavoro dei Partiti e nella esecuzione dei programmi...così come chi studia e ricerca il programma con l'aiuto ed i suggerimenti dei cittadini..non dovrebbe inserirsi in alcun modo in un ruolo amministrativo. I risultati delle votazioni offriranno maggioranza ad un consenso su un programma da dover seguire.... mentre i risultati della elezione delle personalità proposte per amministrare.. daranno un esito sulle figure migliori che elette..avranno il compito di metterlo in atto, ma non potranno avere alcun peso sul merito programmatico (onde evitarne i conflitti)..tranne che per motivi esclusivi inerenti il metodo.

La rozza demolizione del bicameralismo paritario che si è pretesa di portare avanti... a prescindere da una analisi più appropriata ed una ricerca più efficace, ha teso ad eliminare tale possibilità di veduta, poiché ha posto un indirizzo diverso (molto discutibile) per le Camere... soprattutto nel metodo oltre che nel merito.:La differenza dei ruoli andava ancor prima valutata con maggiore attenzione, in considerazione che la politica oggi necessita maggiormente di un reale funzionamento, ancor più che di un ridimensionamento delle sue spese. 

La soluzione dettata dal Governo Renzi, attraverso un referendum, sembrava aver preso la più facile direzione di un'unica strada: quella semplificativa di un alquanto limitato risparmio, ma non certamente quella di un funzionamento oggi più che necessario e sicuramente primario rispetto ad ogni possibile economia: Un risparmio, tra l'altro, che si sarebbe potuto ottenere prevedendo di dimezzare indennità e numero dei deputati e senatori, senza dare un generico taglio che esclude definitivamente il ruolo più utile al Senato della Repubblica...Un solco seguito dal M5s con la proposta sul taglio dei parlamentari che non può aiutare il percorso di una politica utile e fattiva.
Si è agito in modo grossolano(oltre che di evidente interesse), quando vi era l'occasione di muoversi in questo delicato terreno con maggiore sensibilità politica al fine di rendere utilità, prestigio e qualità all'azione istituzionale.

Il fatto in sè, per altro grave, avrebbe poi portato conseguenze... ma denota sicuramente quanto un certo determinismo, figlio della storia del nostro Paese, può solo arrecare risultati effimeri e naturali pesanti reazioni... Fors'anche alcuni risultati si sarebbero manifestati nell'immediato, successivamente avrebbero dimostrato poca utilità nel futuro... arrecando conseguenze negative che non avrebbero portato mai la politica in direzione di una vera qualità..massacrando un primario principio di democrazia

In realtà questa unione intrinseca dei due poteri non può che continuare a favorire una certa mentalità... tendendo a sostenere la formazione di un controproducente interesse che tanto comodo sembra fare ai tanti che occupano le poltrone: Chi studia e vota le leggi( schierato in un Partito) esercitando un potere esecutivo, rimane in evidente conflitto..il suo lavoro politico rappresenta una delle più sostanziali e controproducenti anomalie della politica odierna.

Quando si affronta un tema in proposito a possibili ed innovative RIFORME, intendendo rivoluzionare in termini più funzionali l'iter di un sistema ormai vecchio ed obsoleto della politica dei poteri, cercando di suddividerli in modo costruttivo e meno compromettente, ci si batte contro il muro di gomma dei tanti soloni saccenti, furbi legislatori... ben forniti di paraocchi: Per loro non può esistere alcuna alternativa!...dappertutto è così!..impensabile dividere questi due poteri! Nessuno di costoro è in grado di vedere in LUNGIMIRANZA, nessuno riesce a leggere in prospettiva, nessuno guarda al futuro...nessuno si approccia ad una seria RICERCA... in molti guardano solo ad un preciso interesse o seguono pedissequamente come pecore l'unica strada. 

Eppure il futuro della politica deve poter ricercare in questa nuova direzione!


Non suddividendo in modo più corretto il potere legislativo da quello esecutivo e continuando a sostenerli insieme in un'opera di edificazione comune della politica, non si fa altro che continuare a costruire CONFLITTI e COMPROMESSI che non potranno mai favorire ogni altro lavoro positivo di riforme. Ogni nuova riforma rimane legata da questo principio che ne smorza in buona parte l'efficienza..crea continue e ripetute ANOMALIE.. non lasciando mai spazi a visioni più logiche che potrebbero porre fine ad un certo malcostume. Un sistema nuovo di separazione dei ruoli non riuscirebbe forse a frenare, ma sicuramente a limitare, le contestate procedure che legano ogni parlamentare alla costruzione di scambi e favoritismi da restituire a coloro che potrebbero averne agevolato la candidatura.

Con una riforma il tal senso sarebbe impensabile relegare la Camera legislativa ad un ruolo di pura ratificazione ( come è oggi) subordinata al potere dell’esecutivo, ma si potrà  renderla più attiva dinamica e libera in termini di bisogni, idee e indirizzi. Si potrà auspicare una politica di base in Parlamento con un potere più diffuso e meno condizionato ma, sicuramente più sinergico.
Inoltre la possibilità di riuscire ad individuare un nuovo sistema funzionale che possa dividere l’esercizio dei due poteri in modo più equilibrato potrebbe assecondarne il riconoscimento anche da parte dell’ordine giudiziario:- Infatti.. se coloro che  legifereranno  saranno identificati in un ruolo ed una carriera non legata a doppio filo con chi opererà in ruolo esecutivo, sarà molto più difficile determinare compromessi e malcostume e la politica potrà, forse, rendere alla stessa “magistratura” la rinnovata immagine di una classe attenta a lavorare il modo meno pregiudicato.

Chiudere una strada amministrativa al politico parlamentare potrebbe allargare notevolmente le sue qualità rendendo le stesse funzioni legislative più utili.


13 ott 2014

Rischi... prevenzione... disagi.. e morte.

di vincenzo cacopardo
Quello che è accaduto a Genova suona come l'ennesima consueta indolenza di uno Stato e delle sue Istituzioni, da tempo mai preparate ad una logica prevenzione sul rischio idrogeologico...un rischio ormai impellente in tutto il nostro delicato territorio. Le istituzioni non sono in grado di tutelare i cittadini...lo ha persino ammesso lo stesso capo della Protezione civile Franco Gabrielli, prendendosela con il Governo e spiegando il mancato finanziamento del Fondo per l'emergenza nazionale, successivamente finanziato solo nel 2014 con appena 70 milioni di euro. Troppo tardi e troppo poco... per chi sa che per le emergenze nazionali si parla di danni superiori ai due miliardi negli ultimi tre anni. Corrado Passera.. gli risponde senza peli nella lingua che “se lo Stato è impotente e non sa difenderci, non potrà mai fornire alcun insegnamento al Paese”
Al di là di queste diatribe di stampo politico..un dato di fatto resta certo: Chiunque si è insediato al Governo ha sempre sottovalutato questo rischio legato al territorio non fornendo una adeguata protezione attraverso uno studio preventivo e le rispettive risorse adeguate. I danni provocati dall'acqua dello scorrere dei fiumi in piena.. provocano danni immensi ben superiori alle spese occorrenti per prevenirli...E allora?...persino una figura poco esperta farebbe i suoi conti prevedendo interventi appropriati, limitando la cementificazione, ed adoprandosi per far defluire i fiumi nel modo più intelligente e sicuro...Non sembra mai esservi nemmeno una costruttiva intesa tra le amministrazioni e l'attività governativa.
Adesso nel governo si alzano e dicono la loro dimenticando di essere insediati già da oltre sei mesi (tutto il tempo per accorgersi dell'immenso problema idrogeologico). Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ci parla ora di situazione drammatica, promettendo un provvedimento...mentre il solerte premier, dalla parlantina facile, ci ricorda che non mancherà il sostegno del Governo, non dimenticando di sottolineare, da astuto comunicatore, il bisogno per tutti di evitare passerelle da campagna elettorale. Renzi ricorda che del dissesto bisogna occuparsi quando non ne parla nessuno. Viene quindi spontaneo domandarsi... se gli oltre sei mesi di permanenza governativa possano o no essere stati un termine in cui se ne sarebbe potuto parlare intervenendo con più sollecitudine anziché dedicarsi strenuamente dei famigerati 80 euro...del TFR.... o anche di leccare ironicamente un gelato dentro il cortile di palazzo Chigi.
Oggi il sindaco d'Italia si preoccupa asserendo che «C'è bisogno di sbloccare i cantieri - e superare la logica dei ricorsi e controricorsi che rendono gli appalti più utili agli avvocati che non ai cittadini, come abbiamo previsto con il disegno di legge delega sulla Pubblica amministrazione». Un 'altra delle sue frasi opportuniste ad hoc ...persino controproducente... perché suggerita in forte ritardo.. Quello che fa rabbia e rende i cittadini sempre più inviperiti...(soprattutto coloro che toccano con mano la tragedia), è il fatto di non trovare mai responsabili. Ancora più forte la rabbia di costoro che dovrebbero, ormai senza alcuna esitazione, sentirsi offrire un supporto economico immediato e sicuro.
Tutto ciò rende ancora più forte e netta l'insensibilità di uno Stato che dovrebbe, al contrario, rassicurare tempestivamente e con i fatti la popolazione sofferente colpita. Genova è un forte esempio, ma non è l'unico... la questione è.. e rimane di livello nazionale..essendo gran parte del territorio a rischio. Occorre soprattutto un piano circostanziato dei luoghi più a rischio...ma soprattutto fronteggiare con giusta prevenzione i pericolosi imprevisti.Cosa si fa in proposito?...Si aspetta forse un ulteriore catastrofe?



12 ott 2014

Una chiosa... alla nuova posta di Paolo Speciale

Genova, tra politica e burocrazia


di Paolo Speciale
Quando si afferma che il capoluogo ligure ed i territori limitrofi sono a rischio idrogeologico, per la peculiarità della scienza pertinente, si da per scontata la secolarità di tale status, certificata da periodiche precedenti inondazioni analoghe a quella di questi giorni.
Ma la vera peculiarità che oggi si rileva è quella semplicemente e tristemente italiana: in quale altro paese del mondo infatti si attende con la stessa disarmante consapevolezza, colpevolmente omissiva, una apocalisse tutta terrena ed umana come quella che è sotto i nostri occhi?
Abbiamo detto terrena ed umana, quindi riferita inevitabilmente alla socialità dell'uomo, da cui è nato il sistema di rappresentanza politica e le responsabilità connesse.
Già, le responsabilità: l'organo pubblico-tecnico preposto alla sorveglianza è il Centro Funzionale Centrale per il rischio meteo-idrogeologico, previsto dalla Direttiva del 27 febbraio 2004, posto nell'ambito strutturale della Protezione Civile, sotto il controllo diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Da più parti si è parlato nelle ultime ore della ennesima doverosa individuazione dei soggetti istituzionali coinvolti, accertando innanzitutto l'esistenza, e poi la natura e l'efficacia del loro operato in una emergenza ancora in corso.
Saranno avviate le debite inchieste in ambito giudiziario ed in ambito politico-amministrativo ed il capo della protezione civile si è affrettato a dichiarare che fino a quando si cercheranno vittime sacrificali in ambito di pubblica responsabilità non si andrà lontano. Meglio pensare intanto a come affrontare questa “calamità” e poi a prevenirla. La solita indisponente “acqua calda”.
Ma le vittime ci sono già: sono i“comuni” cittadini di Genova e dintorni che ormai da generazioni si sentono avvinghiati in un abbraccio mortale con un incubo soltanto“territoriale”, la cui possibile soluzione è stata addirittura resa oggetto di competizione politica, sin dal 2011.
Ma c'è di più: i fondi per la esecuzione dei lavori sono stati stanziati ma non sono stati spesi.
Ed è qui che dannosamente si intrecciano le attività ed i ruoli di più soggetti istituzionali presenti nel nostro ordinamento paralleli ed equivalenti, tutt'altro che razionalmente normati in relazione alle singole pertinenti competenze i quali, con veti incrociati e con un cattivo uso della discrezionalità loro conferita non sempre finalizzata al pubblico interesse, finiscono con il tradire il mandato che è loro proprio. Vediamo perché.
La bontà intenzionale solo di alcune (non di tutte, purtroppo, come sappiamo) inchieste giudiziarie sulla presunta distrazione di fondi pubblici ha sì assicurato un sensibile calo del fenomeno della appropriazione indebita del denaro pubblico da parte di amministratori non degni di questo nome, ma ha indotto molti di essi, animati da puro spirito di servizio e spesso costretti a dover fare i conti con discutibili interessi locali imprescindibili, a determinare di fatto una paralisi economico/amministrativa che ha lasciato nei bilanci voci in attivo intatte e che ha sancito la fine di imprese con la conseguente disoccupazione delle maestranze, e ciò sia per chi i lavori li ha fatti e non è mai stato pagato, sia per chi non li ha fatti proprio per la mancata indizione di gare d'appalto.
Ma qui non si vuole attaccare la magistratura, tutt'altro. Prevenendo facili e controindicate strumentalizzazioni figlie della filosofia che fa di tutte le erbe un fascio, si vuole piuttosto ribadire la necessità,in uno con le riforme in cantiere, di assicurare e garantire il puntuale svolgimento delle attività assegnate a ciascun soggetto-ramo che promana dall'attività di governo o esecutiva che dir si voglia, purché tale funzione sia svolta in assoluta e costruttiva sinergia sia dall'organo politico-eletto sia dall'organo burocratico che, in quanto nominato dalla politica, ad essa deve rispondere del proprio operato, in un rapporto dinamico che metta al bando ogni individualismo e soprattutto che faccia riferimento ad un sistema normativo che coniughi al meglio chiarezza, semplicità, e trasparenza. In una parola, ri-attribuendo alla “burocrazia” il ruolo che è ben espresso dal termine greco “leitourghia”, servizio pubblico allo stato puro, non contaminato dall'esercizio di un potere correlato, che a sua volta deve essere congenito non già alla politica di oggi, quanto alla più nobile dimensione “tomistica” di essa.
Sogni? Può darsi, mal'importante oggi è far sparire per sempre quelli – cattivi - che i genovesi faranno ancora certamente in parecchie future notti.


Leitourghia” come azione del popolo e per il popolo... che ha acquisito il significato di “azione sacra” e..come giustamente vuol fare intendere Paolo, dovrebbe riappropriarsi del ruolo che gli spetta. ..E il ruolo che spetta..in questi casi.. non può che passare da una intelligente organizzazione preventiva.


E' tutto vero! ...La distrazione di fondi pubblici ha assicurato un sensibile calo del fenomeno della appropriazione indebita del denaro pubblico da parte di amministratori e ha indotto molti di essi, animati da puro spirito di servizio..a dover fare i conti con discutibili interessi locali, determinando di fatto quella paralisi economico/amministrativa.

Con questa analisi critica, Paolo Speciale, intende sottolineare l'esigenza di quel rapporto dinamico essenziale che parta da una indispensabile azione del Governo..attraverso l'organo pubblico-tecnico preposto alla sorveglianza per il rischio meteo-idrogeologico posto nell'ambito strutturale della Protezione Civile e sotto il controllo diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Non bisogna essere dei grandi geni per intuire che il caso accaduto già due anni orsono.. si sarebbe verificato se non si fosse intervenuto con immediatezza!...

Siamo al solito! In questo Paese...se le cose non accadono ripetutamente..portando disagi e morte continua,non si interviene adeguatamente..nè si attua uno studio preventivo capace di contenere alla base il problema...Ed il problema, a prescindere dalla esigenza di un rapporto o della più o meno integrità morale di alcuni personaggi oggi responsabili di un certo disordine e malcostume, rimane di carattere metodologico e cioè di quella mancanza totale del principio di prevenzione di cui tanti.. poco si occupano o si sono mai preoccupati.

Ho toccato diverse volte nei miei post l'argomento sulla prevenzione ponendolo come un principio importante per ogni attività a cui lo Stato ha il dovere di dedicarsi. Il tema della sicurezza del territorio è un tema difficile che riguarda il sistema politico per l’aspetto difficile su deleghe, decisioni ed interventi...ma si basa sicuramente su un aspetto preventivo . Mai come oggi.. occorrerebbe un grande impegno e posizioni politiche strategiche organizzative più efficienti! Sembra, invece, che in questo Paese le cose debbano per forza accadere.. per poi suscitare una strana meraviglia...Si potrebbero elencare diversi casi (terremoti-instabilità degli edifici-speculazioni selvagge-atti di criminalità..etc) dove..pur a conoscenza del pericolo che incombe..tutto prosegue nell’indifferenza di chi dovrebbe adoprarsi per operare preventivamente.

Non v’è dubbio che la regola primaria del nostro Stato sembra essere quella obbligata di un impegno costantemente in ritardo su disastri già avvenuti...Sarebbe indispensabile lavorare affinché, nel nostro sistema si possa agire con migliore efficienza e tempestività: Se la rassegnazione continua a prendere il posto della prevenzione...ponendosi come la sola alternativa risolutiva per simili avvenimenti, non potrà che dimostrarsi di continuo la perenne debolezza di uno Stato e la correità di una politica incapace.

vincenzo cacopardo

11 ott 2014

L'importanza del dialogo

UN FORUM PER TUTTI

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10 ott 2014

Piccola nota critica all'articolo di Domenico Cacopardo


domenico Cacopardo scrive:
L’8 ottobre è stata una giornata di successi per Matteo Renzi. Impegnato su due fronti, quello europeo e quello domestico (il Senato), ha riportato un ampio riconoscimento e la conferma della fiducia al suo governo sul provvedimento più contestato, il «jobs act».

Ci sarà tempo per fare le pulci agli orientamenti espressi a Milano, soprattutto da «frau» Merkel e sul testo della legge che delega al governo il compito di adottare i decreti di riforma. Fra l’altro, c’è da attendere il passaggio dalla Camera dei deputati, dove la maggioranza Pd è ampia, ma è più ampio il numero del malpancisti.

In politica, attività nella quale eccelle il nostro «premier», la vittoria è stata completa.

Convocati all’ultimo momento (per difetti organizzativi e decisionali), i capi di governo dell’Unione con Barroso e Van Rompuy si sono presentati in massa e hanno discusso a porte chiuse sul tema della disoccupazione. Cosa si siano detti non è dato puntualmente sapere, ma si sarà trattato dei soliti generici discorsi, sulla base dei «papers» presentati dagli «sherpa» e delle note italiane. È risultata più importante la successiva conferenza stampa, alla quale la cancelliera tedesca non aveva promesso di partecipare. Invece, c’era. Tutti attendevano le sue parole: ha elogiato Renzi e il «jobs act», ma stuzzicata sulla decisione della Francia di non rispettare il limite di deficit del 3% sino a tutto il 2017, e sulle esigenze di flessibilità per consentire investimenti per la ripresa dell’occupazione, ha detto solo ciò ch’era lecito aspettarsi. Il «Fiscal compact» non si tocca e la flessibilità possibile è quella prevista all’interno dello stesso trattato. In soldoni poco o niente.

Rimane quindi da compiere un difficile pezzo di strada: la legge italiana di stabilità e il suo complicato esame da parte dell’Unione che si concluderà a fine mese con le decisioni della Commissione uscente. Nulla è scontato … tuttavia, ora l’Italia ha maggiori carte da giocare visto che si pone in condizione mediana rispetto all’estremismo di Hollande e la rigidità Nord-europea. 

La forbice dell’Unione si muoverà all’interno di due possibilità: l’approvazione di questa legge, ipotesi remotissima, e la decisione di regalarci tre commissari. Quest’ultima idea è stata contestata, ma, in realtà, quello che con più probabilità si annuncia è una «non» approvazione parziale accompagnata da un’agenda di riforme con relativo cronogramma e da una squadra di «vigilantes» sull’azione del Paese. Non c’è da essere pessimisti: se l’Unione ci aiuterà ad approvare le leggi di cui abbiamo bisogno, ben venga.

In queste ore si mena scandalo per i 93.000 giovani emigrati, soprattutto nel Regno Unito: ma questo è il segno che il risanamento compiuto dalla Thatcher e proseguito da Blair, ha avuto successo, dando una memorabile spinta all’economia britannica. Quindi è lecito un po’ di ottimismo. Dopo sangue e lacrime arriverà il sereno.

Lo spettacolo offerto dal Senato è stato penoso: l’autolesionismo dei 5 Stelle virulento. Politicamente un appoggio a Renzi. Anche Berlusconi, votando no, gli ha dato una mano.

La partita non è finita: ma la «leadership» di Renzi, riaffermata, gli consente di procedere nel tentativo di riformare l’Italia.



In questo scritto, il cugino Domenico Cacopardo, non pone alcuna critica al metodo con il quale si è proceduto al Senato e cioè... alla delega in bianco del Parlamento nei confronti di chi non potrebbe occuparsi di legiferare per suo conto, attraverso un voto di fiducia alquanto discutibile. 

Nessun riferimento... tranne che alla motivata manifestazione dei 5S e Lega nord (seppur discutibile in termini di modi e rispetto)...ma sicuramente reattiva ad uno strano modo di procedere. Mi domando se sia lecito, in un sistema democratico parlamentare come il nostro, imporre simili deleghe in bianco, e non permettere alcuna reazione in proposito. 

Appare davvero strano sottolineare vittorie simili da parte di chi continua ad imporre di continuo e con estrema sicumera fiducie a pie' sospinto...troppo facile e molto dispotico (soprattutto se le deleghe sono in bianco)... il metodo al quale nessun presidente di Aula si oppone in modo critico...Per il cugino, che pare volutamente omettere dal dialogo alcuni articoli della Costituzione, sembra molto più importante il pragmatico risultato del merito...dimenticando qualsiasi accenno sulla prassi che al Senato si è portata avanti. 

Se l'ottimismo deve costruirsi mettendo sotto le scarpe la Costituzione..sarebbe più opportuno dirlo ad alta voce o specificare meglio se esistono i presupposti di metodo per i quali il governo abbia potuto agire secondo questa strada che invero...appare calpestare ogni compito legislativo che, di norma, compete alla Camera parlamentare. 
vincenzo cacopardo

Un commento alla concisa analisi di Marcello Veneziani

La resa dell'intelligenza

di marcello Veneziani

"Se Alfano dice no alle coppie gay non lo fa per opporsi a Renzi ma perché vuole politicamente sfruttare a suo vantaggio le aperture omofile nel centrodestra"

Non c'è più dialettica, denuncia giustamente Giuseppe De Rita. La politica, aggiungiamo noi, oscilla tra allineamento e insubordinazione: non c'è conflitto sui temi politici tra forze avversarie, ma c'è ammutinamento all'interno degli stessi partiti oppure subordinazione al leader. A sinistra non si fronteggiano due visioni politiche ma due fedeltà a priori: alla vecchia sinistra o al nuovo capo vincente. Se Alfano dice no alle coppie gay non lo fa per opporsi a Renzi ma perché vuole politicamente sfruttare a suo vantaggio le aperture omofile nel centrodestra. Ma l'assenza più deprimente di dialettica riguarda il dibattito civile e la cultura. Non trovate più una discussione su temi di fondo o letture critiche del presente, non affiora una divergenza sul piano delle idee tra chi difende quest'Europa e chi propone di ripartire dalle identità nazionali o anche locali, tra chi difende il nuovo capitalismo finanziario e chi lo subordina agli interessi comunitari, tra chi difende la priorità delle famiglie e chi s'inchina alle coppie gay e ai trans; non c'è più una polemica culturale tra scrittori e intellettuali, nessun dialogo sui valori. I libri o si osannano o si ignorano, chi prova a discuterli grida nel deserto. Come chiamare tutto questo? Disfatta dell'intelligenza. Non si discute, non si critica, non si tenta di capire. L'intelligenza si atrofizza o finisce ai margini, nel pensiero laterale, confinata agli estremi della semi-clandestinità. Si vive tra Capo e coda, senza capire quel che sta nel mezzo.


L'analisi di Veneziani è giusta e più opportuna che mai ...Credo che tutto ciò sia stato determinato negli ultimi anni dalla forte spinta delle contrapposizioni ideologiche che, esasperate fino all'eccesso hanno generato solo reazioni, determinando la costruzione di un pensiero troppo rigido. Un pensiero condizionato dal sistema bipolare che non può lasciare spazi ad alcuna mediazione. 
Se si ha la capacità di percepire ciò...la politica potrà fare passi in avanti, altrimenti resterà sempre più condizionata dai parametri monolitici di un assurdo paradigma che genera solo effetti opposti e relativi ulteriori conflitti.
La politica odierna sembra ancora vittima di questo pensiero e dopo la lunga fase del Berlusconismo.. ci accingiamo.. oggi.. in direzione di una fase del Renzismo simile nel suo assolutismo. Il determinismo leaderista del sindaco d'Italia spinge senza indugio verso un bipartitismo ancora più estremo che condiziona il pensiero e non lascia affiorare, come sottolinea Veneziani, alcuna divergenza sul piano delle idee”, lasciando solo spazi alle figure (...o con Renzi... o contro Renzi). Il dialogo tende a spegnersi e si generano le solite contrapposizioni... più figurative ed iconiche.. che relative alle idee.
vincenzo cacopardo


9 ott 2014

Nuove regole... nella mancanza di iniziative



Cosa dice in breve nel merito il jobs act del governo?
di vincenzo cacopardo

Si prevedono modifiche sull'articolo 18 per i neo assunti e sgravi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato. Saranno infatti previsti contratti a tutele crescenti, fino ad abbattere in modo definitivo ogni forma di precariato. Il Jobs Act prevederà per i nuovi assunti a tempo indeterminato..solo un indennizzo per i licenziamenti economici. I nuovi assunti non avranno il reintegro, ma un indennizzo sicuro e crescente con l'anzianità.

Come ribadito in questi giorni, il reintegro previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori... resta per i licenziamenti discriminatori.

Riguardo i nuovi assunti... per i licenziamenti ingiustificati di natura disciplinare... sarà dunque previsto il reintegro (sebbene molte di queste modalità dovranno meglio essere specificate nel decreto delegato). L'obiettivo del governo sembra essere quello che i nuovi contratti a tutele crescenti possano costare meno, risultando attrattivi.. contenendo meno incertezze e, quindi, incoraggino l'imprenditore ad assumere. Si da, quindi, uno stop deciso
ai contratti co.co.co. volendo evitare l'abuso di questa tipologia di contratti precari come quelli “a progetto”.


Sarà possibile cambiare mansioni senza toccare il salario ed in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale su "parametri oggettivi", per tutelare il posto di lavoro, la professionalità e le condizioni di vita anche economiche, limitando la modifica dell'inquadramento. Il cosidetto “demansionamento”. Si pensa anche ad una contrattazione aziendale e territoriale che possa individuare ulteriori ipotesi (anche questo sarà meglio specificato nel testo del decreto delegato).

Il ricorso ai voucher ..(cioè lo strumento pensato per tutelare una serie di attività e di occupazioni lavorative che, proprio per le loro caratteristiche di accessorialità e occasionalità, difficilmente si prestano a essere tutelati dalle normali tipologie contrattuali) viene esteso... ma torna il tetto dei 5mila euro l'anno, elevato nel testo di partenza della delega sul lavoro. Il governo, inoltre, assume l'impegno a finanziare con 1,5 miliardi aggiuntivi i nuovi ammortizzatori sociali. L'obiettivo del governo è quello di estenderli.. Si punta anche ad una maggiore tutela della maternità. In totale di parla di 11-12 miliardi per tutelare un milione di persone in più (cifra non da poco in un momento simile)

Rimane poi l'obiettivo di introdurre "eventualmente anche in via sperimentale" il compenso orario minimo anche per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti nazionali ed a semplificare...estendendolo il campo di applicazione dei contratti di solidarietà... per aumentare l'organico riducendo l'orario di lavoro e la retribuzione del personale.

Insomma ...una riforma per il lavoro piena di novità sulla quale non ci permettiamo di intervenire nel merito..in quanto, pur nella sua intenzione, non pare definita esattamente nei punti. Se per quanto riguarda l'articolo 18 si può anche rimanere d'accordo nell'offrire maggiore libertà alle aziende..cosa succederà veramente nei fatti e sul piano reale? Basteranno le tutele crescenti ancora non definite esattamente?.Basterà l'impegno finanziario del governo?..Cosa succederà con la definitiva soppressione dei contratti a tempo determinato?

Sono solo dubbi, che non pretendono affatto mettere in discussione l'operato del governo ancora tutto da definire nei contorni, ma quello che sicuramente non è facile da accettare è il metodo con cui si è fatta passare una delega in bianco al Senato..con la forza ricattatoria di un voto di fiducia. Voto di fiducia.. di cui il sindaco d'Italia, nella sua opera di restauro, continua a fare uso continuo.


E...a prescindere dalle regole.. sulle quali il governo continua a soffermarsi...dove sta la ricerca del nuovo lavoro attraverso riforme innovative e fiscali utili per le nuove iniziative che rappresentano il vero motore per la crescita? 
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