MEDIOCRITA’ IN AGGUATO
Nonostante
temporalmente connessa alla quasi naturale scadenza della legislatura e quindi
non improvvisabile, la elaborazione di programmi e di proposte da parte degli
schieramenti in campo nelle elezioni politiche dei prossimi 24 e 25
Febbraio non è rimasta comunque scevra da una negativa e sgradita, oltre che
quanto mai inopportuna, diffusa superficialità di contenuti, purtroppo
conforme ad analoghi precedenti storici.
Ancora
una volta da più parti si tende a prediligere sapientemente, confidando
su una presunta benedizione popolare, la necessità di conquistare, attraverso
improprie alleanze figlie del fallito bipolarismo ed immagine peggiore del
trasformismo, il maggior numero di seggi in Parlamento nel comune
colpevole disprezzo della storia, dei fondamenti ideologici e degli elementi
caratterizzanti di ogni aggregazione concorrente.
Si
assiste così alla imbarazzante ricostituzione di un asse – rimasta precaria ed
instabile – tra la Destra berlusconiana tutt’altro che centrista – tanto che il
chiedersi cosa stia a fare ancora nel Partito Popolare Europeo
potrebbe costituire un ulteriore interessante motivo di dissertazione – ed il
rimanente sommario di un movimento nordista che, in un ritrovato
radicalismo territoriale (il risibile progetto-proposito della macro Regione),
ben riesce nel suscitarci una retroattiva inquietudine già solo per
il fatto di avere rappresentato istituzionalmente , con il suo attuale
leader Maroni, uno dei più importanti dicasteri dell’unità repubblicana
per diversi anni.
C’è
poi la Sinistra ritenuta maggioritaria e quindi per così dire “titolare”,
parimenti vittima e prodotto dello stesso fallito bipolarismo; l’unica un
po’ più sensibile alla qualità delle proposte programmatiche e che per questo
si rende affine ad un demagogismo elettorale più assolvibile.
Ancora
più in là troviamo la sinistra vendoliana che, mandando al
diavolo “i ricchi” non fa altro che determinare un anacronistico
autolesionismo con la conseguente configurazione e diremmo anche perenne
giacitura storica di questa importante fetta di elettorato nella
accezione e dimensione da sempre ad essa attribuita dal berlusconismo più
noto.
Ancora:
i partiti dei Magistrati, conseguenza della incompiuta normazione che, in forza
della pur legittima tutela del diritto di ogni cittadino di concorrere alla
gestione della cosa pubblica, non ha consentito di fissare quei parametri
di compatibile separazione tra i ruoli determinando improprie e
delegittimanti strumentalizzazioni.
Infine,
il Centro ed il Professor Monti. Desideriamo trattare insieme queste due
posizioni perché si sono trovate geneticamente simili per la loro
“statutaria” e precipua equidistanza. Secondo una sempre più condivisa
accezione - squisitamente logica - , queste due espressioni politiche secondo
alcuni potrebbero incarnare la fisionomia e la piena titolarità delle forze
cosiddette “moderate”, richiamandosi ad un certo auspicato equilibrio che
possa tradurre in stabilità politica una equilibrata attenzione alle aspirazioni
ed alla qualità della vita di una più variegata rappresentanza di classi
sociali.
Chiediamoci
allora quando e ad opera di chi, il più bel palcoscenico della
democrazia, quale è l’esercizio pubblico della scelta a maggioranza del
colore della Cosa Pubblica, sarà ispirato solo alla salute di quest’ultima ed
affrancato da una sviante ed avvilente mediocrità che blocca la vera
unica crescita di un Paese come il nostro?
Paolo
Speciale
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