5 apr 2015

L'importanza dei valori nella società di Zagrebelski


Ascoltare il pensiero e le tesi che il professore Zagrelbescki ha espresso agli alunni nel novembre dello scorso anno al Senato... è stato un po' come arricchire quella cultura del sociale che già in parte mi appartiene.
Il professore ha dissertato su vari argomenti che rappresentano quella intelaiatura indispensabile sulla quale l'essere umano deve coltivarsi ed esprimersi in coesistenza nella società... Conclude il suo discorso con l'importanza del silenzio, ossia quella quiete necessaria affinchè.. rompendosi... si possa meglio generare quel dialogo tra gli individui: Una considerazione che contrasta sicuramente con la filosofia moderna di una crescita che genera rumore. Il professore è passato attraverso argomenti come “la cultura politica ed i suoi poteri” “il confronto e l'antitesi” “il dono prezioso del pensiero” “le idee” ed altri temi inerenti che hanno sicuramente aperto la mente dei tanti ragazzi presenti. (Temi che rappresentano argomentazione sostanziosa e sentita del mio Forum nella pagina “studio ed analisi)

Non è comune ai nostri giorni ascoltare un pensiero come quello dell'insigne professore, oggi, per certi versi.... molto discusso da una generazione che.. avanzando con una primaria logica politica e sociale cinica e pragmatica... occlude ogni altra visione più aperta verso i temi di quella indispensabile cultura del pensiero e delle idee: Una cultura, la sua, che... purtroppo... pare spegnersi sotto i riflettori di una quotidiana forma mentis diretta solo ed esclusivamente verso principi realistici fin troppo condizionanti e condizionati. Ma pensare che figure intellettuali come il professore Zagrebelski possano rappresentare un arresto verso la modernità e lo sviluppo, sarebbe un grande errore: Potrebbe rappresentare il non aver compreso l'importanza dei valori e dei principi dell'uomo.. ove il vero problema pare essere proprio quello della sua esistenza e della convivenza nella società. Significherebbe anche non comprendere il valore delle idee e del pensiero per l'ideazione di un futuro migliore. Significa persino non cercare di crescere attraverso quei principi che servono a costruire più forte il suo sviluppo e la stessa convivenza.
Vincenzo cacopardo  

Un commento alla analisi di Domenico Cacopardo sulle infrastrutture


Una logica interpretazione su un argomento che Domenico Cacopardo scandisce attraverso una scrittura chiara. Ammodernare l’assetto territoriale del Paese.. che è in deficit di infrastrutture, non può significare però agire prettamente al nord del territorio. Si è abbandonata l'infrastruttura più importante per il collegamento tra la Sicilia e la penisola nell'indifferenza totale di una mediocre politica progettuale ad esclusivo beneficio delle opere del territorio del Nord che oggi vedono oltre all'Expo, il Mose, l'alta velocità, ed altri cantieri autostradali persino superflui. 

Sappiamo tutti quanto sarebbe primario operare a difesa del territorio nazionale che anno per anno pare sbriciolarsi sotto il peso di continue inondazioni e frane...e quando si accenna alle preminenti infrastrutture, non si vuole percepire alcun bisogno di operare prima a difesa del suolo, sostenendo l'importanza necessaria di un Expo ..e di contro.. sottovalutando un bisogno primario di un collegamento che riguarda il territorio meridionale. Due pesi.. due misure..e continue anomalie ...che mettono in evidenza l'assenza totale nei riguardi di un Sud ormai dimenticato dalla politica nazionale!

Quello che meraviglia, ma che nel contempo sembra lasciare ogni governo nell'indifferenza, è proprio l'abbandono di un territorio come quello meridionale ricco di cultura, agricoltura e arte..e quindi..anche oggetto di un particolare turismo, per il quale non si esprime alcuna capacità di intervento attraverso la dovuta ricerca delle infrastrutture. In questo mediocre quadro di una politica che avanza con la ricchezza di una comunicazione subdola espressa con saccenza da un sindaco d'Italia (che mira prettamente alla esaltazione artistica della sua regione), la politica meridionale necessita più che mai di una figura capace di interpretare i bisogni e le esigenze di un Sud più coeso.. offrendo idee per la crescita del proprio territorio. Ma questa figura oggi manca e quelle deboli che si propongono finiscono sempre con l'usare il pretesto del mezzogiorno per operazioni politiche dirette al preciso beneficio di un consenso.

Un territorio meridionale che, al di là di ogni pretesa declamata a favore dell'Expo, potrebbe offrire un volano di crescita per la Nazione. Quello che manca, oltre alla visione più lungimirante di uno sviluppo qualitativo dell'intero Paese, è proprio il non saper leggere l'importanza che oggi potrebbe esercitare la crescita infrastrutturale del mezzogiorno. 
vincenzo cacopardo


Se, per il potere interno del governo, pesa di più il sottosegretario alla presidenza-segretario del consiglio dei ministri, nella realtà del Paese e della politica «politicata», il ministero delle infrastrutture, che assomma lavori pubblici e trasporti, pesa molto meglio. È il principale motore della ripresa, l’unico reale strumento in mano a qualsiasi governo che voglia pigiare il piede sull’acceleratore dell’economia, con effetti moltiplicatori, visto che incide su un’area «work intensive» e, quindi, può regalare numeri importanti nella lotta alla disoccupazione. Per fare un esempio, il ponte sullo Stretto di Messina avrebbe dato lavoro a circa 10.000 operai per un periodo di 5/7 anni. E non solo. Opere strategiche come l’Alta velocità nella tratta Torino-Salerno hanno dato e danno un importante contributo al Pil nazionale e lo daranno se quanto in programma avrà attuazione.
Graziano Delrio rileva comunque una delicata eredità, nella cui gestione le bucce di banana sono all’ordine del giorno.
Ha iniziato pronunciando una banale sciocchezza: «Le opere pubbliche si dividono tra utili alla collettività e inutili.»
È difficile immaginare che, nel sistema istituzionale attuale, qualcuno, Stato, regioni, comuni, metta in cantiere un lavoro la cui utilità non sia evidente. Certo, anche di fronte all’evidenza, la strumentalizzazione dei piccoli gruppi di potere si scatena con i vari movimenti del «No». In parte per il lucro concreto, in numerario, che ne trae qualche capo degli agitatori pronto a correggere il tiro se adeguatamente «interessato». In parte per il lucro politico di una certa popolarità che potrebbe condurre qualche altro capo in consiglio comunale, regionale o in Parlamento. Il metodo è agevolato dalla Costituzione esistente (e in via di modificazione proprio sul punto) che regala a regioni e comuni una specie di diritto di veto su qualsiasi iniziativa interessi il loro territorio. Del metodo, per esempio, proprio la Reggio Emilia di Delrio e la Modena del gruppo storico del Pci hanno usufruito ampiamente in occasione della costruzione del tratto padano dell’Alta velocità. Reggio Emilia ottenendo una stazione (eccentrica rispetto al punto mediano geografico), Modena costringendo le ferrovie a spendere circa o più di 2000 miliardi di vecchie lire per cambiamenti di tracciato di linea ferroviaria e di autostrada. Una sorta di diritto di gabella esercitato come lo esercitava l’originale Ghino di Tacco da Radicofani o il succedaneo Bettino Craxi nel suo periodo di fulgore.
Ora l’exsindaco di Reggio Emilia Delrio, di suo endocrinologo, entrando negli antichi uffici di Porta Pia ha due principali appuntamenti da onorare. Il primo riguarda il suo imprescindibile contributo alla modifica del codice degli appalti, sulla strada della semplificazione estrema. In modo che elementari, banali procedure rendano il sistema trasparente e del tutto «visibile» dal cittadino. In questo capitolo, si inserisce l’attivazione della piattaforma elettronica di cui siamo già, noi italiani, titolari, migliore –a detta degli esperti- di quelle eccellenti attivate da Regno Unito, Germania e Francia. Attraverso di essa, non solo il controllo sociale sarà attivo, ma sarà facilitato il lavoro dell’anticorruzione e del suo presidente Raffaele Cantone, che potrà far esaminare alla propria struttura tutte le evidenze incrociando i nomi di ditte e operatori con quelli di coloro che sono implicati in vicende all’attenzione dell’autorità giudiziaria.
Il secondo appuntamento è con il sistema delle imprese. Nessun occhietto, nessuna condiscendenza, nessuna disponibilità agli interessi di conventicole e di piccole corporazioni. Linguaggio e orizzonte aperto, in modo che la concorrenza sia reale e che gruppi e sottogruppi di pressione (e i consulenti-affaristi che affollano i corridoi del suo ministero) perdano il ruolo che oggi esercitano. Tra essi, in primo piano, il movimento cooperativo, che ha ormai perduto l’«imprinting» etico che un tempo possedeva e che si presenta con ampi margini di opacità.
Entri a piedi uniti in alcuni degli scandali nazionali, primo fra tutti il Mose: disponga subito una «due diligence» che consenta agli italiani di conoscere l’entità degli extracosti pagati. E la affidi a un soggetto di caratura internazionale. E una «due diligence» occorre anche sulle concessioni autostradali. E sbaracchi le strutture, le commissari e le rinnovi. Lei, Delrio, non saprà perché il signor Rossi merita di essere trasferito. Ma lui, Rossi lo sa benissimo. E approfondisca il «dossier» Anas.
Sulle opere, al di là della banale sciocchezza di apertura, il nuovo ministro scoprirà (acqua calda) che ne esistono di più o meno strategiche. Punti sulle prime, su quelle che possono realmente ammodernare l’assetto territoriale del Paese che è in deficit di infrastrutture. Lasci perdere il resto, in coerenza con il modo di vedere la politica del suo «capo», Renzi.
Avrà da scontrarsi con la palude, ma «hic et nunc» è uno scontro che è necessario e che potrà conferirgli l’«allure» che sino a oggi non ha mostrato.
Domenico Cacopardo

2 apr 2015

Ddl corruzione approvato... Italicum prossimo al voto


il successo di Renzi ed il decesso del sistema democratico 
di vincenzo cacopardo

Approvato il ddl sulla corruzione e Renzi giubila.
Le novità più importanti sono l'inasprimento delle pene per la corruzione ed estensione del reato di concussione all’incaricato di pubblico servizio, ma sicuramente il tema più importante e positivo rimane quello che definisce nuovamente il reato di falso in bilancio. l’Aula del Senato ha votato anche se alcune di queste votazioni hanno visto una maggioranza arrisicata. Contrario, di continuo, il voto del mov.to Stelle.

Una più che giusta soddisfazione da parte del Premier-segretario che accenna ad aver corso un serio rischio per una strada non del tutto semplice, ma ormai superata dal traguardo e da un definitivo voto più sicuro alla Camera. Per l'occasione non poteva mancare una breve polemica tra il premier ed il Movimento 5 Stelle, dove qualche parlamentare della maggioranza ha fatto notare che.. se si vuole combattere il malaffare, si esercita il proprio ruolo, senza ostruzionismi continui.

Lo scoglio più difficile per Renzi adesso resta l'Italicum, dove il premier rischia di non avere i numeri nemmeno in commissione Affari Costituzionali. Secondo Bersani ..Renzi dovrà fare i conti con una serie di modifiche da apportare al suo progetto elettorale. In effetti si rischia di entrare in un conflitto all'interno del Partito di maggioranza dove alcune minacce sembrano infuocare il dibattito: La minoranza in seno alla direzione del suo partito ha proposto al premier-segretario di concordare alcune modifiche prima di votare l’Italicum sia alla Camera che al Senato. Ma Renzi rimane sornione e pare fidarsi del proprio partito, pensando meno alle parole e confidando nella consueta fiducia.

Rimane comunque pesante il dubbio di una fiducia persino sulla delicata legge elettorale.. oltre che sulle nuove riforme costituzionali..dando la netta impressione che il sistema parlamentare non abbia più alcuna ragione di esistere..e tendendo sempre più ad identificarsi come un “optional” di una politica condotta con estremo assolutismo dalla solita unica figura governativa. Lo stesso Bersani inveisce in proposito..sostenendo che l'Italia si prende questa legge elettorale senza che nessuno ne sottolinei l'evidente pericolo..Naturalmente sono espressioni che rimarcano un fortissimo malcontento a Palazzo Chigi. Queste le parole di Orfini ( non a caso un altro Matteo che imperversa) "Immaginare che si possa spaccare il Pd su una richiesta di modifiche marginali all’Italicum, dopo che anche su sollecitazione di Bersani è stato completamente riscritto, lo trovo incredibile e incomprensibile". Con queste parole, il fedelissimo di Renzi, invita Bersani a non creare ulteriori tensioni in seno al Partito.

Si ha comunque l'impressione che nel PD si faccia il solito ammuino per poi viaggiare compatti in una sorta di unione imposta da un gioco di convenienze personali. Ma rimane evidente che la nuova legge elettorale insieme alle nuove “pseudo” riforme costituzionali.. promosse dal governo del sindaco d'Italia.. viaggiano veloci per chiudere definitivamente un cappio intorno al collo di una democrazia ormai maltrattata da un decisionismo governativo fuori da ogni regola.
La parola d'ordine è governare..come ed in che modo.. poco importa!..E meno importa l'esigenza di una ricerca alternativa attraverso idee più funzionali...Sul metodo riduttivo oltre che non egualitario rispetto ai valori costituzionali, la presidenza della Rebubblica continua a tacere!



1 apr 2015

Colpi bassi e paradossali analogie..

di vincenzo cacopardo
Ormai sembra essere al centro di un teatrino di una commedia assai più triste. Si usano colpi bassi e la stampa si muove con consuetudine su posizioni politiche di interesse. Il caso di Massimo D'Alema, è paradossale! 
L'ex primo ministro non è nemmeno indagato anche se ripetutamente citato nell'ordinanza per gli acquisti dei suoi vini e dei libri operati da una coop. Ma cosa vuol dire? Chiunque può vendere vino (nel caso appena 2000 bottiglie) e libri (500) a chi vuole..e nella fattispecie poco conta il fatto che sia stato fatto da una coop, l'importante, al contrario di ogni riserva sulle palesi regalie, è che siano stati regolarmente venduti e pagati.
Si tende a voler mettere in parallelo il caso Lupi con quello odierno di D'Alema per alimentare polemica e mondare in qualche modo il gesto assai più disinvolto del ministro dimissionario che, oltre a riguardare un chiarissimo regalo ed un evidente posto di lavoro per il figlio, viene operato da un membro in carica di un esecutivo. E' vero! In certi casi la condanna delle intercettazioni vale più di una sentenza, ma rimane evidente, malgrado si voglia rendere equivalenza, che il fatto mostra una chiara differenza con quello dell'ex ministro Lupi. Inoltre... nel caso di D'Alema.. le frasi riportate de relato, se pur ad effetto, non possono mai costituire alcunchè.
Il caso odierno partenopeo pare toccare oggi anche il governo di Matteo Renzi. Nella rete di intercettazioni non omissate infatti, viene fuori ancora una volta “de relato” il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, fedelissimo renziano anche nell'allora gabinetto nella sindacatura di Renzi a Firenze. Una storia tutta da vedere oggi in mano ai giudici..ma si sa di certo che l'ordinanza riporta altre intercettazioni agli atti dell'inchiesta come spiega la stampa:”Questi riguarderebbero direttamente sia Lotti che il premier Renzi. Ambedue registrati al telefono mentre parlano con il generale delle fiamme gialle Michele Adinolfi, intercettato perché la procura di Napoli l'aveva indagato per corruzione proprio per l'inchiesta sulla metanizzazione di Ischia sfociata negli arresti di lunedì scorso”.
Sapremo solo più in là se queste intercettazioni tra il generale Adinolfi, il premier ed il suo vice.. avranno una loro importanza, ma pur ritenendosi oggi di minore importanza per l'indagine, provocano ulteriore imbarazzo all'esecutivo.. già di per sé impelagato nelle perenni e notevoli difficoltà di superare una delicata crisi economica, di lavoro e di riforme costituzionali.  

L'ambizione di una governabilità e la falsa teoria del finanziamernto ai partiti



Una personale critica al pensiero politico odierno su governabilità, finanziamento ai partiti.. e rigenerazione delle figure
di vincenzo cacopardo

Nella gran confusione dell’odierno sistema politico istituzionale e nella inerente incertezza, sembra quasi una follia..per ogni figura.. tentare una scalata ad una posizione governativa! Coloro che pensano alla politica nel senso più utile…e cioè..che la vivono co la forza di una vera passione e la percezione di una responsabilita', non potrebbero oggi nemmeno aspirare ad inserirsi in un’attività governativa, quando... al contrario.. avrebbero il dovere di lavorare per costruire una base solida sulla quale poterla fare poggiare..

Credo che al momento attuale non vi sia spazio per la generazione di governi solidi e sicuri.. e pare davvero assurda questa corsa verso un qualunque esecutivo che per logica non può essere supportato da una politica di base forte e sicura...Per chi la pensa come me.. questo è assai significativo per far capire come.. tutti coloro che anelano a voler governare..dimostrino, oggi di non amare una vera politica.. poiché regolarmente spinti da una brama illogica che non dimostra alcun vero amore per la ricerca delle soluzioni, ma solo la conquista di un potere! ..Con ciò non posso di certo escludere l’importanza di un governo, ma vorrei che si identificasse più come un’esigenza di un servizio per il Paese e non come pretesa di poter progettare e programmare in barba a qualunque altro principio democratico..(Questo almeno fino a quando non sarà sostenuta da quel necessario supporto di una forte piattaforma politica di base).

Credo anche che in un sistema di democrazia compiuta l’opera di stimolo dei programmi debba determinarsi dal basso con estrema libertà sulle idee attraverso le quali, come ogni successiva deduzione, dovra' seguire un percorso di realizzazione attraverso un funzionale esecutivo…al Parlamento, infine, un ruolo più utile e fattivo di operare sul metodo attraverso le normative. In tal senso si evita di ingabbiare la dialettica politica dovuta ai Partiti, attraverso un dialogo con i cittadini, venendosi a determinare un più logico indirizzo per le esigenze della società.

Più aumenta il peso del denaro nel sistema ..più si svilisce il valore della politica nella società.
In proposito ai finanziamenti dei Partiti..quindi...ci sarebbe molto da dire sull’abolizione della mano pubblica. Riesce davvero difficile poter comprendere come si possa pensare oggi di togliere un finanziamento pubblico ai Partiti che operano nel campo della politica e del sociale: Che sia certo che si debba porre un limite stabilito attraverso delle regole, è più che logico ed indispensabile..... ma pretendere di poter ottenere un risultato migliore attraverso l'abolizione di un finanziamento pubblico.. è pura illusione.

Ricordiamo che nel recente passato la Camera ha definitivamente approvato la conversione del decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. L’abolizione non avverrà subito, ma nell’arco di tre anni, e il finanziamento pubblico sarà sostituito da un un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il finanziamento pubblico – che formalmente, oggi, è un “rimborso elettorale”, viene quindi abolito, ma non immediatamente: Nel 2014 i fondi erogati ai partiti saranno tagliati del 25 per cento, nel 2015 del 50 per cento e nel 2016 del 75 per cento. Dal 2017 questo tipo di finanziamenti diretti dello Stato, in forma di rimborsi, saranno completamente aboliti. 

Cosa potrà mai comportare una netta abolizione di un finanziamento pubblico da parte dello Stato?..Se si vuole interpretare a scopo propagandistico che ogni finanziamento pubblico equivale a mantenere una politica spendacciona ed inoperosa, la risposta potrebbe essere quella di provvedervi attraverso regole più precise e rendicontazioni controllate..senza alcun bisogno di abolire in toto i finanziamenti, ma soltanto contenendoli... Se invece si pensa che in tal modo la politica possa diventare più corretta e funzionale, si commette il solito peccato demagogico affermando logiche qualunquiste. La politica ha i suoi costi!.. e se anche questi devono essere controllati e contenuti ..sarebbe molto meglio farlo attraverso una mano pubblica. 

Quando oggi, attraverso le nuove normative che si pensano essere innovative, si offre ai privati di foraggiare una politica... non si fa altro che favorire interessi personali ed un successivo malcostume. Un finanziamento privato, opera in dispregio delle logiche più appropriate... imponendo un criterio di natura privatistica che premia solo gli interessi di chi finanzia...Altro che lotta alla corruzione! 
Al di là di chi decide o no di versare il due per mille ai partiti..nel momento in cui si accettano le donazioni.. tutto cambia e tende a modificarsi in base ad interessi precisi: I privati che potranno dare fino a 100 mila euro l’anno (cifra che nel corso di questi anni potrebbe anche cambiare in eccesso) usufruiranno una serie di detrazioni fiscali sulle cifre donate..come anche le persone giuridiche, cioè le società e gli enti. Ma se anche i pagamenti dovranno essere tracciabili, conoscendo il Paese e lo strapotere di coloro che possono dare sfogo ai propri interessi, tutto rimarrà molto permeabile sia nel limite che nel tracciabile.

Il segnale più utile resta quello di un dimezzamento netto dei compensi agli onorevoli..un segnale che darebbe a tutti i politici vantaggi in termini di immagine, immagine che.. oggi.. sembrano aver perso!..Ma un segnale piu' significativo potrebbe essere quello di una speranza di rigenerazione della stessa classe il chè.. non vuol proprio indicare un’età, ma una capacità di saper costruire il futuro della politica in termini di vera innovazione attraverso una visione più lungimirante accompagnata da un sano equilibrio…Più nel male che nel bene..in tanti, ormai, hanno detto e fatto quello che avevano da dire e fare…sarebbe l’ora che si mettessero da parte..il loro tempo si è esaurito!

un commento sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo



L'insistenza di Domenico Cacopardo in favore dell'operato del Premier ..dà molto da pensare a come si possa valutare positivamente un lavoro politico condotto con ostinazione, ma pur sempre in barba ad ogni riferimento verso i principi fondamentali di una democrazia.

Per l'occasione, quindi, non posso astenermi dal criticare la forza di questo renzismo ..non tanto verso le sterili riforme sul lavoro, quanto proprio in direzione di quei termini del combinato tra la nuova legge elettorale e le riforme costituzionali, i quali.. insieme.. non determinano altro che un perentorio autoritarismo governativo della peggiore specie.

Quello che in realtà si vuole nascondere è l'insieme di tutte queste riforme (senato-titolo quinto- monocameralismo-legge elettorale-finanziamento privato ai partiti) che, in nome di una stabilità, fanno di tutto una vera capitolazione della democrazia in favore di una governabilità imposta dall'alto.
Credo anche..che facciano tanto male ad una politica di vero funzionamento le continue metafore su truppe guidate o squadre di calcio.. o similari...che non fanno altro che distogliere l'attenzione su una vera ricerca innovativa: Qui nessuno può ergersi a generale poiché non è di truppe che si ha bisogno, né di squadre di calcio, ma di idee confacenti l'accompagnamento ad un sistema di cambiamento in favore di un assetto democratico confacente la nostra cultura politica.

E' chiaro che questo cambiamento di stampo renziano sia stato costruito a tavolino dai poteri che esercitano in Europa una forza al di sopra della politica di ogni Paese. Per quanto riguarda l'Italia si è volutamente scelto in Renzi l'uomo pragmatico e cinico oltre che deciso ed ambizioso... per operare un cambiamento politico frettoloso e sbrigativo in favore di un sistema bipolare ed appresso bipartitico che possa definirsi e sposarsi in un comune ambito europeo...Quella che potremmo definire come una sorta di globalizzazione della politica!

Ciò potrà portare forse una stabilità in Europa, ma porterà decisi scompensi in seno al nostro Paese.. sia nella fase di costruzione dello stesso cambiamento (come adesso avviene).. che nella sua definizione, poiché la nostra Nazione dovrà contrastare una diversa formazione politica basata ancora su differenti ideologie, culture sicuramente più profonde ed evidenti diversità territoriali. Inoltre la definizione stessa radicata sulle due monolitiche posizioni.. non potrà più definire la variopinta spinta alle idee che rappresentano la vera crescita di una sana e funzionale politica. 

Ma questi sono oggi argomenti difficili da comprendere per chi ama semplificare una cultura politica a beneficio di un pragmatismo tanto radicale..quanto cinico.. che continua a premiare la sicurezza di alcune categorie oggi avvantaggiate.

Se oggi la fortuna premia Renzi..grazie alla svalutazione, al quantitative easing ed al prezzo del petrolio, non è detto che debba ripetersi in un fututo dove le riforme potranno bloccare il giusto percorso di una democrazia ed una forbice sociale tra ricchezza e povertà potrà aprirsi a dismisura. 
vincenzo cacopardo 



Un bravo generale sceglie con cura il campo di battaglia, crea divisioni nel nemico, attacca nei varchi dello schieramento avversario, penetra a fondo e ne sconvolge le linee.

In fondo, Renzi –sembra istintivo, ma è freddo, cinico calcolatore- si sta comportando come il capo di un’armata in movimento. Sin dall’inizio, il suo obiettivo era vincere la guerra e le prime battaglie (perdute) per la «nomination» a segretario del Pd (contro Bersani e Marino) non erano che studiate simulazioni in vista dello scontro finale, quello che, nel dicembre 2013, lo condusse alla carica di segretario del partito e, dopo poche settimane, alla presidenza del consiglio.

In questi giorni, è stato definita la “madre” di tutte le battaglie: la discussione e l’approvazione alla Camera dei deputati della nuova legge elettorale.

Il terreno sembra così arato che, lunedì, le minoranze del partito hanno preferito non partecipare al voto, piuttosto che contarsi. Bersani (che smacchiava i leopardi), ha trascorso le ore della riunione più fuori della sala che dentro a testimoniare impotenza ed estraneità. A simboleggiare che il mondo degli excomunisti e degli exdemocristiani confluito nel Pd è finito senza possibilità di recupero. L’Italia sociale e politica è cambiata e lo svelto boy-scout fiorentino se n’è appropriato. Non gli avevano creduto quando parlava di ‘rottamazione’. Hanno sbagliato. Non solo ha accantonato la vecchia guardia, ma, ora, con la legge elettorale, caccerà anche la nuova non omologata al suo progetto: la Camera elettorale che uscirà dall’Italicum sarà disegnata a immagine e somiglianza del «premier» e questo non è un viatico di certezze.

Nell’incipiente monocameralismo, il Parlamento del primo ministro-segretario del partito finirà per essere la cinghia di trasmissione delle sue decisioni senza capacità critica né bilanciamento dei poteri.

Di questo si è trattato lunedì. Di questo si discuterà in aula a fine mese.

Alcuni con consapevole rassegnazione, altri con incosciente e opportunistica adesione, altri ancora con calcoli elettoralistici determineranno la maggioranza favorevole, nella quale non ci saranno sparuti gruppi del Pd, compensati dal soccorso variopinto di transfughi e schegge di vari partiti di centro, di centro-destra e di destra, tutti interessati alla fine della seconda Repubblica a favore di una terza, di cui si intuiscono i connotati.

Sullo sfondo, si agita Landini con la sua coalizione sociale: lo sconfittismo sociale e politico si appresta all’estremo sacrificio di un altro fallimento. Credono di marciare in avanti, ma hanno il capo rivolto all’indietro e sbatteranno contro il muro della realtà. A Melfi, il modello Marchionne, contestato da Landini, ha vinto, creando nuova occupazione e successo industriale.

Nulla, quindi, che possa mettere in discussione la marcia del «generale» Renzi: nemmeno i grillini che, malinconicamente, registrano una crescente ininfluenza e il cadente logorio di un capo-despota senza qualità politiche.

Renzi, per ora, è un leader fortunato: anche la Ferrari e la Ducati rilanciano l’immagine mondiale della meccanica italiana e di un’Italia in ripresa (salvo sorprese dall’Expò).
domenico Cacopardo
















31 mar 2015

Le bolle di Crozza....


di vincenzo cacopardo

"La legge elettorale è sempre stata la chiave di lettura di questo cambiamento che proponevamo".
Con queste parole il Sindaco d'Italia.. Premier e capo del PD.. mette in subbuglio il suo partito spaccandolo.. in forza della propria maggioranza... In sostanza la cosidetta minoranza (forte con le parole ..ma pur sempre...pavida nei fatti) non vota.. chiedendo alcune modifiche alla legge elettorale prossima all’esame della Camera.

Ancora una volta il Premier si impone col suo determinismo che lo identifica in frettolose e poco funzionali, azioni in sfavore di una politica democratica, asserendo tassativamente la data del 27 aprile per portare la legge in Aula...e sottolineando, con altrettanta assoluta fermezza, che a maggio bisogna porre fine alla annosa faccenda.

Sparita quindi ogni percezione democratica in un percorso che vede ormai un Premier governare come gli pare e che sottomette da tempo al suo volere una politica parlamentare in favore di una rischiosa azione frettolosa oltre che approssimativa. Non esiste più una vera politica in questo nostro Paese!.. Un Paese che continua a non percepire il senso della democrazia identificandolo con pressappochismo ad un modello in cui si concede la libertà di decidere soltanto al governo attraverso l'uso di impedimenti e veti. Assai poco contano le parole dei dissidenti del partito di maggioranza che sembrano trastullarsi ponendosi con un passo indietro e due a favore.. pur di non perdere una comoda poltrona in seno ad un partito che esprime ormai il massimo dell'ipocrisia.

"Qui ci giochiamo la fiducia dei cittadini". Queste le parole di Renzi che, nella qualità compromissoria del doppio incarico di Premier e segretario di partito (al quale nessuno continua a non porre importanza), propone al suo partito piena fiducia sulla legge elettorale: Non è tanto la preferenza bloccata (malgrado questa necessiti preventivamente di una chiara riforma di Partiti), ma il ricco premio di maggioranza con la soglia del 40 % di fronte ad un Paese in cui votano solo i 50% dei cittadini a destare dubbi. Inoltre rimane il perenne conflitto d'interessi (più che sottovalutato da una certa politica) tra esecutivo e parlamentare, mai risolto. Poi lo strano ballottaggio... Tutto ciò... includendo la definitiva scomparsa di un bicameralismo.. porta tale legge elettorale a non modificare nulla rispetto ad un evidente egemonia di un governo che non sembra mai essere edificato per volontà di un popolo.

Le storture e le evidenti anomalie derivanti distruggono definitivamente ogni pricipio democratico, dando ragione solo al principio assoluto di chi, come Renzi, pensa che la democrazia è decisione dall'alto..e non, invece, un fine voluto e costruito dal basso. Ipocrisia, semplificazione, decisionismo ed anomalie continue.. unite ad una imposizione voluta solo per una chiara mancanza di una vera opposizione portata attraverso le idee, riducono la politica di questo Paese in uno stato di frustrazione dove i veri valori si perdono in favore di inefficienti provvedimenti frettolosi e infruttiferi per il futuro. Poco importa se Renzi perde o non perde pezzi del suo Partito quando quello che va perdendosi è un vero cambiamento funzionale in favore delle istituzioni e della vita politica del Paese.

La mancanza di uno studio di ricerca preventiva nella quale i Partiti avrebbero dovuto immedesimarsi si riscontra oggi con una infelice realtà spinta ipocritamente da un saccente sindaco che impone con alterigia continue fiducie ed intimazioni... persino deridendo attraverso l'uso in una particolare comunicazione e con un atteggiamento di spocchia espresso in modo efficace dal bravo imitatore Crozza..quando lo emula.. con particolare intuito.. nell'uso delle bolle di sapone.



Una nota al nuovo articolo di domenico Cacopardo

Ha ragione Domenico che con questo suo articolo su “Italia Oggi”..non fa che scoperchiare.. mettendo in evidenza l'inefficienza di una giustizia che oggi si intende riformare attraverso una assurda e prevelente logica della prescrizione.
Pur non avendo una chiarissima conoscenza degli atti relativi ai fascicoli sul caso Amanda Knox e Sollecito, risulta ben visibile l'inquietante metodo con il quale viene gestita la giustizia penale in questo Paese. Preoccupante in quanto il rinvio tra una Corte e l'altra, hanno finito col rendere il caso e le sue sentenze contraddittorie.
Rinvii con sentenze completamente sovvertite che non danno alcuna certezza sull'andamento del nostro sistema giustizia. Per non parlare di una certa approssimazione circa il metodo usato da una certa giustizia civile.
Domenico Cacopardo mette giustamente in evidenza i casi odierni più discussi ed esaltati.. costruiti con la complicità innata di una certa stampa sempre pronta ad esaltare o biasimare certi episodi. L'impressione che qualcuno voglia volutamente portare maggiore confusione.. potrebbe essere valida. Resta il fatto che la giustizia dovrebbe poter lavorare meglio e con maggiori risorse. “
vincenzo cacopardo


Certo, è un caso giudiziario come tanti altri, ma la notorietà della vicenda di Amanda Knox e di Raffeale Sollecito è tale da gettare la giustizia nazionale nel tritacarne critico dei giornali di tutto il mondo.
Solo i teppisti che circolano per le redazioni italiane (usando informazioni che provengono dagli uffici dei pubblici ministeri o che sono usati essi stessi dai medesimi operatori di giustizia per far conoscere al mondo le indiscrezioni che servono alle loro strategie processuali compreso lo sputtanamento preventivo del presunto imputato) non si scandalizzano e non si pongono domande su un metodo di lavoro che incide traumaticamente nella vita civile del Paese, non solo per le geometrie impazzite del «penale», ma anche per l’assenza vicina al totale del «civile».
Per capire cosa si pensi in giro dell’Italia e della sua giustizia, citerò le parole che, sul caso, ha speso Alexander Stille professore di giornalismo alla Columbia University e collaboratore di The New York Times e di The New Yorker, rispettivamente il più prestigioso quotidiano del globo e il più raffinato settimanale americano.
Scrive Stille, tra l’altro, che con 8 processi, Amanda e Raffaele sono stati espropriati di quasi dieci anni di vita, in parte trascorsi in carcere insieme alla disperata umanità che lo popola. E che non crede che la Knox sia colpevole in quanto il capo di accusa non presenta una ragionevole (oltre ogni dubbio) spiegazione del delitto. Una coppia in preda a una passione incipiente avrebbe definito con un vagabondo-truffatore (Rudy Guede) un piano per uccidere la coinquilina di Amanda. Non essendoci un motivo attendibile i pubblici ministeri ne hanno immaginato vari e bizzarri come l’appartenenza a una setta satanica o un gioco sessuale tragicamente conclusosi. E poi, la completa assenza di prove fisiche: il dna di Guede è in tutta la scena del crimine, ma nulla si trova dei due presunti assassini. Tutto è collegato alla confessione della Knox, estorta dopo una intollerabile pressione psicologica nei suoi confronti: la restrizione in carcere, il susseguirsi di interrogatori stringenti. La vittima, Amanda, non è italiana e ha una conoscenza sommaria della lingua e si trova in un girone infernale di cui non capisce il linguaggio e gli obiettivi.
Dopo giorni di martellamento, Amanda crolla e coinvolge il suo datore di lavoro Patrick. Ma questo ha un alibi di ferro e l’accusa cade. Tuttavia il resto della cosiddetta confessione viene considerato attendibile e usato in dibattimento.
Un metodo che ricorda l’uso delle cosiddette confessioni del figlio di Ciancimino (definito eroe dell’antimafia), spesso smentite dai fatti, ma ritenute per il resto pertinenti.
Non c’è dubbio che, con la più recente sentenza della Cassazione sul caso Knox-Sollecito si sia constatato come la giustizia penale italiana non vada bene e che debba essere riformata.
Se pensiamo alla corruzione (che è di moda in queste settimane, dopo tante lamentazioni dei procuratori della Repubblica e centinaia di articoli dei loro amici, con la recente ostensione della reliquia Antonio Di Pietro, mai come ora sugli schermi televisivi), e cerchiamo qualche statistica, scopriamo che oltre il 50% dei processi (pochi) imbastiti termina con l’assoluzione di tutti o di qualche imputato. E allora? È una questione di pene, di prescrizione o di capacità processuale di collegi e procure?
Purtroppo, dopo il trasferimento della titolarità delle investigazioni dagli organi di polizia ai pubblici ministeri, c’è stato un crollo di risultati. L’unico strumento canonico d’indagine è l’intercettazione telefonica, che viene usata a tappeto, sia quando c’è un elemento concreto su cui puntare, sia quando la notorietà della fattispecie o dei protagonisti induce una procura a metterli sotto esame.
Del resto, anche l’ultimo scandalo, quello di Incalza, viene fertilizzato sulla stampa da notizie piuttosto sconcertanti: il rinvenimento di piccole somme in euro (piccole rispetto alla mole dell’impianto accusatorio) o il trasporto di scatoloni dal ministero ad altra destinazione, le cui fotografie recano la suggerita didascalia che negli stessi potrebbero essere occultate somme di denaro. Ma se sono stati i Ros a fotografare e filmare i preziosi scatoloni, perché a un certo momento non sono intervenuti per sequestrarli, aprirli e conquistare la prova del passaggio di soldi (illeciti)? Una specie di nuovo caso Riina, con l’accusa (permanente) di non avere perquisito il suo covo?
E poi, a margine del caso Incalza, qualcuno apre una questione Guido Improta, assessore alla mobilità del comune di Roma, che sarebbe implicato in una discussa (e censurata?) decisione relativa alla metropolitana di Roma. Ma un avviso di garanzia non è mai arrivato. In compenso, il premio Nobel Marino, sindaco di Roma, insieme a Matteo Orfini ha stabilito una preliminare e pregiudiziale solidarietà con il nonimputato, compromettendosi e compromettendolo se ci fosse realmente un file giudiziario che lo riguardi.
In un paese così scombinato, sono molti quelli che fanno la loro parte per scombinarlo ancora di più.
Domenico Cacopardo


29 mar 2015

La figura del Presidente.. nella evidente mancanza di un raccordo


di vincenzo cacopardo
Sembra che il nuovo capo dello Stato non voglia esprimersi nemmeno nel metodo scelto per le nuove riforme costituzionali da un impetuoso governo guidato da un presidente del consiglio alquanto frettoloso e saccente..nè su quelle riguardanti la legge elettorale che ne producono un combinato disposto irriverente e derisorio nei confronti di un sistema che intende ancora chiamarsi “democratico” .
Con tutto il rispetto che si deve ad una figura nobile come quella del nuovo Presidente, si ha la sensazione che anche Mattarella, come altri, si sia seduto su di un sistema nel quale la logica della semplificazione e degli interessi governativi pare affermarsi su ogni altra considerazione di tipo democratico garantista. Eppure il suo passato di membro della Corte Costituzionale dovrebbe indurlo a valutare con maggiore sensibilità tale processo di rifome imposto con un criterio a dir poco anomalo ed inconsueto.
Trattandosi di un considerevole numero di riforme tendenti a stravolgere l'impianto istituzionale voluto dai padri costituenti (esperti..oltre che fortemente istruiti in materia) risulterebbe utile muoversi in termini di un metodo più appropriato.. Pur lasciando da parte ogni riferimento al merito di queste riforme (che, invero, potrebbero anche portare danni peggiori nel futuro politico del Paese), avrebbe sicuramente fatto piacere un intervento in proposito... ascoltando le osservazioni di metodo da parte del nuovo Capo dello Stato. Considerazioni che in realtà gli appartengono in qualità di garante di un sistema di democrazia che dovrebbe vedere nel parlamento il punto centrale di tutta la politica istituzionale.

- Se è vero che “la mancata attribuzione dei poteri di indirizzo politico al Presidente della Repubblica, fa sì che tali poteri vengano accentrati nel raccordo Parlamento – Governo”.. è anche evidente che questo raccordo oggi si sia intaccato e dovrebbe destare serie preoccupazioni per la garanzia dello stesso principio di democrazia: i due ruoli ( Parlamento – Governo) non riescono più ad operare in condizioni di indipendenza e, pur nella loro distinzione funzionale, risultano condizionati da un pressante potere partitico che li sottomette al proprio interesse. 

Renzi oggi rappresenta l'evidenza di tutto ciò e quella tendenza equilibratrice che si voleva tramite il “raccordo”, non pare possibile. La centralità del Parlamento non determina più la sua vera fondamentale funzione ed ogni azione governativa finisce sempre col prevalere e condizionare pragmaticamente su ogni indispensabile percorso politico parlamentare...
Chi ..se non un garante (e non proprio un arbitro, come oggi si usa dire) come il Presidente della nostra Repubblica, dovrebbe intervenire? Quella mancata attribuzione di poteri di indirizzo politico non potrà mai ostacolare un primario dovere di garanzia verso una corretta democrazia.



28 mar 2015

Pubblica amministrazione, politica e burocrazia

L'interessante analisi di Domenico Cacopardo circa le problematiche inerenti la Pubblica Amministrazione..colgono nel segno e corrispondono esattamente a ciò di cui il mio Forum si è spesso occupato. 
Non v'è dubbio che debba essere compito della politica controllare ed intervenire per dettare nuove iniziative in proposito. Il concetto di innovazione non sembra affatto appartenere a questo governo e la sua opera di riforme più che paradossale appare sprovveduta e totalmente priva di idee.
Per quanto riguarda la PubblicaAmministrazione e la conseguente componente burocratica ormai radicalizzata.. si potrebbe comprendere il tutto nel contenuto di una metafora già adoprata dal sottoscritto: "Paragonando il sistema in cui viviamo e nel quale ci rapportiamo, ad un campo sul quale andrebbero coltivati i semi (nuove regole e principi costituzionali di un nuovo sistema politico più utile). Il suo frutto dovrebbe essere quello della “democrazia funzionale”. Ma se il campo è malato, arato male, senza un’attenta concimazione, il seme non crescerà mai bene ed il raccolto sarà inevitabilmente il frutto di tutto ciò: un raccolto guasto (ovvero una democrazia non definita), al quale si aggiungeranno i parassiti ( la burocrazia) che divoreranno questo raccolto rendendo il campo una coltre ancora più desolata."
Questa metafora individua nel campo un "sistema" che andrebbe ricomposto in modo da potervi ripiantare i nuovi semi per l’attesa e la crescita di un buon raccolto e per evitare l’arrivo di qualsiasi altro parassita. Ma chi può farlo se non un contadino?...Come ugualmente ..chi può intervenire sul sistema istituzionale e della pubblica Amministrazione.. se non la politica? Oggi il parassita della “burocrazia” regna sovrano in un Paese che soffre in concorrenza, crescita e funzionalità, la burocrazia sembra persino esser fomentata da chi gestisce quello stesso potere politico: Essa torna utile poiché, il disbrigo della stessa, rende ancora più forza a chi, il potere, lo gestisce.
Se, a questa, aggiungiamo l’assoluto e dilagante cinico pragmatismo delle rigide ed immutevoli istituzioni, allora il Paese e la sua società civile continueranno a perdurare in una realtà simile a quella di un basso medioevo. Bisognerebbe spingersi verso un nuovo rinascimento, riarando il suddetto campo per l’attesa del buon raccolto ed il rifiorire dei valori più corretti utili alla società.

Questa è l'unica vera ragione per la quale non si può che condannare politicamente chiunque tra ministri, sottosegretari o alti dirigenti, i quali, se pur passivamente e senza colpe dirette... assistono ancora inermi e succubi al deterioramento di tale sistema amministrativo.
vincenzo cacopardo




Scrive Domenico Cacopardo
Le sensazione è che le parole, critiche o positive, siano gettate al vento. Nel mondo che, per ora, ha vinto le prime tappe di questo paradossale «Giro d’Italia» non contano i contenuti, le norme, ma soltanto gli annunci: riforma di questo, riforma di quello, purché sia spendibile la parola riforma, tutto va bene anche se, in concreto, non riforma nulla. A meno che non si tratti di questioni che mettono in discussione la primazia di Renzi sul suo partito, sul governo, sul Parlamento, sul Paese. Perciò, una sballata trasformazione del Senato diventa la linea del Piave insieme alla nuova legge elettorale, che consegnerà la Camera dei deputati nelle mani del «premier» e dei suoi più fedeli seguaci, anche quelli che non supererebbero i test «QI» (quoziente di intelligenza) in uso nelle forza armate per il reclutamento dei militari.
Anzi, meno sono autonomi di testa e di carattere meglio si adattano al sistema cui aspira Matteo Renzi, più sono congeniali alla sua «Weltanschauung» (visione del mondo). Lo so, è eccessivo ritenere che il «premier» abbia elaborato una «Weltanschauung», tuttavia, istintivamente, è portatore di un’idea della politica che possiede una sua coerenza interna.
L’occasione per riflettere viene suggerita da una delle tante riforme “finte” all’esame del Parlamento: la pubblica Amministrazione e, in particolare, la dirigenza pubblica.
Il «mood» è vecchio e, ogni volta che si affronta il problema, torna in modo peggiorativo. In questi giorni, l’iniziativa viene attribuita a un senatore Pd exdemocristiano, colto, anche lui, sulla strada di Roma da una conversione renziana. Si tratta di Giorgio Pagliari che si intesta la decrepita idea di garantire la cosiddetta terzietà dei manager pubblici e la loro indipendenza dall’autorità politica.
Evidentemente, questo signore, insieme al premio Nobel politico Marianna Madia, non legge i giornali né –ma questo è normale- nulla di ciò che nel mondo s’è scritto sul ruolo della burocrazia e sui suoi rapporti con la politica.
Sarebbe bastato prestare un po’ d’attenzione alla vicenda Lupi-Incalza per constatare ciò che è ormai a conoscenza di tutti: dopo Tangentopoli, la titolarità dei rapporti tra lo Stato e le imprese, tra lo Stato e i cittadini, è passata dalla politica alla burocrazia, cui, di fatto, competono le relazioni proprie e quelle improprie, cioè corruttive.
La terzietà dei manager, prima che una sciocchezza conclamata, è un’illusione: chiunque occupi un ruolo di potere burocratico lo gestisce nel modo più lucroso possibile per sé e per le proprie relazioni politiche.
La strada quindi è diversa: rendere trasparenti i rapporti tra le due aree dello Stato, in modo che alla responsabilità politica siano effettivamente attribuibili le decisioni e i comportamenti della burocrazia. Non a caso, negli Stati Uniti vige uno «spoil system» generale e, in Francia, dove la burocrazia ha un prestigio che noi sognamo, la politica ha il dovere di governare e di controllare le azioni di coloro cui sono attribuite funzioni operative.
Il nuovo dirigente pubblico disegnato dalla Madia e da Pagliari è vecchio e irrecuperabile a un processo di rilancio del Paese.
Il manager pubblico considera i «file» di cui deve occuparsi come un coltivatore diretto pensa al suo campo: vanno coltivati, gestiti, utilizzati e tenuti in caldo per tutto il tempo possibile, giacché «L’arretrato è potere» e la legge «si applica, ma per gli amici si interpreta».
La verità è che la burocrazia, questa burocrazia, e la dirigenza, questa dirigenza, sono perdute e debbono essere abbandonate al loro destino, magari con un prepensionamento.
Madia e Pagliari non sanno, né possono sapere che quando un’azienda deve cambiare, attivando una trasformazione di processi e di prodotti, accantona il personale sin lì occupato nei sistemi e nei prodotti in via di abbandono, e attiva «task forces» (nelle quali può essere inserito, previa adeguata formazione, qualcuno dei ‘vecchi’ purché abbia ancora l’età per imparare) intorno alle quali si costruisce la nuova azienda. Ed è questo il caso di un’Amministrazione pubblica, nazionale, regionale, comunale nemica dell’innovazione e incapace di fornire al cittadino un servizio adeguato al terzo millennio.
Lo so. Questo è pretendere troppo. Ma rimane la constatazione di trovarci di fronte a un’ennesima riforma finta che cambierà qualcosa per lasciare le questioni sostanziali com’erano nel 1948, nel 1980 e ieri.
domenico cacopardo