13 set 2012

Le riforme e la ricerca di una governabilità



    Innovazione ed equilibrio principi necessari 

(RIFORMARE I PARTITI- DEFINIRE E SEPARARE I RUOLI- LEGGE ELETTORALE FUNZIONALE AL NOSTRO SISTEMA)

L’argomento delle Riforme non può che essere primario per uno sviluppo concreto del Paese.  La politica ha una fondamentale ragione di esistere! Occorre, però, battersi per la ricerca di una sua funzionalità ed, a tal fine, sarebbe necessario operare adeguate riforme potendo garantire più democrazia e giustizia. Equilibrio ed innovazione, dovrebbero fondersi al fine di costruire un percorso più moderno ed utile! 

L’Europa parrebbe essere una realtà e sembrerebbe si stia lavorando con un preciso obiettivo che vedrà un unico parlamento europeo ed un’amministrazione locale affidata alle singole Regioni. Se così sarà, ci si dovrebbe, oggi, impegnare per una fattiva costruzione di passaggio che possa fare da utile filtro. In questo quadro, ogni politica nazionale potrà acquisire un ruolo rilevante.


Ma il processo di costruzione dell’Europa non deve essere imposto solo da un mercato e non può più frustrare le differenti realtà culturali che le stesse Regioni inevitabilmente tendono a difendere. Ecco perchè, proprio la politica nazionale dei singoli Paesi, può acquisire un importantissimo ruolo, da un lato, stemperando le pretese di una economia comunitaria tendente a dettare regole pragmatiche e dall’altro, stimolando e salvaguardando le antiche culture dei territori meno progrediti.

Il futuro della società è sicuramente legato alle scelte equilibrate della politica di tutti i Paesi. L’equilibrio è certamente il più importante principio per una società che mira ad  una crescita. Una crescita che guardando al progresso, possa trovare una via di mediazione tra mercato, produzione, etica, vivere sociale e persino arte e poesia, poiché tutte queste sono esigenze di vita necessarie per qualunque comunità a cui l’essere umano appartiene.


Nella vita politica la parola “democrazia” è comunque in stretta connessione con la parola “equilibrio” per la determinazione delle scelte di una vera società civile. Nell’azione politica, risulta essenziale per la ricerca delle formule da adattare a qualsiasi riforma: - Non vi saranno mai riforme giuste, senza quell’equilibrio che imponga, agli stessi autori, la duttilità necessaria che possa meglio spingerli verso una partecipazione costruttiva.. meno di parte e più aperta agli obbiettivi problemi di una società.

Il principio dell’equilibrio, sicuramente valido in ogni campo, rimane particolarmente fondamentale per ciò che  riguarda la creazione di quelle riforme che rappresentano la base fondamentale del percorso della politica. ..Nella giustizia, rimane una esigenza, peraltro contraddistinta da una emblematica bilancia in perfetta simmetria,  un baluardo da proteggere ad ogni costo, ..mentre in politica, sembra assumere un aspetto di minore importanza.

Si tende oggi a partire dalla base assoluta di una nuova legge elettorale che vuole immaginarsi rivolta al miglioramento di un buon iter istituzionale ma, per evitare fini personali o di potere, sarebbe più utile costruire regole a difesa di questo stesso iter. Assistiamo a scontri politici riformisti basati su scelte che non promuovono idee veramente innovative e sembra che, per la nuova tendenza alla semplificazione, si voglia metaforicamente tagliare il nodo del problema per non scioglierlo. Per far ciò, si fa riferimento e ci si accosta ai processi politici evoluti delle altre Nazioni prendendo ad esempio i loro sistemi. Bisognerebbe, anche se non risulta facile, trovare un modello innovativo che possa garantire libere scelte democratiche e contemporaneamente un’appagante stabilità governativa, ma è anche vero che oggi non si fa nessuno sforzo per trovare una soluzione ottimale in questa direzione proprio perché si è bloccati da una visione non adeguata ai tempi. Una visione, fin troppo esterofila, che ne frena in modo anche pretestuoso l’innovazione.

Sistemi maggioritari, bipolarismi affrettati ed addirittura bipartitismi, non possono che accentuare il distacco tra i cittadini ed ogni esecutivo  rischiando di costruire un autentico solco che separa sempre più il Paese da una vera politica: Anche il più attento cittadino, finirà  esausto e, distratto da problemi logistici che invaderanno la convivenza di una sempre più spedita società, si mostrerà cinicamente sottomesso a questi modelli sempre più semplificativi di funzionamento della  politica. Non ci si può assolutamente meravigliare, quindi, di una disaffezione da parte di molti cittadini che vorrebbero più chiarezza. Abbiamo un quadro politico che sembra muoversi con uno scopo  rappresentato esclusivamente da una governabilità forzata che continua a prestare il fianco ad uno strano sistema.

Si potrebbe azzardare che sarebbe preferibile vedere più Partiti in Parlamento per garantire una migliore espressione di vera democrazia. Ben altro rimane un concetto di stabilità governativa che potrebbe essere ricercato ed espresso differentemente anche in ruolo distinto.


Nel nostro Paese, oggi, si crede di poter avviare processi più funzionali, ma con la nuova formula bipolare si rischia di continuare a costruire governi frutto della fusione di alcune forze politiche che, nel momento o per opportunità, si accorpano dando forza ad una maggioranza quasi inventata. Un sistema sempre più compromesso da logiche posizioni di convenienza ed illogiche posizioni di convivenza.

Ed ecco che, la vera funzione politica parlamentare, va assumendo troppo spesso un ruolo secondario in uno scenario che appare sempre più quello di alcune grandi società per azioni dove le assemblee contano sempre meno e dove il potere della maggioranza viene costruito attraverso convenienze e logiche di spartizioni. Tutto ciò, spinge sempre più i cittadini verso l’allontanamento alla “dottrina” e ogni disaffezione mostrata sugli altri temi conseguenti  risulterà più che giustificata.

Un sistema politico che sembra costringere in modo poco liberale ogni iniziativa politica di base, per imporre in assoluto il bisogno di una governabilità. 

Le odierne esperienze dovrebbero ormai aver reso chiaro l’impossibilità di ricercare una governabilità stabile.. se non attraverso una azione costruttiva di base, poiché solo così, una vera governabilità non potrà mai essere inventata o, ancor peggio, imposta. Occorrerebbe partire da un principio base che possa dare più efficacia e dinamica alla politica e, considerando la particolare realtà del nostro Paese, si dovrebbe essere indotti a ricercare un sistema più consono, senza continuare a rincorrere logiche politiche che appartengono ad altri Paesi. Non sarà comunque mai possibile governare se non si esercita un regolare rapporto con i cittadini.  


Viviamo in uno Stato parlamentare e questo basterebbe per porre l’importante azione della Camera come centralità dalla quale dovrebbe dipendere ogni regola ed ovviamente l’indirizzo culturale ed economico del nostro Stato democratico.

 I ruoli legislativi, quindi, non possono che essere primari e propedeutici a quelli amministrativi.
Recita il Diritto costituzionale “ la mancata attribuzione dei poteri di indirizzo politico al Presidente della Repubblica, fa sì che tali poteri vengano accentrati nel raccordo Parlamento – Governo”.
Un raccordo che oggi sembra essere intaccato e desta serie preoccupazioni per la garanzia dello stesso principio di democrazia costituzionale: i due ruoli non riescono più ad operare in condizioni di indipendenza e, pur nella loro distinzione funzionale, risultano condizionati da un pressante potere partitico che li sottomette al proprio interesse. La tendenza equilibratrice che si voleva tramite il raccordo ed affinché a nessuno dei due poteri potesse essere assegnata una condizionante prevalenza, non sembra oggi possibile. La centralità del Parlamento non determina più la sua vera fondamentale funzione ed ogni azione governativa finisce sempre col prevalere e condizionare pragmaticamente ogni indispensabile percorso politico parlamentare.

La Costituzione, sulla parte riferentesi ai diritti ed i doveri dei cittadini, ci dice ”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”. Ciò risulta fondamentale e dimostra l’importanza di quel verbo che spinge a “regolare” i rapporti tra lo Stato ed i cittadini attribuendo a questi un diritto soggettivo ad un libero pensiero.

Recita ancora la stessa Costituzione sui principi fondamentali E‘ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica economica e sociale del Paese”. Cosa può voler dire questo? Se non il chiaro messaggio di poter dare a tutti i cittadini le giuste opportunità di una propria partecipazione alle scelte?

Quest’altro rilevante principio, se collegato al precedente, vincola inequivocabilmente le istituzioni a favorire con piena attuazione la strada per la determinazione di una vera funzionalità della politica. -Funzionalità e partecipazione di pensiero e di idee  che sembra oggi non si vogliano ricercare!   

Ecco perché è necessario dare massimo sfogo ad una politica di base e parlamentare, riflettendo attentamente sul perchè si sia perso il sano filo politico costruttivo, sopraffatti da un’unica irragionevole impellenza governativa. Una politica di ricerca e di pensiero vorrebbe dire induttiva e propedeutica. Una politica amministrativa dovrebbe, invece, essere deduttiva e costruttiva.

Una giusta governabilità deve sicuramente seguire  un principio di qualità poiché, non si tratta solo di diminuire o di aumentare i ministeri o le poltrone di comando di un esecutivo ma, di determinare un percorso costruttivo attraverso una richiesta che partendo dalla domanda deve finire col trovare un logico fine di utilità.

La situazione odierna comincia a manifestare grosse incongruenze: si va ad elezioni, si decide una maggioranza che poi spesso, per questioni di prevalente interesse di potere, viene infranta imponendo di compattarsi in ulteriori maggioranze risicate e contraddittorie. Percorsi che non possono e non devono appartenere a qualsiasi logica politica che si vuole coerente e costruttiva.

Se innovazione vuol dire progresso, le idee nuove ne sono la vera forza attiva, e se, per un giusto progresso, si impone un vero cambiamento, non potranno che risultare essenziali nuove regole. Bisogna quindi avere la forza di chiudere con il passato, per affrontare un futuro che ci impone continua innovazione anche in termini politici.

Un percorso di metodo

      il giusto mezzo per un logico fine” 


Se la politica deve avere la funzione di “regolare i rapporti tra i cittadini e governare lo Stato”, proprio per questo, il principio specificato in quel verbo “regolare” che ne dovrebbe indicare la strada, non potrà che risultare propedeutico ed utile ad ogni azione del “governare”.  Un percorso giusto ed equilibrato dovrebbe essere quello di ascoltare  e proporre ed in seguito, interpretare e governare. Fino a ché la governabilità sarà identificata come l’unico e principale “scopo”  non tenendo conto della base funzionale della politica, si imporrà una stabilità falsa e negativa. 

Dunque, governare non può che essere un “fine”! Occorre oggi determinare questo “fine” dando corpo a quella azione politica di base che risulta essenziale. Ma quel “fine”, rappresentato da un governo, non potrebbe mai avere una giusta espressione senza quella attività che ne rappresenta il “mezzo” per arrivarvi. - Qualunque sistema odierno che pretendesse di assumere in se il pluralismo di una politica di base e di dialogo ed una  governabilità stabile, non potrà che trovare enormi difficoltà per il contrastante aspetto derivante dalla diversa funzione di queste due azioni”.

Qualsiasi novità che si intendesse proporre dovrebbe solo seguire la naturale esigenza di un ovvio ed equilibrato percorso chiedendo, pertanto, di  non dipendere da un esigente pragmatismo amministrativo, ma da una cultura del dialogo e del buon senso. Una novità  che consiste in un cambiamento più  dinamico per non reprimere ogni azione di base e per non costringere alla ricerca di quella governabilità che, invero, continua ad apparire alquanto imposta...Sicuramente poco funzionale!


Un vero cambiamento che intende risolvere le diverse problematiche solo in termini di “maggioritario” o “di politica bipolare” e che pretende di seguire semplificativi modelli di culture straniere, appare, sempre più, una soluzione di comodo. 
Le forze della politica e della cultura del nostro Paese, non possono non riflettere sul fatto che: un “cambiamento” più personalizzato della “nostra politica” ci darebbe di logica, più autonomia e più qualità, portandoci ad essere più duraturi anche in termini di governabilità, quindi, persino più competitivi.Fino ad oggi, tutti i politici, sembrano essere rimasti assenti di fronte al problema delle riforme della politica. 


Nel recente passato ci si è mossi unicamente per difendere la propria governabilità trascurando una più corretta strada verso le riforme primarie.Un processo innovativo che non potrebbe oggi prescindere dalla modificazione della stessa “Costituzione” e sarebbe davvero inimmaginabile pretendere di riuscire ad innovarsi senza almeno poterla ritoccare.Pur senza intaccare quei principi di base che ne hanno ispirato la ragione e dando forza a quei contenuti che dovrebbero sempre proteggere l’alto valore di una vera democrazia, si dovrebbe lavorare per rimodernarla, rendendola più attuale, aprendo quindi la strada ad una migliore funzionalità di tutto il sistema politico. 


Poiché i problemi della politica si concentrano essenzialmente su una  mancanza di una funzionalità e premesso che le basi per le riforme primarie devono prendere spunto dal testo della nostra Costituzione, sembra opportuno tenerne conto e farlo presente a chi oggi demagogicamente grida ad un insensato e vile attacco contro la libertà. Sarebbe peggio e fuori da ogni logica ricercare riforme innovative che possano evidenziarsi in qualche modo contrastanti con il testo della Costituzione. Alcuni suoi articoli risultano oggi obsoleti perchè non tengono affatto conto del cambiamento storico culturale che il nostro Paese ha avuto in questi sessant’anni. 

Quindi: o si vuole davvero cambiare o si rimane sempre  indietro! Una problematica di attualità per la quale una classe politica, pur riconoscendone la grande importanza, continua a non rendersi disponibile al fine di una vero cambiamento. Tuttavia le proposte di rinnovamento proposte dai governi attualmente risultano sconclusionate, non adatte e poco funzionali.

Il problema assai discusso della separazione delle carriere in seno alla giustizia tra il giudicante ed il requirente, viene oggi posto come una soluzione indispensabile per sciogliere il nodo di un possibile compromesso fra i due ruoli della giustizia.  Lo stesso problema, rapportato alle differenti funzioni della politica, dovrebbe spingere la ricerca di una soluzione per il compito da assegnare ai singoli politici, ispirando una più chiara differenziazione tra il ruolo legislativo e quello esecutivo, anche in termini di carriera. Una divisione più marcata dei ruoli, oggi, occorre in modo evidente. Sembra che una moderna politica quasi la imponga come difesa di valori che sono differenti in termini di metodo, logica e qualità. Chi opera in campo legislativo non potrebbe che rendersi il più possibile estraneo a qualunque azione esecutiva, proprio perché, più spesso, la sua azione viene troppo condizionata da interessi anche di partito e tipici di qualunque potere governativo.

Del resto il potere esecutivo racchiude in se una logica chiara, pragmatica e ben precisa: governare, e cioè amministrare un Paese. Un’azione che deve avere indirizzi precisi ma che non può ottemperare solo ad una richiesta politica assunta dall’alto. Per far ciò, bisognerebbe far uso di pensieri ed idee che provengano dal basso che un altro distinto potere dovrebbe fornire. Ecco perché si auspica da parte di ogni amministratore la competenza necessaria in ordine a ciò che si deve amministrare ed ecco la ragione per la quale sembra opportuno far si che questo compito venga demandato a figure tecniche e professionali di grandi capacità realizzative.


L’equilibrio suggerisce una chiara divisione di questi ruoli spettanti alla politica attraverso due azioni: L’una   “induttiva”(Parlamentare) ed un’altra “deduttiva” (Governativa), che realizzi i desiderati bisogni. Si legifera e per questo si governa! Ma l’attuale modo di governare e legiferare insieme, con i moderni sistemi di sintesi imposti dai Partiti, sta sottoponendo tutto il nostro sistema politico istituzionale ad un orribile spettacolo creando continui conflitti. Meglio sarebbe tendere a diversificare i compiti per non comprometterne i ruoli e poter determinare meglio lo scopo delle diverse azioni. Un’esigenza ormai spinta dal tempo che negli ultimi anni ha visto crisi di valori e di identità nel processo evolutivo di una società che marcia fin troppo spedita e che tende a determinare scelte non partendo da un percorso più logico.

Si potrebbe prevedere una vera “attività di ruolo” di coloro che dovrebbero occuparsi di politica di contatto e legislativa allo scopo di trasmettere i veri bisogni del cittadino, da coloro che vorrebbero inserirsi in una carriera amministrativa al fine di poter interpretare e governare fattivamente. Bisognerebbe, forse determinare il programma politico prima della formazione della Camera stessa, ..votare preventivamente un progetto nella fase della campagna elettorale e renderlo operativo nella sua costruzione durante il corso della legislatura, evitando in tal modo confusione, litigi e compromessi vari...

Occorre, in proposito, un uso assai equilibrato per una definizione più chiara che, solo attraverso la strada delle larghe intese e degli scambi costruttivi, potrà portare ad un vero riscontro positivo e quindi anche ad una logica separazione della funzione delle stesse Camere.


Potrà anche apparire provocatorio, ma una provocazione che, pur esigendo un chiaro rinnovamento della Costituzione, potrebbe sposarsi meglio con la realtà bicamerale del nostro Paese, un rinnovamento quindi, vestito e personalizzato culturalmente, non ricercato scopiazzando le altre Nazioni. Una posizione di controllo governativo che, non dovendo compromettere ogni azione politica legislativa, rimane contraddistinta per esigenza: L’una, quella legislativa, libera  potrebbe vedere la sua composizione attraverso l’uso di un sistema elettorale più aperto (proporzionale) poiché dovrà assicurare al massimo idee e pensieri,  l’altra, per garantire al meglio la tanto ambita stabilità governativa, potrebbe essere promossa con un adeguato sistema, escludendo il ruolo dei Partiti, al fine di poter eleggere componenti con chiare qualità amministrative, valutati personalmente per meriti dai cittadini.

Una divisione di ruoli che dovrebbe impedire a chi è componente della prima Camera di non potersi inserire, né di  fare parte di un esecutivo e di chi lo controlla; E chi esercita un potere esecutivo, di non inserirsi in quella attività politica induttiva di stimolo e di ricerca spettante solo a chi dovrà legiferare, per tutta la durata della legislatura. Una Camera legislativa, potrebbe dirigere l’attività politica del Paese verso le esigenze dei cittadini con la spinta dei vari Partiti, (in contatto con la politica delle regioni), mentre una Camera amministrativa potrebbe esercitare un ruolo distinto di controllo tecnico operativo di un programma politico e del buon iter dell’esecutivo ( in contatto con le amministrazioni comunali). In seno alla stessa Camera amministrativa potrebbe esprimersi un Governo.  
  
Un sistema che non riuscirebbe a frenare, ma sicuramente a limitare, le contestate procedure che legano ogni parlamentare alla costruzione di scambi e favoritismi da restituire a coloro che potrebbero averne agevolato la candidatura. Non relegare più la Camera legislativa ad un ruolo di pura ratificazione subordinata al potere dell’esecutivo, ma  renderla più attiva dinamica e libera in termini di bisogni, idee e indirizzi. Si potrà, così, auspicare una politica di base in Parlamento con un potere più diffuso e meno condizionato ma, sicuramente più sinergico. Una politica costruita sulle idee,  esercitata con libertà dai singoli parlamentari attraverso un indirizzo personale, offrendo maggiore garanzia di pensiero sulle normative.

Nascono chiaramente in successione altre problematiche sulla nomina e sul potere del Premier, sul ruolo più definito del Presidente della Repubblica, l'esigenza per un governo di poter apprestare alcune azioni immediate soprattutto in rapporto con la politica estera etc…La figura del premier in questo caso dovrebbe racchiudere in sé, sia il carattere politico diplomatico.. che una capacità pratica amministrativa. La possibilità di nominare un Premier direttamente attraverso il consenso dei cittadini potrebbe essere studiata nei dettagli, ma creerebbe grossi problemi di costituzionalità contrastando nettamente col nostro sistema democratico Sarebbe più utile nominare, in tal modo, il Presidente della Repubblica nella qualità di vero garante del programma dei cittadini oltre i poteri attuali.

Si dovrebbe comunque valutare con maggiore attenzione un percorso governativo basato su un piano programmatico suggerito dai Partiti con la partecipazione ed il voto dei cittadini poiché resta sempre fondamentale una guida ed un indirizzo su ciò che si intende ideare. La base di partenza rimane comunque quella di offrire altre nuove idee in proposito. 

Se si vuole discutere di vero cambiamento, una più chiara divisione delle carriere in politica va certamente ricercata e se il problema non si intende affrontarlo attraverso un sistema differenziato delle funzioni per le Camere, sembra comunque utile predisporre uno studio che preveda ogni compito politico legislativo separato, se pur in modo complementare, con quello esecutivo. Tutto ciò naturalmente per l’individuazione di un più funzionale percorso che possa meglio guidare il processo evolutivo di una politica internazionale in via di compimento. In tal senso la fondamentale riforma primaria dovrebbe prevedere un disciplinamento dei Partiti che ad oggi non hanno regole ben definite! 


Uno studio che dovrebbe prevedere una maggiore stabilità per il Governo senza intaccare la guida Parlamentare sulla quale si fonda un principio della nostra Repubblica. Chiudere una strada amministrativa al politico parlamentare di base potrebbe allargare notevolmente le sue stesse qualità rendendo le funzioni legislative più utili. Si tratterebbe di studiare meglio alcune regole che possano meglio blindare un percorso politico attraverso l’attuazione di un programma votato dai cittadini al quale, sia il politico parlamentare che quello amministrativo, dovranno portare reciproco rispetto. Un percorso che potrà apparire demagogico se non legato ad un vero cambiamento di alcune parti del testo della Costituzione.

 La possibilità di riuscire ad individuare un nuovo sistema funzionale che possa dividere l’esercizio dei due poteri in modo più equilibrato potrebbe assecondarne il riconoscimento anche da parte dell’ordine giudiziario. Una maggiore definizione dei ruoli “legislativo – esecutivo” potrebbe ridurre l’annoso conflitto generato con l’ordine giudiziario, togliendo alla magistratura diversi sospetti e motivazioni in proposito. Se coloro che  legifereranno  saranno identificati in un ruolo ed una carriera ben diversa e differente da chi opererà in ruolo esecutivo, sarà molto più difficile determinare compromessi e la politica potrà, forse, rendere alla stessa “magistratura” la rinnovata immagine di una classe attenta a lavorare il modo meno pregiudicato.

Dovremmo, però, spingerci di più ad ipotizzare” nuovi percorsi per offrire basi al confronto. Ipotesi per indurre a riflettere al fine di stimolare chiunque abbia voglia di dialogare per la ricerca e la proposta di nuove idee.  

vincenzo Cacopardo