di vincenzo cacopardo
Sembra che il nuovo capo dello Stato non voglia esprimersi nemmeno nel metodo scelto per le nuove riforme costituzionali da un impetuoso governo guidato da un presidente del consiglio alquanto frettoloso e saccente..nè su quelle riguardanti la legge elettorale che ne producono un combinato disposto irriverente e derisorio nei confronti di un sistema che intende ancora chiamarsi “democratico” .
Sembra che il nuovo capo dello Stato non voglia esprimersi nemmeno nel metodo scelto per le nuove riforme costituzionali da un impetuoso governo guidato da un presidente del consiglio alquanto frettoloso e saccente..nè su quelle riguardanti la legge elettorale che ne producono un combinato disposto irriverente e derisorio nei confronti di un sistema che intende ancora chiamarsi “democratico” .
Con
tutto il rispetto che si deve ad una figura nobile come quella del nuovo
Presidente, si ha la sensazione che anche Mattarella, come altri, si sia seduto su di un sistema nel quale la logica della
semplificazione e degli interessi governativi pare affermarsi su ogni
altra considerazione di tipo democratico garantista. Eppure il suo
passato di membro della Corte Costituzionale dovrebbe indurlo a
valutare con maggiore sensibilità tale processo di rifome imposto
con un criterio a dir poco anomalo ed inconsueto.
Trattandosi
di un considerevole numero di riforme tendenti a stravolgere
l'impianto istituzionale voluto dai padri costituenti (esperti..oltre
che fortemente istruiti in materia) risulterebbe utile muoversi in
termini di un metodo più appropriato.. Pur lasciando da parte ogni
riferimento al merito di queste riforme (che, invero, potrebbero
anche portare danni peggiori nel futuro politico del Paese), avrebbe sicuramente fatto piacere un intervento in proposito... ascoltando le osservazioni di metodo da parte del nuovo Capo dello
Stato. Considerazioni che in realtà gli appartengono in qualità di
garante di un sistema di democrazia che dovrebbe vedere nel
parlamento il punto centrale di tutta la politica istituzionale.
- Se è vero
che “la
mancata attribuzione dei poteri di indirizzo politico al Presidente
della Repubblica, fa sì che tali poteri vengano accentrati nel
raccordo Parlamento – Governo”.. è
anche evidente che questo raccordo oggi si sia intaccato e
dovrebbe destare serie preoccupazioni per la garanzia dello stesso
principio di democrazia: i due ruoli (
Parlamento
– Governo”)
non riescono più ad operare in condizioni di indipendenza e, pur
nella loro distinzione funzionale, risultano condizionati da un
pressante potere partitico che li sottomette al proprio interesse.
Renzi oggi rappresenta l'evidenza di tutto ciò e quella tendenza equilibratrice che si voleva tramite il “raccordo”, non pare possibile. La centralità del Parlamento non determina più la sua vera fondamentale funzione ed ogni azione governativa finisce sempre col prevalere e condizionare pragmaticamente su ogni indispensabile percorso politico parlamentare...
Renzi oggi rappresenta l'evidenza di tutto ciò e quella tendenza equilibratrice che si voleva tramite il “raccordo”, non pare possibile. La centralità del Parlamento non determina più la sua vera fondamentale funzione ed ogni azione governativa finisce sempre col prevalere e condizionare pragmaticamente su ogni indispensabile percorso politico parlamentare...
Chi
..se non un garante (e non proprio un arbitro, come oggi si usa dire)
come il Presidente della nostra Repubblica, dovrebbe intervenire?
Quella mancata attribuzione di poteri di indirizzo politico non potrà
mai ostacolare un primario dovere di garanzia verso una
corretta democrazia.
Nessun commento:
Posta un commento