13 gen 2015

i "limiti" della satira

di vincenzo cacopardo
Nessuna difesa per chi si permette di usare violenza con atti di barbarie come quelli avvenuti recentemente in Francia... Nessuno potrà mai perdonare simili uccisioni in nome di un Islam così tanto sanguinario voluto da piccole minoranze fondamentaliste. Ma una domanda alla quale non ci si può sottrarre è .. “se è giusto che la satira debba avere dei limiti e se in nome di una libertà si possa superare ogni limite imposto da un comune rispetto per la religione altrui”.

La satira si occupa da sempre di temi rilevanti, principalmente la politica, la religione, il sesso e la morte, e su questi propone punti di vista alternativi, e attraverso la risata veicola delle piccole verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni. Nel significato popolare contemporaneo, si tende ad identificare la satira con una delle forme possibili dell'umorismo e, in qualche caso, della comicità; talvolta, poi, si intende per satira anche, indiscriminatamente, qualsiasi attacco letterario o artistico a personaggi detentori del potere politico, sociale o culturale, o più genericamente vi si include qualsiasi critica al potere svolta in forma almeno salace . Questo ci dicono le voci su una ricerca del significato della sua parola. Ma l'umorismo, l'ironia ed il sarcasmo devono avere i loro limiti nel principale rispetto che deve portarsi all'essere umano..al suo credo..alla sua educazione ed alla sensibilità stessa di ognuno.

Dice bene Travaglio quando afferma - la libertà di espressionenon significa condividere tutto quello che pensano, dicono, scrivono e disegnano quelli che se ne avvalgono. Non è poi così difficile capire che difendere la satira senza limiti non vuol dire che chi la fa non possa avere limiti (tutti ne abbiamo, e sono unici al mondo: dipendono dallo stile, dalla cultura, dall’educazione, dalla sensibilità, dall’eventuale fede di ciascun individuo).

Ma non dobbiamo nemmeno far finta di dimenticare anche la cultura mentale del destinatario a cui essa è diretta..Nel caso di “Charlie Hedbo” la satira sembra quasi aver preso libero sfogo senza alcun limite... con ostinazione..come una lotta senza fine ..quasi un'ossessione ..La matita come un'arma senza tregua verso una religione che, come tutti noi occidentali sappiamo ...forse non è ancora in grado di recepire con la stessa linea di pensiero occidentale, i principi di una satira fin troppo libera, ma in certi casi anche assai irrispettosa e volgare: Quale è..ad esempio... il fine di scrivere “il Corano è merda”, come esprime una delle vignette incriminate di Charlie Hebdo ?

In nome di una libertà si pensa che con la “satira” si possa dar sfogo a qualunque offesa.. calpestando ogni rispetto altrui, ma i confini restano legati e la libertà di ognuno finisce dove comincia il rispetto per l'altro. Soprattutto se sei, come dovresti essere... anche consapevole che la provocazione è diretta verso un popolo che non ha la tua stessa cultura mentale in grado di precepire la satira per quella che è..Non dimentichiamo che la nostra cultura religiosa nel passato ne ha anche viste di peggio..

Con ciò rimane esecrabile ed indifendibile ogni atto ostile e di crudeltà inferto verso i cittadini.. Atti che... ledendo i principi ancora più preziosi della vita umana, non possono trovare alcun sostegno...ma solo disgusto verso chi ha un simile disprezzo per la vita altrui e la propria.
Ma attenzione a parlare di libertà come fosse un salvacondotto valido per ogni espressione..compreso quello della satira!   

Due culture... due religioni..un'unico bisogno di convivere



SCRIVE DOMENICO CACOPARDO SULLA GAZZETTA DI PARMA:


"Diciamolo francamente: la vicenda dei terroristi parigini ha rimesso in evidenza quanto pregiudizio ci sia in gran parte della cultura italiana, protesa verso un insensato giustificazionismo che parte dalla considerazione che l’Islam non è una religione violenta e arriva alla conclusione che c’è un Islam moderato con il quale dobbiamo dialogare.

La verità è diversa: il Corano è un testo religioso integralista nel senso che non solo non riconosce diritto di cittadinanza ad altri «credo», ma incita i «fedeli» a convertire o a uccidere gli «infedeli». E in questo senso è stato sempre interpretato da imam e ulema delle varie confessioni islamiche. 

La cartina di tornasole per stabilire la sincerità o meno del clero musulmano è sotto i nostri occhi: nei confronti degli assassini e dei tagliatori di teste non è mai stata emessa una «fatwa», l’anatema cioè che impedisce al «fedele» di entrare nel Paradiso di Allah popolato da vergini. 

I giustificazionisti si appellano a categorie logiche inappropriate, riprendendo alcuni fondamenti del marxismo per riportarli all’attualità terroristica, una specie di nuova lotta di classe condotta dai poveri nei confronti dei ricchi sfruttatori.

Dimenticano, questi signori, che il mondo islamico è seduto da decenni sopra una delle maggiori ricchezze del mondo, l’«oro nero», il petrolio e il gas vitali per la sopravvivenza dell’economia industriale e post-industriale. E che non è stato capace, questo mondo, di produrre le mutazioni di assetto politico-istituzionale che avrebbero consentito ai cittadini, non alle oligarchie ovunque dominanti, di godere di una parte appropriata della ricchezza di cui dispone. 

Nessuna capacità di produrre le lotte di liberazione popolare che hanno condotto, per esempio, gli europei a liberarsi d’ogni schiavitù e di essere partecipi della vita politica e sociale delle loro nazioni. Solo il Baath, il partito socialista panarabo, è riuscito a imporre regimi laici vagamente socialisti, sempre combattuti dai militanti religiosi.

I giustificazionisti, poi, per sostenere le loro tesi, dimenticano, in malafede, ciò che accade all’interno dell’Islam: le stragi, le migliaia di cristiani e di correligionari uccisi, decapitati, le efferatezze di ogni sorta che si consumano nel nome del Dio maomettano.

Per mistificare ulteriormente la realtà si affidano a religiosi che auspicano la pacifica convivenza, che spiegano come la loro religione sia una religione di pace, come non si debba temere, ma serenamente dialogare.

In realtà, come tra tutti i credenti, ci sono i praticanti, gli indifferenti e i laici.

Sono solo questi ultimi che possono sostenere e ampliare il dialogo tra Occidente e Islam. 

Il presidente egiziano Al Sisi ha avuto il coraggio, un coraggio ereditato da Sadat, di andare nell’università Al Azhar del Cairo a dire che un miliardo e 600 milioni di islamici non possono pensare di far la guerra a tutti gli altri abitanti della terra nel nome di Allah. 

Il giustificazionismo è autolesionismo: non ci conduce verso la pace, ma a un’altra sanguinosissima guerra. 

Rocroi, Vienna, Kosopolje, Budapest, Lepanto non ci hanno insegnato nulla.

Sarebbe ora di riflettere sulle condizioni dell’umanità e sugli interessi degli europei: nel 2014 135.000 immigranti illegali provenienti dalla sponda Sud del Mediterraneo sono sbarcati in Italia. Se l’1% è un fontamentalista, si tratta di 1.350 persone. Se l’1 per mille è vicino al terrorismo «jihādista», si tratta di 135 uomini. "

Nient’altro da aggiungere.








E allora? Cosa dovremmo fare? Far finta non vedere che esistono un miliardo e seicento milioni di islamici ostacolando la loro integrazione col popolo occidentale?

Voler trovare un solo responsabile della violenza generatisi in questi ultimi anni, è l'insopportabile comune errore sul quale si ricade. 

Quello che mi rimane difficile da capire e che... quando Domenico Cacopardo apre una analisi in questo senso, dimentica i tanti errori del passato commessi dai paesi occidentali che, sicuramente più sviluppati in cultura avrebbero dovuto dimostrare la loro superiorità di crescita sociale democratica aiutandone lo sviluppo all'interno dei loro stessi confini. Senza imporre alcunchè ... ma cercando di far comprendere i principi di una democrazia..per far crescere un primario senso laico dello Stato sociale. E' vero! Il  pensiero e la mentalità orientale è spesso assai chiusa e difficile da interpretare, ma dopo gli insensati bombardamenti e gli attacchi violenti sul loro territorio, si è riacceso un odio maggiore che si aggiunge ad una cultura mentale e religiosa già di per sé difficile da sposare con i principi cristiani.

Nessuno potrebbe mai prendere le difese di chi si permette di usare violenza con atti di barbarie come quelli avvenuti recentemente in Francia...Atti che contrastano fortemente il diritto ed il rispetto sacrosanto della vita altrui...ma mi viene spontanea una domanda: “Fra il più colto e più erudito..ed il meno colto e sviluppato, chi ha le basi maggiori e dovrebbe, con prudenza e logica, sostenere una integrazione come questa che vede ogni giorno la religione mussulmana crescere a dismisura”?.. Pensare di poter isolare l'Islam fomentando odio è la più grande idiozia di questo mondo. 

La problematica è di enorme importanza... nessuno dimentica le stragi, le migliaia di cristiani e di correligionari uccisi, decapitati, le efferatezze di ogni sorta che si consumano nel nome del Dio maomettano...come afferma Domenico..ma nessuno deve far finta di non vedere chi favorisce questo becero fondamentalismo fornendo risorse ed armi o bombardando all'impazzata lasciando intere regioni del medioriente in preda al terrore. Ed allora?..


Ricordiamoci che la nostra religione è di per sè vincente e non ha bisogno di doverlo dimostrare.. perchè ha in sè contenuti del "perdono" cristiano. Un principio che non lascia dubbi ad ogni volontà di integrazione sociale con qualsiasi popolo della terra.

L'errore peggiore che può farsi in questo caso è quello di prendere una posizione troppo decisa su queste due culture (occidentale-orientale) che finisce con l'arrecare maggior danno ..dimenticando il dovere di un dialogo quanto mai necessario nel rispetto di ambedue le culture...Comprendere le ragioni della fede verso un Dio diverso... per meglio interporsi attraverso un dialogo che evidenzi i principi nel massimo rispetto delle due culture religiose. 

Quello che oggi si mette in evidenza è proprio la mancanza di questo dialogo e la messa in dubbio dei principi dell'una e dell'altra senza alcun rispetto per la vita altrui.
vincenzo cacopardo

11 gen 2015

nuovo articolo di Domenico Cacopardo



La Germania studia da tempo l’ipotesi Grekit, l’uscita cioè della Grecia dall’euro. Un’ipotesi che le imminenti elezioni, con la probabile vittoria di Syriza, il partito di Alexis Tsipras, rendono più attuale. 

C’è da riflettere sul fatto che sia Berlino, in modo ben più autorevole di Bruxelles, ad affrontare i prossimi scenari comunitari. Naturalmente, Bruxelles ribadisce che l’ingresso nel sistema monetario euro non prevede una procedura di recesso e sostiene, a torto, che per questa ragione l’evento non potrà verificarsi. Una sciocchezza per mascherare una posizione difensiva: infatti, la mancata determinazione di una procedura non può impedire a uno Stato sovrano di recedere da un accordo internazionale, tanto più che, per ciò che si capisce, se la Grecia si decidesse, l’uscita riguarderebbe solo la moneta unica e non l’Unione europea. Insomma, una sorta di «reduction» a uno «status» simile a quello della floridissima Polonia.

Non è detto, però che lo scenario peggiore debba verificarsi. È vero che Tsipras, una specie di Vendola ellenico dalla comunicativa meno involuta e incomprensibile del collega italiano, dichiara di voler rinegoziare i termini del debito ellenico, chiedendone un taglio di almeno il 50%. E che la Germania respinge l’ipotesi contestando la ragione «storica» (il taglio del 50% del debito tedesco dopo la Seconda guerra mondiale). Non contesta, però, la Germania che l’operazione è tecnicamente possibile e che è l’unica praticabile visti i devastanti risultati ottenuti dalla «Troika» in Grecia e dal rigore del «Fiscal compact» nel resto del Sud-Europa. La storia ci dice che il debito sovrano non è mai stato restituito in senso tecnico ed è stato risanato con le operazioni più varie, mai con il rimborso del capitale nemmeno con un «timing» più mite di quello demenziale previsto dal medesimo «Fiscal compact», firmato per l’Italia dal tecnico Mario Monti.

Le posizioni di Germania e di Grecia sono evidentemente prenegoziali: si capirà la sostanza e il «punto di caduta» solo tra alcune settimane.

La Bce, però, lancia segnali di pace e fa filtrare l’intenzione di procedere con il «quantitative easing», l’acquisto cioè di titoli degli Stati dell’Unione, in modo da finanziare nuove politiche di sviluppo, integrative dell’ormai fantomatico piano Junker, le cui risorse oggi accertate sono ridicole, tra i 25 e i 30 miliardi di euro, quando la cifra necessaria sarebbe di almeno 300 miliardi di euro. 

A questo punto, la questione per noi italiani è solo una: qual è la visione del governo Renzi rispetto a questa possibile emergenza? Qualcuno, a Palazzo Chigi (che il cerchio magico chiama semplicemente «Chigi», nel senso di «Ci vediamo a Chigi») s’è posto il problema? Qualche economista dello «staff» presidenziale? Di sicuro, al ministero degli esteri, Gentiloni avrà allertato il ministro Andrea Tiriticco, un diplomatico di carriera, di quelli che conoscono il mestiere e che sono odiati da Renzi. Tiriticco è il capo del contenzioso diplomatico, l’ufficio che studia e affronta le questioni di diritto internazionale nelle quali il Paese si imbatte. 

Sarebbe importante conoscere il pensiero del «premier» in materia, non una delle frasi senza contenuto di cui è specialista, ma un articolato ragionamento sul prossimo tornante dell’Unione. Il problema si manifesterà a dimissioni di Napolitano consumate e a collegio elettorale appena insediato. E l’evolversi greco non sarà senza conseguenze nell’elezione, vista l’assoluta necessità di avere al Quirinale una personalità di sicuro rilievo internazionale. 

Sarebbe il caso di rafforzare Chigi, magari chiedendo la consulenza di un vero esperto, Lorenzo Bini Smaghi, l’uomo che «in pectore» dovrebbe essere il prossimo ministro dell’economia.

L’imperativo categorico, si sarebbe detto una volta, è attrezzarsi per giocare un ruolo significativo. 














7 gen 2015

Grasso..il candidato di cui si parla



«La politica deve sradicare le infiltrazioni clientelari prima dei magistrati. E la riforma della giustizia civile è indispensabile per eliminare gli interessi mafiosi». Queste parole del presidente del Senato Grasso suonano come quelle di chi ormai appare come il candidato favorito per la presidenza della Repubblica... in un contesto in cui i nomi si bruciano ogni giorno e la figura della seconda carica dello Stato assume sempre più rilevanza. Una frase persino pleonastica che potrebbe persino apparire retorica... poiché sembra chiaro che la politica, attraverso riforme corrette della giustizia, deve guardare in direzione di un'azione che elimini ogni interesse personale e di convenienza. Parole che suonano dunque alquanto enfatiche e non prive di un contenuto che esprime un evidente interesse verso la prima carica dello Stato.

Nella marea oscura di una politica ormai priva di contenuti e di idee..vengono sempre fuori queste figure come fossero l'unica rappresentazione della perfetta moralità al di sopra di ogni capacità.

Senza nulla da eccepire sulla figura dell'attuale presidente del Senato..appare davvero incredibile la sua veloce ascesa nelle istituzioni della politica...Voluto da Bersani ed eletto dopo un ballottaggio alquanto risicato... non possiamo dimenticare la sua disponibilità alla modificazione del regolamento del Senato sulle votazioni a scrutinio segreto, (obbligate nei casi in cui si tratti di persone fisiche), che non hanno rappresentato una notarile espressione super partes, ma abdicazione da ogni difesa dei valori di libertà dello Stato di diritto di cui avrebbe dovuto essere geloso custode (la valutazione è chiaramente politica). Non è stata un' espressione accettabile... anche per la leggerezza con la quale si è proceduto sulla estromissione del senatore Silvio Berlusconi. Ciò... al di fuori di ogni considerazione che possa attribuirsi alla figura stessa del cavaliere. Ma l’idea che lo Stato, e il Senato che ne è organo rilevante tanto da stabilire per il suo presidente il ruolo di supplente del presidente della Repubblica, possa aver sovvertito i principi su cui si è fondato, non ha dato tanta ragione ad un presidente super partes e potrebbe essersi dimostrata come un'azione di opportunismo politico, in un momento in cui gli opportunismi dovrebbero essere banditi da una personalità come la sua.
vincenzo cacopardo



3 gen 2015

Efficientamento.. o utile funzionamento?




"Per Renzi e per coloro che gli corrono appresso.. la parola chiave è quella dell'efficientamento: definizione oggi molto in voga che significa “miglioramento dell'efficienza” nella realtà una esplicitazione assai incerta ed aleatoria... quando il termine che per logica dovrebbe avere più importanza è quello del funzionamento ossia “modo in cui le cose funzionano” ..una distinzione non di poco conto sulla quale i suoi -non gufi- dovrebbero riflettere.."

di vincenzo cacopardo

Se dobbiamo vivere di speranze..va bene il seducente Renzi.... come del resto siamo rimasti per anni appesi alla figura dell'incantatore Berlusconi...Ma se i fatti dimostrano il continuo gran polverone dai contenuti inefficaci... allora meglio ricorrere alle elezioni..od a qualsiasi azione che possa favorire un diverso cambiamento.

Bisognerebbe comprendere che il cambiamento non è quello portato da una figura...ma quello fondato su un progetto e... nel caso del sindaco d'Italia... tale progetto è sicuramente criticabile. 

A che vale l'energia e la capacità di rimettere in modo la stagnante politica italiana, quando si sbanda visibilmente, perdendo credibilità e la capacità di gestire il consenso che aveva insperabilmente ottenuto. E' proprio sul merito delle cose e non sull'atteggiamento che bisognerebbe soffermarsi. 

Le proposte del suo governo...non potranno mai portare una vera crescita al Paese e la sua evidente sottomissione a quella Europa (alla quale non è più facile credere) la cui visione è tanto pragmatica... quanto ostile nelle disparità economiche, nelle risorse, nelle culture e nella mentalità dei Paesi annessi.

Se la crisi economica della Grecia è parte della crisi del debito sovrano europeo ed ha portato ad una perdita di fiducia, indicata da un allargamento dello spread di rendimento delle obbligazioni....per quanto concerne il nostro Paese...benchè la nostra moneta sia più forte..la situazione non sembra tanto lontana e dissimile. 

E' difficile non poter immaginare che in un contesto simile europeo, quando un paese si arricchisce ve n'è sia un altro, più debole.. che ne paga le conseguenze. Ma chi stabilisce queste regole oggi fondate esclusivamente sul pragmatico procedere di una economia che non considera alcun valore? Valori.. che in sé.. restano.. poi... i veri portatori di crescita! 

Il nostro semestre di presidenza europea s’è rivelato un fallimento, non portando risultati utili. Renzi rivendica l’inserimento dei concetti di flessibilità e di rilancio economico, ma in realtà nulla sembra cambiato in positivo. Avrebbe dovuto favorire l'economia del nostro Paese invece di dedicarsi a nomine di politica estera. Avrebbe dovuto accompagnare un piano di sviluppo concreto.. invece di dedicarsi alla elementare semplificazione delle regole sul lavoro che, per quanto utili non riescono a portare lavoro in più.

Il metodo renziano è quello basato prevalentemente sulla semplificazione e sul tempo: semplificare al massimo col minimo del tempo. Tutto ciò attira l'opinione pubblica poiché mette in evidenza una accelerazione verso un mutamento...uno sprint..una volata verso un traguardo..meno importa quale sarà poi questo traguardo...l'importante è cambiare! Chi..poi.. non condivide è gufo...Una visione ristretta..come ristretta rimane la sua logica.

La spinta verso la crescita dovrebbe prendere spunto dalla teoria Kejnesiana di uno sviluppo costruito attraverso gli investimenti. Percorso che la stessa Europa spesso ci impedisce. Ma c'è un Sud che rappresenta oggi una miniera per lo sviluppo..un mezzogiorno quasi dimenticato dalla politica di questo governo che corre imperterrito verso la via più facile dei tagli senza un' attenzione verso un vero funzionale sviluppo.

Per Renzi e tutti coloro che gli corrono appresso... la parola chiave è quella dell'efficientamento: definizione oggi molto in voga che significa “miglioramento dell'efficienza” nella realtà una esplicitazione assai incerta ed aleatoria... quando il termine che per logica dovrebbe avere più importanza è quello del funzionamento ossia “modo in cui le cose funzionano” ..una distinzione non di poco conto sulla quale i -non gufi- dovrebbero riflettere..

Saremo gufi o aquile che volano più alte?..il domani lo dirà








nuovo articolo del consigliere Cacopardo



di domenico Cacopardo
L’Italia esce da una fase drammatica della sua storia, segnata dalla crisi dell’estate del 2011, si lascia dietro la presidenza Napolitano, con le sue ombre e con le sue luci significative, ed entra nell’ignoto. Gli ancoraggi del passato sono venuti meno. 

È venuto meno il solido conglomerato della sinistra, fondata sull’apparato exPci e su un generone exdemocristiano, la «sinistra sociale», dominato dal radicalismo politico e dal dialogo con il sistema delle imprese pubbliche. Oggi, al suo posto, c’è un partito estremamente diviso, incapace di stabilire se è l’«unicum» italiano vagheggiato da Romano Prodi, o l’espressione locale della grande socialdemocrazia europea. In tutte le questioni sul tappeto non c’è una reale posizione unitaria, che non sia formale, e della cui tenuta nelle aule parlamentari c’è da dubitare.

Dall’altro lato, il centrodestra, come l’abbiamo conosciuto, un quasimonolito diretto da Silvio Berlusconi, non esiste più. Molti dei suoi componenti, in libera uscita, hanno costituito formazioni diverse o sono confluiti nel contenitore di Casini/Alfano, una specie di zattera costruita per traghettare da qualche parte i naufraghi che la occupano. La Lega Nord, rianimata dall’estremismo antieuropeo di Salvini ha imboccato la via della concorrenza al Movimento 5 Stelle e del rilievo nazionale su posizione lepeniste. 

Nemmeno la residua pattuglia che costituisce Forza Italia è concorde dietro il leader storico. Fitto contesta la politica e la direzione di Berlusconi e gioca una propria partita a tutto campo, dialogando con i «nemici» della minoranza del Pd.

Il «premier» Renzi, al quale va riconosciuta energia e capacità di rimettere in modo la stagnante politica italiana, da qualche settimane sbanda visibilmente, perdendo credibilità e «drive», la capacità, cioè, di gestire e ampliare il consenso che aveva insperabilmente ottenuto.

Il semestre di presidenza europea s’è rivelato un fallimento, visto che, a parte l’inutile nomina dell’inutile Mogherini nel ruolo di alto rappresentante dell’Unione per la politica estera e di sicurezza, non ha portato a casa nulla di concreto. Renzi rivendica l’inserimento nelle linee guida comunitarie dei concetti di flessibilità e di rilancio economico, dimenticando che il contesto generale non è mutato in modo sostanziale. L’imminente consultazione elettorale greca riproporrà in modo drammatico e politico i termini della crisi e costituirà un palese atto di accusa alla gestione burocratica delle difficoltà elleniche, alla miope direzione della «troika» e all’ottusità germanica che pretende di imporre a tutte le nazioni dell’Unione il proprio modello economico-finanziario-sociale.

Ci sono poi le «gaffe» e gli errori concettuali di Renzi, tutti figli dell’impreparazione al ruolo che ricopre, che il suo senso tattico non riesce a celare. Pensiamo all’avocazione a Palazzo Chigi del dossier Marò (con la rinuncia alla via maestra dell’arbitrato), all’intestarsi il merito dell’operazione soccorsi ai naufraghi della Norman Atlantic, nella quale la mancanza di un comando unitario, sino all’intervento risolutivo della Marina Militare con la nave San Giorgio e i suoi elicotteri, ha confermato l’inconsistenza di un apparato pubblico (nostrano) frammentato e inefficiente.

Da ultimo, l’annuncio di un sostegno all’ingresso in Europa dell’Albania (invece dello status di Stato associato) a conferma della politica sciocca e suicida portata avanti da Romano Prodi (quella dell’allargamento) che ha reso l’Unione ingovernabile. 

Queste sono le premesse non felici per l’Italia politica che si appresta al cimento dell’elezione di un nuovo presidente della Repubblica.

Possiamo ancora contare sulla capacità tattica di Renzi e di Berlusconi. Basterà?

31 dic 2014

Analisi e commento su un articolo di Domenico Cacopardo 31 dic. 2014



Certo, governare significa imbattersi quotidianamente in interessi contrapposti, tra i quali è necessario mediare.

La novità annunciata da Renzi consisteva nell’imboccare senza incertezze il cambiamento («L’Italia cambia verso» il suo slogan) abbandonando la via del compromesso in favore di coerenti pacchetti di norme, rivolte a riformare il tanto di decrepito e inaccettabile che impedisce alla Nazione di riprendere la sua strada.

Purtroppo, alle parole non sono seguiti fatti del medesimo segno. Anzi. 

Senza tornare sul «Jobs act», le cui sgangheratezze emergono ogni giorno di più (ma l’abbiamo scritto sin da quando Renzi s’è insediato a Palazzo Chigi che la sua squadra era inadeguata), soffermiamoci sul decreto Milleproroghe appena approvato dal governo. 

In esso il ministro Lupi, l’assente della vicenda Mose, è riuscito a fare inserire due nuovi regali alle società di gestione autostradale.

Il primo consiste in ulteriori sei mesi di tempo (nuova scadenza il 30.6.2015) per presentare le proposte definitive per l’integrazione tra tratte diverse tra loro (per dirne una il raccordo Autobrennero-Autocisa), in modo da raccogliere il beneficio introdotto dallo Sblocca-Italia: il rinnovo automatico delle concessioni correlato agli investimenti per l’integrazione medesima.

La norma dello Sblocca-Italia è sicuramente contraria alle norme comunitarie in materia di concorrenza.

Il secondo riguarda nuovi aumenti delle tariffe, cresciute negli ultimi anni ben al di là dell’inflazione programmata e di quella reale.

Da tempo tutto il sistema delle concessioni autostradali con il dominio dell’Aiscat (l’associazione delle imprese di gestione) puzza e puzza molto. Non solo per il sistematico aumento delle tariffe, ingiustificabile in periodo di recessione, di assenza di inflazione e di costi sostanzialmente stabili, ma anche per la modestia degli investimenti correlati, visto i tempi biblici per la realizzazione delle nuove opere. Basti pensare alla Variante di valico sulla Bologna-Firenze, la cui inaugurazione è prevista per la fine del 2015, oltre dieci anni dopo l’avvio dei lavori (il protrarsi dei lavori provocato da un ben controllato –cioè contenuto- flusso finanziario). 

L’aspetto più critico del sistema è la sua totale opacità.

Partiamo dall’inizio: la rete di autostrade italiane è stata realizzata per il contributo finanziario dello Stato (in conto capitale e/o in conto interessi) e degli italiani (tariffe). I gestori non hanno corso alcun rischio imprenditoriale, salvo quello relativo alle proprie inefficienze e incapacità organizzative.

Nei primi quarant’anni, l’operazione risultava accettabile in quanto gran parte dei concessionari era di proprietà dello Stato o degli enti locali e, quindi, un certo perseguimento di fini non meramente speculativi poteva essere immaginato e riscontrato. 

La privatizzazione degli anni ’90 avvenne con modalità molto criticate e che considero inaccettabili, visto che il compratore di Autostrade acquistò indebitandosi con il sistema finanziario nazionale, talché negli anni successivi gli utili di gestione servirono in gran parte a restituire alle banche il capitale ricevuto in prestito e per pagarne gli interessi.

C’era una sola cosa da fare, sin dall’inizio, cioè sin dal primo aumento di tariffe e proroga delle concessioni (ministro Di Pietro): verificare, non tramite gli uffici dell’Anas ma per mezzo di un «audit» approfondito affidato a un soggetto esterno specializzato (ce ne sono tanti di prestigio e indipendenti), i dati economico-finanziari e quelli tecnico-progettuali prospettati dalle società autostradali e rendere tutto pubblico. Compreso il delicato aspetto della cosiddetta «riserva», la quota cioè di lavori che i concessionari dichiarano di realizzare «in-house», mediante, cioè, imprese di costruzioni partecipate. 

Se Renzi intende dare sostanza alle proprie affermazioni di rinnovamento, questa è l’occasione per fare chiarezza. Lasci perdere le pressioni di Lupi, consulti Raffaele Cantone, commissario anticorruzione, disponga la «due diligence» che occorre e, solo dopo avere esaminato i risultati di questo lavoro, decida sul futuro di concessioni e tariffe. Meno corda ai soliti marpioni del sistema, più trasparenza e interesse pubblico.
domenico cacopardo


Se governare rimane uno scopo... gli interessi saranno sempre contrapposti..se diventa un fine ..gli interessi potranno essere comuni

Il tema della privatizzazione toccato da Domenico corrisponde ad un teorema secondo il quale se lo Stato concede il diritto ad espletare determinate attività economiche, in certe condizioni..il sistema privato può conseguire gli stessi obiettivi di equità che sono alla base delle necessità di nazionalizzazione. Ciò significa che se ne vengono soddisfatte alcune condizioni, il privato può sostituirsi al pubblico senza alcun danno per il welfare. Una di queste condizioni è la concorrenza perfetta, ma le probabilità che le condizioni vengano soddisfatte non è sempre il fine auspicato.

E' strano.. come ancora non si riesca a comprendere quanto sia impossibile modificare un processo di regole ormai intrise in un sistema...quando questo non intende essere cambiato alla base! 

Sappiamo ormai bene che tra le parole di Renzi ed i fatti ci passa un fiume che non potrà mai permettere un vero cambiamento in positivo. Malgrado ciò sembriamo costretti come pecore a seguire un falso cambiamento poiché non siamo in grado di immaginare attraverso una nuova forma mentis ed una ricerca più adatta a modificare il sistema politico istituzionale.  E' vero..non esistono verità assolute sulla materia..ma non è detto che non vadano ricercate strade più funzionali...

Tornando al governo ed a quello che Domenico definisce la ineguatezza della squadra che attornia il sindaco d'Italia, non possiamo più meravigliarci di ciò che quotidianamente appare. Domenico, con la sua analisi, pone la problematica avidente sul tema autostradale....ma vi sarebbero altri temi ancora più delicati sui quali soffermarsi ben più importanti, non ultimo proprio quello sulla crescita che non potrà mai essere supportato dalle semplici regole del suo “jobs act”.: sappiamo bene che per una vera crescita è necessario proporre idee di sviluppo su temi precisi (startup – mezzogiorno - sistema creditizio - innovazione del mercato - nuova fiscalità..etc).

Per non parlare poi del tema giustizia ancora impantanato su proposte inadeguate e non favorevoli alla stessa sicurezza del Paese.

Il testo del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 detto ''Sblocca Italia'', coordinato con la Legge di conversione numero 164 reca le misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, ma anche temi di innovazione e sicurezza come.. la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica e l'emergenza del dissesto idrogeologico. Materie assai più importanti nel contesto odierno che sembrano quasi sottovalutate da una mediocrità di un governo quasi alla deriva ed imposto come ultima spiaggia.

Come si fa quindi a non comprendere l'importanza di un diverso cambiamento che non può più marciare ancora attraverso vecchi meccanismi ed ingranaggi istituzionali inadeguati..facendo solo forza su una falsa comunicazione e su un simulato gioco di rottamazione.
vincenzo cacopardo

30 dic 2014

Nuove ricerche per un funzionale cambiamento della politica



Perchè sarebbe utile ricercare una strada innovativa e non di continuo compromesso tra i ruoli.....
di vincenzo cacopardo

Bisogna capire che se oggi il sistema politico rimane marcio e poco funzionale è perchè pur partendo dal basso verso l’alto, ritorna in basso filtrando tra due Camere per pura ratificazione e senza un vero funzionamento democratico escludendo ogni diritto di vera partecipazione del cittadino. Lo stesso, anzi peggio, varrebbe nella eventuale soluzione di una sola Camera.(Sappiamo tutti come i capogruppi sull'ordine dei Partiti impongono il voto non dando mai opportunità ai parlamentari di esprimersi liberamente).
Il compito più sano della politica nei confronti di un sistema che si vorrebbe democratico dovrebbe poter vedere partire dal basso le proposte dei cittadini per arrivare in alto in due diverse fasi elettorali (legislativa di ricerca ed amministrativa di governo).

Un esecutivo potrà amministrare in modo pratico, fattivo e funzionale mentre un’altra azione costruttiva potrà salire verso l’alto in modo dinamico con un indirizzo politico di merito spinto dalle continue proposte dei legislatori in contatto con le “officine di ricerca dei Partiti” e con i cittadini. In tal modo sarà una vera politica a guidare il Governo attraverso una decisa spinta costruttiva che i Partiti (rinnovati e disciplinati all'uopo) potranno guidare. Rimane.. dunque... fondamentale il fatto che nessuna personalità debba poter rivestire simultaneamente i diversi ruoli politici (parlamentari e/o amministrativi.)

Occorrerebbe un disegno più rivoluzionario che di semplice cambiamento e adattamento al sistema attuale.. sul quale impostare una innovativa ricerca di percorso. Un percorso che vorrebbe costruirsi attraverso l’uso di appositi “piani programma” per la definizione di una strada che possa rendere più stabilità al Governo senza intaccare la guida Parlamentare sulla quale si fonda il principio della nostra Repubblica:

Uno studio per la ricerca di una politica funzionale per ruoli.

1- Una politica di ricerca e di idee diretta verso un consenso dei piani programma portati dai Partiti che indicheranno anche proprie liste (candidati legati al preciso patto programmatico) supportata da un sistema elettorale proporzionale. ( i Partiti, opportunamente ristrutturati, avranno quindi una precisa direttiva e cioè quella di studiare con i cittadini un programma per la nuova legislatura) Scelti i relativi Partiti..si determinerà una sfida elettorale incentrata esclusivamente sulle linee programmatiche. I Partiti dovranno perciò rendersi convincenti nei confronti dei cittadini attraverso la condivisione del proprio programma per ottenere un reale consenso..anche in relazione al fatto che i propri eletti in Parlamento, non potranno usufruire di alcun potere amministrativo sulla governabilità…ma solo sulle idee e le relative normative.

2-Una politica di amministrazione per l’attuazione del programma, con una lista di candidati amministratori per l'altra Camera, eletti attraverso un sistema più ristretto, poiché valutati per i propri meriti, le capacità ed i loro curricula. Diverso.. infatti.. dovrebbe essere il sistema delle elezioni degli amministratori che se eletti non avrebbero alcun potere sulla fase normativa del programma ..se non in termini di metodo nei punti più salienti..Potranno definire un governo votato al loro interno.

In tal modo nessun Partito potrà esprimere candidati per il ruolo amministrativo e nessun ruolo governativo potrà influire sui Partiti e sulle idee del programma. Ecco la ragione per la quale l'uso delle due Camere, se poste in modo ideativo e funzionale per ruoli sarebbe assai più utile che il semplificativo taglio di una di esse. (Il risparmio potrebbe venire dalla diminuzione dei componenti e soprattutto dal dimezzamento della indennità e di evidenti inutili benefici.)..Ma l'importanza della funzione rimane superiore a qualunque risparmio

Ovviamente la ricerca di una maggioranza andrebbe ricercata e studiata con attenzione in base al programma più votato.
In questo quadro la figura di un Presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo sarebbe utile. Un Presidente che, pur con gli stessi poteri limitati, possa esercitare un fondamentale potere di controllo e garanzia ad un tale sistema elettorale.

Conosciamo i dubbi e le difficoltà poste da un simile cambiamento e sappiamo bene che il primo passo rimane sicuramente una modifica del testo della “Costituzione” in riferimento alla politica elettorale, per un rinnovamento utile ad un cambiamento delle stesse procedure: Un cambiamento che possa contraddistinguere con equilibrio i ruoli ed i compiti della politica. Sappiamo anche che nulla potrà’ essere definito se non in dialogo e con la partecipazione di chi aspira associarsi ad un principio di vera innovazione del sistema istituzionale. Sembra quindi ovvio ed opportuno chiarire che un simile cambiamento non potrebbe sortire alcun successo se non studiato nel dettaglio ed operato con un percorso che possa individuare precise fasi di necessità ma anche chiari e possibili piani di fattibilità.

La ricerca dovrebbe sempre e comunque rimanere aperta alle idee verso l'innovazione..




27 dic 2014

L'attesa nomina presidenziale



di vincenzo cacopardo

Il mondo della politica italiana ed internazionale in fermento per la imminente nomina del nuovo Capo dello Stato. Come è ormai certo il vecchio presidente Napolitano abbandona il campo..lasciando dietro grandi problematiche ancora irrisolte in direzione del cambiamento. Ma sarà davvero un cambiamento utile? Sarà in favore di un vero funzionale uso della politica democratica?..O forse le figure proposte saranno condizionate dalla politica disinvolta che il sindaco d'Italia continua a promuovere?

Se dovessi esprimere un pensiero in merito, nel pieno rispetto delle stesse figure ...tre nomi mi verrebbero in mente..non suggeriti dal personale pensiero politico, ma come probabili candidati in favore di una linea di percorso della odierna e semplificativa politica di Matteo Renzi.

Il primo è il neo sottosegretario alla presidenza Del Rio: scelta sicuramente privilegiata da Renzi poiché uomo di fiducia che potrebbe tornargli utile per il suo programma negli anni a seguire. Del Rio non porrebbe alcun ostacolo all'incedere semplificativo del progetto istituzionale e costituzionale promosso in favore di un cambiamento verso quel bipartitismo tanto desiderato dal sindaco d'Italia.


Il secondo candidato... (anch'esso.. in un certo senso... di gradimento a Renzi).. che troverebbe un buon appoggio di un'ala moderata e di una buona parte della attuale destra Berlusconiana (anche in considerazione del nome che porta) potrebbe essere quello di Enrico Letta. In questo modo il Premier potrebbe far dimenticare il suo gesto autoritario nei confronti di chi lo ha molto criticato per la sua obbligata rimozione e riconquistarsi parte degli animi bollenti in seno al proprio Partito. Non dimentichiamo inoltre che Letta è molto legato ai poteri forti di chi in Europa detta la politica..Membro dell'Aspen Institute Italia che si occupa dell'internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese. L'Istituto... in cui spiccano i nomi di Amato e lo zio Gianni Letta (senza togliere alcun merito alla figura a modo di Enrico Letta) concentra la propria attenzione verso i problemi e le sfide più attuali della politica, dell'economia, della cultura e della società, con un'attenzione particolare alla business community italiana e internazionale.

Il terzo candidato è quello che forse più desidererebbe la Merkel e cioè Mario Draghi e che non arrecherebbe ostacoli al percorso di Renzi, ma che lo accompagnerebbe in un progetto economico europeo ancora più rigido ed intransigente. La scelta dell' economista, banchiere e manager italiano, libererebbe il posto della presidenza della BCE, posto che tanto fa gola alla stessa Merkel che imporrebbe di sicuro un suo fedele economista..In tal modo ottenendo due risultato utili: Una scelta di sicuro meno desiderabile poiché tecnica.. imposta in favore di una politica economica internazionale e non in un concetto di equilibri politici che appartengono al nostro Paese... come di norma si dovrebbe.

Resta il fatto che chiunque dei tre farebbe comodo al Premier Italiano il quale.. si riserverebbe altro tempo utile al suo processo di riforme (tanto semplificativo..quanto poco funzionale ad un processo costituzionale e di vera democrazia), senza dover ricorrere ad un voto i cui risultati oggi non sembrano più scontati come quelli di qualche mese addietro.

Francesco..Pastore dal profondo sentimento umano


La tenerezza di Dio e quella degli uomini....di vincenzo cacopardo

Una vera rivoluzione senza limiti... suggerita con la guida evangelica del sentimento dell'amore. Papa Francesco ha fornito un'ulteriore messaggio alla società ed alla politica. Parlando di “bisogno di tenerezza” ha posto questa esigenza nel mondo come fondamentale per l'intera crescita sociale.

Nella Basilica Vaticana, davanti al Bambinello che il Papa porta di persona nel presepe in fondo a San Pietro, il Pontefice ha dato un ulteriore segno della sua vitale ed umana presenza con un'omelia nella quale ha posto la tenerezza come un segno rivoluzionario facente parte del Vangelo. In riferimento al miracolo di quel bambino-sole che rischiara l'orizzonte dall'alto: «Egli ha assunto la nostra fragilità, la nostra sofferenza, le nostre angosce, i nostri desideri e i nostri limiti. Il messaggio che tutti aspettavano, quello che tutti cercavano nel profondo della propria anima, non era altro che la tenerezza di Dio: Dio che ci guarda con occhi colmi di affetto, che accetta la nostra miseria, Dio innamorato della nostra piccolezza».

Questo richiamo alla tenerezza di Dio è un messaggio forte.. ricco di semplicità e deferenza..che il Pontefice stigmatizza nella presenza di Dio, ma che, in realtà dovrebbe far meditare l'uomo: Secondo Francesco Dio ci guarda con immenso affetto, ci guarda con occhi colmi di affetto..accetta la nostra miseria e la nostra piccolezza...

La visione straordinaria di Francesco è quella di vedere Dio come un gigante che si inchina verso noi attraverso la tenerezza e non la percezione assoluta di chi ci comanda e pretende la devozione.... Questa è sicuramente una concezione più che rivoluzionaria che dovrebbe far rifletterci. Il Papa si domanda: -Come accogliamo invece noi questa tenerezza? ..ci lasciamo raggiungere?..ci lasciamo avvicinare? Ci lasciamo abbracciare?

Papa Francesco sembra aver colto ancora una volta nel segno gli animi di chi pone il sentimento umano in cima ai valori fondamentali senza i quali ogni speranza resta inutile. Al di là di qualsiasi visione cristiana o non...senza questa sua umile e profonda sensibilità umana.. non si sarebbe mai arrivati a pensare ad un Dio che quasi si inchina di fronte all'uomo in un abbraccio comune di tenerezza..indicandolo come presupposto fondamentale per la nostra stessa crescita sociale. Un ulteriore richiamo alla solidarietà ed all'amore comune, proposto nell'ambito della nascita di Cristo, ma anche un richiamo politico all'essenziale bisogno di umiltà che per il rispetto che si deve all'essere umano.