Oggi, l’azione del
pragmatismo regna sovrana, tanto da non potere più essere considerata come
espressione di un pensiero filosofico, ma un’effettiva patologia supportata da
un sistema sociale ormai malato. Un
fenomeno sempre in aumento, probabilmente intensificato dall’evidente
difficoltà della vita odierna che costringe ad una visione sempre più pratica e
concreta. Un’ espressione che sembra non risparmiare nessun essere vivente, un
modo di porsi con il quale l’uomo spera di proteggersi dagli odierni eventi
sociali: Egli resta imprigionato da questa forma mentis di concretezza
poiché pensa che non vi potrà mai essere alcuna alternativa per una propria
difesa in seno al freddo incedere del vivere contemporaneo.
Questo fenomeno, per via di paure ed
incertezze definitesi nel tempo, sembra stia chiudendo l’uomo in se stesso, a
tal punto, da costringerlo ad alienarsi dai suoi doni più preziosi: ideali, creatività, idee e sogni… cioè, da
quella parte del mondo fantastico così importante e determinante per la
crescita dell’individuo nella stessa società.
Se è visibile che in
alcune manifestazioni artistiche, teatrali, cinematografiche e letterarie
odierne vengano rappresentati e posti i valori fantastici e creativi come
fondamentali componenti dell’essere umano, è altrettanto vero che nella vita quotidiana di tutti i giorni, ci si
imbatte in un mondo che materializza e razionalizza la qualunque imponendosi
persino nelle fondamentali dottrine sociali.
Anche la politica sembra imbrigliata in questa mentalità, tanto condizionata da mettere in primo piano
solo un nesso con la realtà e sminuendo ogni riferimento verso ideali ed
inventiva. Ma la realtà non è forse una costruzione tangibile delle idee? La
speranza di una crescita senza idee e creatività sembra essere seriamente
compromessa dall’enorme ostacolo posto da una forma mentale proiettata in
direzione di una visione forzatamente realistica delle cose che si riflette
inevitabilmente sui rapporti reciproci, sul lavoro e di conseguenza anche su
una cultura sociale. Potremmo, di conseguenza,
affermare che si è andata costruendo l’opinabile cultura di un
pragmatismo forzato non esattamente in linea con lo spirito dell’essere umano,
che per natura resta assai predisposto ad ogni potenziale creativo.
Quando
si insiste in modo forzato e pedissequo nel ricercare le possibili soluzioni
partendo dalla logica realistica del sistema esistente, non si fa
altro che rinviare ed aggravare la problematica di ogni crescita: bisognerebbe, invece, domandarsi se questa stessa logica, costruita
su un sistema ormai vecchio, potrà mai essere predisposta ad accettare
possibili idee innovative. Se, altrimenti, un sistema non dovrebbe rinnovarsi e
di conseguenza anche le sue logiche cambiare. Ma come si può cambiare se si è
bloccati da una visione fin troppo pragmatica che frena inevitabilmente ogni
possibilità di rinnovamento?
Ecco
che allora potrebbe sorgere il ragionevole dubbio se, questa forma mentale, non potrebbe essere sostenuta da
poteri forti che frenano lo sviluppo ed il cambiamento della società in
direzione di vere e significative innovazioni, per la paura che lo stesso mutamento
possa stravolgere ogni sicura stabilità.
Ma
possiamo davvero dare un senso positivo a tale stabilità? possiamo davvero
ritenerla democratica?
Nel campo
dell’economia, i grandi luminari non fanno che dettare il loro programma in una
visione che non può che essere realistica e concreta, in quanto l’economia è
una materia che guarda prettamente ai numeri ed al riscontro con una realtà
precisa. A differenza di loro, la politica non può permettersi di sottostare a
qualsiasi programma economico, ma deve invece analizzarlo ed indirizzarlo verso
una società che reclama una più equa gestione economica al servizio della
comunità. Poiché nella visione di una politica entra il sociale, il lavoro, lo
sviluppo, il welfare etc., non può che essere l’economia al servizio dei
principi di una politica di ogni Paese e non, viceversa. Se così non fosse, nella nostra Carta
costituzionale vi sarebbe scritto di un ulteriore potere: quello dell’economia e della finanza!
In
ogni campo del sociale ed a maggior ragione oggi, una visione troppo ostentata
del pragmatismo, non può mai far sperare in una crescita, al contrario,
trascinerà avanti un popolo al servizio di un sistema malato. Se, come oggi, ci si adatta
lavorando nel proprio campo senza l’apporto di una vera e rivoluzionaria
ricerca, si rimarrà sempre immobili in un sistema dal quale si attinge ma, al
quale, non sarà mai reso un contributo per il giusto efficace cambiamento. Ciò
porta ad un inevitabile stallo dove lo stesso sistema si costringe in un
percorso viziato che tenderà sempre a riparare falle senza innovare mai nulla.
In seguito si continuerà ad adattarsi, come oggi si usa, ai cosiddetti modelli
esterofili che nulla possono se non accentuare tali difficoltà, in quanto non esattamente in linea con la cultura
territoriale e la storia del nostro paese.
Persino un padre del pragmatismo, W. James, affermava che "vero è tutto quello che contribuisce ad arricchire la nostra potenzialità creativa".
Questo dovrebbe ispirarci a comprendere come, un forzato uso del
pragmatismo, non potrà agevolare alcuna innovazione, ma potrebbe continuare a frenare lo
sviluppo delle idee! La politica non può trascurare questo fondamentale
aspetto: Se un politico ha una coscienza e sa dare un senso alle parole crescita ed innovazione, si può allora pensare che resti immobile spettatore solo per un
proprio beneficio se, altrimenti, non percepisce il valore stesso delle idee, poiché non
riesce a comprenderlo, la sua figura apparirà sempre più come quella di un
parassita in un sistema sempre più malato.