“premessa”
"Oggi non si può parlare di politica
di Stato senza un accenno al sociale e senza
relazionarsi con la psicologia della popolazione, né si possono spiegare
i fenomeni sociologici metropolitani senza fare riferimento a quanti studiarono
ed approfondirono tali temi."
Georg Simmel, nella seconda metà dell'ottocento, fu il primo ad interessarsi dal punto di vista sociologico dei fenomeni legati ai grandi agglomerati metropolitani ed allo studio delle forme dell'interazione, analizzando con impegno gli effetti sociali del progresso e della modernizzazione. Riguardo ai condizionamenti culturali, fu il primo a sostenere la necessità del superamento della psicologia individuale in quanto l’uomo va compreso come essere sociale: gli individui con la loro attività comune creano la realtà oggettiva delle forme culturali, ma sono pure il prodotto di queste forme, nel senso che creano automaticamente uno spirito “oggettivo”.
Per
Simmel, la realtà sociale, non veniva intesa come realtà autonoma rispetto agli
individui, né come somma di individui. Egli affermava che l’attenzione è sempre
attratta, non tanto dalla società come situazione comune, quanto piuttosto da
ciò che differenzia gli individui l’uno dall’altro. La solidarietà, la
sottomissione, la superiorità, la concorrenza, sono tutte forme di sociazione
che noi possiamo riscontrare
prescindendo dal loro realizzarsi in unità sociali concrete e specifiche. L'ambiente
perfetto per questa società fu, per lui, la grande città: L'uomo diventa un
piccolo ingranaggio rispetto all'enormità di tutto il sistema, ed è costretto
ad aumentare la sua attività nervosa per adattarsi ai veloci cambiamenti tra
sensazioni esterne ed interne.
Fu poi il giovane Weber a contribuire alla elaborazione di una nuova teoria sociologica, in grado di unire lo sviluppo sociale, con la teoria della conoscenza scientifica e la pratica politica. Un obiettivo culturale basato sulla conoscenza, per cui la volontà di una nazione, rappresenta la legge fondamentale del suo sviluppo sociale.
Ricollegandosi a Simmel, Weber riprendeva la discussione del metodo sociologico sulle scienze che si occupano di fatti concreti che possono avere una loro legittimità. Weber non credeva ai valori universali ed in tal senso, per lui, la sociologia deve circoscrivere il suo compito al rapporto tra valore ed azione che ne discende o azione che al valore si riferisce.
Le analisi metodologiche di Weber
sfociarono nella costruzione della più nota tra le teorie sociologiche, la
costruzione del "tipo ideale. Noi, ad esempio, definiamo una classe, il
potere, la burocrazia, ma in realtà non esistono classi, potere, burocrazia:
esistono singoli esseri umani, singoli e specifici poteri, singoli burocrati.
Con la teoria dell'azione sociale e della
relazione, Max Weber introduce, con Simmel, uno spostamento della sociologia.
Il soggetto diventa fondamentale e lo diventa in relazione all'altro uomo. La
società non è un blocco in cui il singolo ha scarsa importanza: esiste
essenzialmente nei rapporti tra i singoli.
In ciò si inquadra anche il particolare
spirito che ogni attività politica deve avere verso il funzionamento di ogni
società civile.
LA CULTURA DI STATO ED IL POTERE
“Si
innesta automaticamente un dialogo sulla cultura di Stato e sul potere e la
logica distribuzione dei valori.”
Oggi, sono
considerate politiche tutte azioni di influenza delle grandi industrie, delle banche,
dei sindacati e dei gruppi di pressione sull’andamento e sulla guida del governo. Si nega la visione tradizionale di un epoca secondo cui la scienza politica,
fondandosi sul concetto di Stato, si occupava solo dei rapporti tra governo e
società, sostenendo, invece l’attuale politica, su un preciso concetto
di potere.
Gli
individui che hanno una posizione alta nella distribuzione di ciascun valore,
sono le èlites. Le èlites conservano la propria
posizione di valore anche esercitando una celata violenza, controllando i beni
materiali, e manipolando i simboli. Si può sostenere che la distribuzione dei
valori nella società sia rappresentabile con modelli a forma di piramide, per
cui pochi dispongono di grandi quantità di valori e i molti, (la massa), non ne
dispongono.
I
molti che continuano a rivendicare la cosiddetta emancipazione degli oppressi o
il riscatto del lavoro, sono spesso ostaggio dei tanti che dichiarano di volerla
combattere. Oggi, lo spazio di manovra
per chi critica la modernità e lo sviluppo delle odierne democrazie, è
secondario ma sicuramente più diffuso.
Chi ricopre il ruolo imposto dai MEDIA del sistema politico culturale
dominante, rimane come testimone di un immodificabile determinismo di tutti
gli avvenimenti. Lo sviluppo
e l’accrescimento nella complessità sociale degradano in modo irreversibile la qualità
della vita, impattando con le contraddizioni create dalle stesse regole imposte. Ogni forma di individualismo si sublima e la sfiducia dell’uomo aumenta. Un uomo che non è più tale, non è più
naturale, ma preda della propria arroganza e del potere.
La politica
deve muoversi quanto prima dando un segno indispensabile in tal senso.
In questo pessimistico quadro che avanza, ogni problematica del sociale deve
essere combattuta e vinta attraverso la cultura dell’equilibrio e del metodo di
reciprocità. Il metodo della
reciprocità implica in sé l'equità, così nella sfera economica come in quella
dei costumi, così nel campo intellettuale e culturale.
Qualcuno precisava che «ricevere altrettanto di quanto si è dato non significa soltanto avere l'equivalente in peso, in misura, in qualità, in valore, di ciò che si è dato, ma significa anche e soprattutto essere soddisfatto del contratto fatto, significa aver piena coscienza che nell'"affare" trattato, sia intellettuale che economico e persino sentimentale, non vi sia stato, da una parte come dall'altra, né ingannatore, né ingannato, né frodatore, né frodato” .
La cultura dei rapporti sociali deve
quindi essere tenuta in alta considerazione da chi opera in politica, poiché
sia le azioni che i comportamenti nei rapporti sociali restano i valori
fondamentali su cui poggia il sostegno della collettività e la sua crescita. La
cultura deve orientare i comportamenti e
le azioni nei rapporti sociali. Politica e sociale, in tal senso, non
possono che vedersi unite nel rapporto per un sano sviluppo del Paese.
LO STATO E LA SICUREZZA
Metodo e prevenzione
Più profondo non può che essere il pensiero riguardo alla giustizia penale. Essa tocca molto da vicino il cittadino perché ne limita la libertà e ne preclude la sicurezza: Ogni cittadino chiede sicurezza nella giustizia e giustizia per la propria sicurezza, quindi, i problemi della giustizia e della sicurezza non dovrebbero mai vedersi disgiunti.
Uno sforzo fondamentale deve essere fatto dalla politica che dovrebbe guidare un processo evolutivo moderno più spedito, meno farraginoso anche verso un coordinamento più utile tra giustizia e sicurezza per meglio avvicinare lo Stato ai cittadini. Quando si parla di sicurezza, in un sistema come il nostro, non si può trascurare l’impegno degli organi dello Stato che, nell’attuare regole a protezione del cittadino, sono spesso costretti a barcamenarsi in un nugolo di cavilli burocratici costruiti proprio in difesa delle libertà.
Magistrati, forze dell’ordine e quanti altri sono preposti alla garanzia della nostra sicurezza sembrano agire con l’uso di procedure ormai vecchie e con una metodologia poco risolutiva. Costoro, attraverso il ruolo di interpreti del sistema ed esecutori dell’ordine finiscono spesso col non operare coordinati ed in favore della giusta causa. Sembra quasi che per molte soluzioni, le istituzioni, adottino metodi dettati dall’impotenza o da una profonda rassegnazione di fronte ad ostacoli che non si riescono a preventivare.
Sono considerazioni che trovano un
punto di convergenza nel metodo inefficace adottato da chi, incaricato della
sicurezza, dovrebbe anche costruire le basi per la ricerca di una verità.
Considerazioni che dovrebbero far riflettere sul rapporto ormai istaurato tra
il cittadino e lo Stato. Non dobbiamo quindi stupirci del mancato funzionamento
del nostro sistema giudiziario, poiché ciò che riguarda una buona
amministrazione della giustizia non potrebbe mai essere separato da un giusto e
volenteroso impegno funzionale
alla base della nostra sicurezza.
Ci si dovrebbe adoprare affinché, nel nostro sistema democratico, si possa agire con migliore efficienza e tempestività per offrire maggiore sicurezza, salvaguardando il diritto di libertà. Un tema comunque strettamente legato al precedente tema della legalità e che costringe ad un compito difficile tutto il sistema e la stessa società per l’aspetto spesso contrastante tra libertà, regole ed odierno vivere sociale.
Occorrono senz’altro un grande impegno e posizioni politiche non estreme, ma certamente determinate, al fine di non spezzare quel filo sempre più sottile che lega la nostra società al vero significato della parola “democrazia”. Di sicuro si è arrivati ad un punto nel quale o si trova un rimedio immediato o si rischia di distruggere completamente l’ultima opportunità per un modello di moderna e democratica sicurezza. Un impegno comune che non può più attendere, un impegno che potrà metterci al riparo da ogni possibile alternativa non più democratica per la soluzione della nostra sicurezza …..
Si ritiene necessario, per offrire un
costruttivo contributo al sistema della sicurezza e della giustizia, uno
sguardo critico nei confronti delle attuali procedure. La
repressione resta certamente utile come componente metodologica della struttura
amministrativa dello Stato ma, non potrà mai essere ostentata come la sola
alternativa risolutiva dei problemi di una società civile.
Sradicare alcune attività criminose,
con l’uso della sola repressione affinché possa essere garantita al massimo la
libertà di chiunque, ci sembra un
concetto azzardato e distorto della democrazia.
Dovrebbe essere snellita la pesante burocrazia che da anni avvolge i Tribunali ed i Commissariati, e comunque tutti gli uffici legati allo svolgimento delle indagini poiché i cittadini vogliono sentirsi sicuri ma anche protetti da uno Stato che dovrebbe offrire loro impegni più concreti e funzionali attraverso lo studio di azioni ponderate e preventivate in tempo.
Ma se si vuole
davvero mettere mano ad una riforma della giustizia e della sicurezza, non si
può non tener conto del sistema carcerario odierno. Le carceri sono poche,
scoppiano per il sovrabbondante numero di reclusi e non sono certo un modello
rieducativo per quei cittadini che vi fanno ingresso per determinati reati.
Un richiamo
importante per ricordarci che il compito di una società non potrà mai essere
solo quello di perseguire chi sbaglia ma, anche quello più difficile, di
seguire costoro in una detenzione rieducativa utile al fine di poterli
reinserire nella società. Di non abbandonarli ad un destino che li
renderebbe inevitabilmente recidivi.
Non basterà quindi
far pagare una pena nel merito, ma attivarsi meglio in un metodo costruttivo
attraverso l’insegnamento in direzione di una cultura che si vuole democratica e
più sicura. A tal proposito individuare e costruire alcune tipologie di
carceri ed istituti rieducativi più idonei e divisi in base ai reati commessi.
Determinante sarà l’uso delle risorse umane adatte: assistenti sociali,
psicologi, insegnanti specializzati etc, accompagnati da un percorso
rieducativo suggerito da nuove normative funzionali.
E’, quindi,
fondamentale l’odierno compito della politica nazionale che, attraverso una
programmata regolamentazione, riesca ad offrire modelli più funzionali per la
sicurezza, proiettandoci, non soltanto verso l’Europa, ma in una casa comune
dove possano sposarsi e convivere diverse culture. Persino riguardo
all’economia avanzata ed alla inarrestabile recessione di questi ultimi tempi
non si è voluto affrontare il problema in termini di prevenzione per
porre in tempo le opportune regole al fine di promuovere azioni di
contenimento.
Il processo di unificazione
dell’Europa, ha finito col fare uso solo di principi regolati da una economia
globale. Questi principi, basati su valori imposti da un mercato sempre più
competitivo, sembrano gli unici a guidare una unificazione che si evidenzia
abbastanza precaria per le logiche differenze etnico culturali delle diverse
comunità. Un processo di
unificazione forse non prematuro rispetto ai tempi, ma sicuramente anticipato
nelle procedure che ha sottovalutato la sicurezza di alcune popolazioni.
Questa difficile realtà dovrebbe oggi spingere la nostra politica internazionale a modellare con più equilibrio questo processo in tema di sicurezza e di salute. Una giusta politica europea avrebbe dovuto tener conto dell’aspetto etnico culturale e delle diversità dei Paesi entrati in Comunità. Sembra scontato che solo in questi termini una vera Europa avrebbe potuto avere migliori opportunità di crescita più armonica e sicura.
Questa difficile realtà dovrebbe oggi spingere la nostra politica internazionale a modellare con più equilibrio questo processo in tema di sicurezza e di salute. Una giusta politica europea avrebbe dovuto tener conto dell’aspetto etnico culturale e delle diversità dei Paesi entrati in Comunità. Sembra scontato che solo in questi termini una vera Europa avrebbe potuto avere migliori opportunità di crescita più armonica e sicura.
Gli
argomenti politici internazionali di grande attualità nel prossimo futuro
saranno quelli legati all’ambiente ed al sovrabbondante numero di immigrati
extracomunitari che tenderanno ad invadere con maggior forza i territori dei
Paesi economicamente avanzati. Ovviamente i due problemi sono
fortemente collegati tra di loro ed al tema di una sicurezza. Tutti sappiamo
ormai che il nostro pianeta, oltre a subire un mutamento atmosferico
condizionato dal progresso delle civiltà più evolute, deve affrontare questo
forzato processo di coabitazione.
Sono problemi ormai conosciuti dei quali si discute abbondantemente e che coinvolgono da vicino il nostro Paese, ma anche in questo caso, ogni soluzione rimarrà ancorata a scelte di natura politica. Non valutati con attenzione nel passato ed adesso moltiplicati e sempre più difficili da risolvere, questi problemi, oggi quasi insormontabili, vedranno un mondo politico doversi esprimere in termini sempre più severi.
Sono problemi ormai conosciuti dei quali si discute abbondantemente e che coinvolgono da vicino il nostro Paese, ma anche in questo caso, ogni soluzione rimarrà ancorata a scelte di natura politica. Non valutati con attenzione nel passato ed adesso moltiplicati e sempre più difficili da risolvere, questi problemi, oggi quasi insormontabili, vedranno un mondo politico doversi esprimere in termini sempre più severi.
Può, come già avvenuto, una singola
comunità più dell’altra impegnarsi ad accogliere una moltitudine di immigrati
per lo più clandestini, senza avere le capacità recettive ed una adeguata
assistenza igienica sanitaria? Può,
questo evento, coinvolgere una singola parte del nostro territorio e non impegnare
globalmente la nostra politica internazionale?
In qualunque caso, al nostro Paese è
venuta a mancare un’azione preventiva che avrebbe dovuto tenere in
considerazione già da tempo questo fenomeno in espansione ponendovi
rimedi attraverso atti prodromici
mirati, sia in direzione di una politica di sicurezza territoriale,
coinvolgendo anche l’Europa, che in direzione di un’utile politica di
assistenza sanitaria
Chiari esempi di come sia venuta a mancare un’azione preventiva di
studio politico e di come si sono voluti chiudere gli occhi di fronte ai
difficili problemi della sicurezza che ne sarebbero scaturiti. Queste enormi
problematiche che investiranno il futuro dei nostri ragazzi sono il sicuro
esempio di quanto determinante sia il ruolo preventivo di una politica per la
collettività e quanto indispensabile sia la tutela di un interesse pubblico che
solo le istituzioni possono salvaguardare attraverso giuste azioni preordinate.
vincenzo Cacopardo
vincenzo Cacopardo