24 apr 2014

Breve commento ad un articolo di Domenico Cacopardo del 24/4/2014

di domenico Cacopardo
Ormai è chiaro: la prima vera partita, Renzi la gioca sul decreto-lavoro.
Il voto di fiducia, celebrato ieri, al di là del risultato numerico, è simile al break che impone l’arbitro ai pugili in corpo a corpo. Ma, domani o dopodomani, al Senato, la partita riprenderà più virulenta di prima. È vero che a palazzo Madama i numeri sono più favorevoli al governo, ma è altrettanto vero che, se si tornasse alla stesura originaria, il decreto cadrebbe alla Camera, nel girone di ritorno.
Ora, quali sono le ragioni sostanziali che spingono la minoranza del Pd a ingaggiare battaglia su questo terreno?
Prima di parlare dei massimi sistemi, affrontiamo i minimi (e forse più concreti sotto vari punti di vista): una delle questioni riguarda la formazione professionale. Vogliamo quella aziendale o quella regionale? Le persone ragionevoli non esiterebbero a rispondere “aziendale”, visti i continui scandali che hanno investito le attività formative regionali (l’ultimo in evidenza quello attribuito al deputato Pd Francantonio Genovese, di Messina). Invece, la maggioranza del gruppo parlamentare del Pd (tutti nominati da Bersani, ma ormai in libera navigazione) preferisce la formazione regionale. È evidente che la scelta pubblicistica risponde all’esigenza di alimentare l’opaco circuito che finisce per finanziare il partito e i sindacati. Niente di più concreto, quindi. C’è poi il problema delle proroghe dei contratti a tempo determinato nell’ambito temporale previsto in 36 mesi: 5 o 8? La questione è solo strumentale, una prova di forza insomma, ma se passerà la linea dei ribelli del Pd (5 proroghe) sarà più difficile trovare imprese che assumano. L’aspetto più scandaloso di questa scelta è che tutti sanno che per stimolare il lavoro, specie giovanile, occorre allentare il regime vincolistico. Una volta allentatolo e indotte le aziende ad assumere a tempo determinato, sarà fisiologico che i lavoratori migliori, i più produttivi e professionali, siano assunti a tempo indeterminato. Sarebbe patologico il contrario.
Il regista di questa operazione antiRenzi, ma anche antilavoratori, giovani in special modo, si chiama Cesare Damiano, già ministro del lavoro nel disastroso governo Prodi 2 (2006-2008). Nel disastro, ebbe una parte anche il nostro, visto che fu lui a proporre e ottenere la riforma della riforma delle pensioni, consentendo anticipati collocamenti a riposo. Un contributo palpabile ai guai della finanza pubblica nei quali ci dibattiamo. La subordinazione al sindacato conservatore per antonomasia, la Cgil, rende necessarie operazioni senza sbocchi, che aggravano la crisi occupazionale dei nostri giorni senza offrire prospettive per il futuro. La cosa più paradossale in questo passaggio politico, è l’invisibilità di Confindustria, sempre meno associazione datoriale, sempre più burocrazia asservita agli interessi contingenti del sindacato preferenziale (sempre la Cgil).
Veniamo ora ai massimi sistemi: l’obiettivo strategico della minoranza del Pd (maggioranza nel gruppo parlamentare della Camera) è ridimensionare Renzi, costringendolo a una trattativa continua su tutti i temi dell’agenda di governo. Un progetto che, alla vigilia delle elezioni, marchia di irresponsabilità protagonisti e comprimari.
Certo, c’è qualche sponda importante come il Movimento 5 Stelle: ma non si può fondare un programma su di loro, visto che gli utili idioti non mancano mai nelle aule parlamentari. Purtroppo per loro, normalmente in tempi brevi vengono asfaltati dalla storia.
  


Mi ritengo d’accordo col cugino Domenico riguardo alla scelta di stimolare il lavoro allentando il regime vincolistico, ma nutro qualche dubbio sulle sue perplessità circa una discussione del programma di Renzi da parte del Partito. Un normale ed utile dialogo  che non sembra costringerlo ad una trattativa continua su tutti i temi dell’agenda di governo, ma ad uno scambio necessario e più che consueto che deve svolgersi all’interno di ogni Partito.
Non sembra invero che Renzi.. dal canto suo, si faccia ostruire la strada da chiunque, dettando continue proposte di cambiamento con estrema determinazione e spesso senza nemmeno scambiarsi.. arrivando addirittura a proporre voti di fiducia. Se la sua azione può essere lodevole sul piano della volontà e l’impegno..non è detto possa sempre esserlo nel merito.

Se ad esempio su alcuni temi del lavoro si può con più facilità essere d’accordo col Premier.. lo stesso non può dirsi su altre scelte che non sembrano mirare esattamente ad una crescita economica. Per non parlare delle riforme costituzionali che lo vedono legato a personaggi come Verdini e company….Ma si può davvero essere certi di queste importanti riforme per il futuro della politica proposte e decise assieme a tali personaggi? 
Le perplessità in seno al suo Partito sono giustificate anche se a volte supportate dall’invidia, ma possono risultare motivate anche dall’entità stessa del cambiamento proposto. Renzi potrà anche lavorare bene ed avere buoni propositi, ma deve sapersi confrontare con chi, forse, vorrebbe limitare un simile autoritarismo governativo. 
vincenzo cacopardo      

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