6 giu 2012

La politica e la sua funzione



PREMESSA

LO SPIRITO DELLE LEGGI E LA FUNZIONE DELLA POLITICA




Quando nel 700, Charles de Montescquieu con “lo spirito delle leggi”, uno dei capisaldi del liberalismo, attribuì alla separazione dei poteri il concetto di libertà precisando l’importanza del loro reciproco equilibrio, pose le basi di una politica che ebbe grande influenza sulla costituzione francese e americana. Egli fu magistrato, ma anche profondo e lungimirante studioso della politica e dei temi sociali affrontati con forte spirito analitico. Scrisse anche del rifiuto dei dogmatismi nel senso che i fatti umani devono spiegarsi e risolversi in modo umano.
Questa ricerca, che fa riferimento al suddetto personaggio, spinge ad analizzare con equilibrio ma anche in chiave più moderna i temi della politica.
Dalla sua considerazione che il "potere assoluto corrompe in senso assoluto”, la condizione essenziale ed oggettiva per l'esercizio della libertà del cittadino, era che i poteri restassero nettamente separati. Per lui le istituzioni e le leggi dei vari popoli non erano casuali ed arbitrarie, ma strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla loro religione e persino dal clima.  Montescquieu guardava in lungimiranza: Per lui l’uomo è sottoposto a regole fondamentali e queste regole non devono considerarsi assolute ed indipendenti dal tempo che trascorre, ma variare col mutare delle situazioni, come devono variare le tipologie di governo.
Ma, in proposito gli argomenti di questo ingegnoso e brillante autore vanno oltre, analizzando in profondità altri aspetti come La repubblica, la monarchia, i parlamenti, la magistratura, la libertà, etc.
L'argomento della libertà fu da lui sicuramente molto trattato. Secondo l’autore, questa parola viene spesso confusa con altri concetti relativi all’indipendenza: Nel sistema di una democrazia, il popolo non può fare quello che vuole, il potere del popolo è spesso confuso con la libertà del popolo;  libertà significa fare ciò che le leggi permettono. Se un cittadino potesse fare ciò che le leggi proibiscono non ci sarebbe più libertà… E questo resta un fondamentale principio che regola ogni odierna democrazia.
Ma la cosa più interessante e sorprendente è quella nella quale questo personaggio fa notare  che il potere legislativo e quello esecutivo non possono mai essere accomunati sotto un’unica persona o corpo di magistratura,  e  neanche quello giudiziario può essere unito agli altri due poteri: i magistrati non possono essere contemporaneamente legislatori e coloro che applicano le leggi. Così, ovviamente i legislatori non possono essere contemporaneamente giudici.
Per lui, l'arte di creare una società e di organizzarla compiutamente, è  l’arte più alta e difficile, in quanto da essa dipende il benessere necessario allo sviluppo di tutte le altre arti.
Più tardi, tra il 1835 ed il 1840, Alexis de Tocqueville, francese, grande studioso della politica, magistrato e deputato, nel suo impegnativo scritto “la democrazia in America” ci informa di come quel giovane sistema,  costruito e fondato sulla libertà,  è sempre stato caratterizzato dall’uguaglianza.
Quest’uguaglianza ha fatto si che il sistema potesse crescere più forte in forza di normative e leggi che avrebbero potuto costruirlo ancora più solido godendo del plauso dei cittadini.
Benchè il nostro sistema sia venuto fuori da una storia ben diversa, più travagliata e complessa, bisognerebbe non dimenticare la forza che può rendere ad un Paese il concetto di uguaglianza unito a quello di libertà. Il nostro Paese non ha bisogno di seguire sistemi esterofili americani o francesi ma, deve sicuramente prendere spunto da alcune scelte operate da questi Paesi, solo per poter giungere alla determinazione di un cambiamento più utile e funzionale. Un cambiamento basato su idee proprie in relazione alla propria struttura storica, territoriale e culturale.



ruoli e capacità differenti
                        
Si dovrebbe poter trasmettere ai cittadini lo scopo ed il giusto fine costruttivo della “politica”. Un  preciso concetto che non può non essere legato alla sua funzione di base. Molti oggi determinano sinteticamente il suo scopo fornendone una ristretta interpretazione legata alla “funzione del governare”
La politica non può solo avere un sintetico senso del governare, in quanto essa racchiude in se i contenuti di teoria e pratica, di arte e scienza, di idea e funzionamento. La politica rimane arte nel principio consistente la ricerca delle idee, nel confronto con i cittadini, nella mediazione, diventa scienza nell’esercizio della sua funzione amministrativa legata allo sviluppo costruttivo della società.

In base a questo concetto, si pone anche quello che potrebbe oggi apparire come un paradosso e cioè: Chiunque, motivato da una capacità creativa, geniale ed intuitiva, potrebbe essere in grado di saper creare iniziative politiche idonee e funzionali alle esigenze,  anche se solo in termini teorici.
Le capacità di chi esercita questo ruolo appaiono  essere prevalentemente di inventiva il che comporta sicuramente quell’intuito e quella sensibilità per certi versi vicina alla capacità creativa di un artista in senso lato. Sebbene costoro, devono sempre avere una buona conoscenza dell’aspetto sociale ed istituzionale del paese in cui si vive.
Ben diversa rimane l’attività di chi deve predisporsi per una amministrazione in termini di conoscenza e quindi anche di esperienza per la soluzione di un processo costruttivo e di un buon funzionamento: Chi amministra deve avere un ruolo determinato e diretto verso la conoscenza scientifica di ciò che si deve con efficienza realizzare.

Ecco, perciò, la determinazione dei due ruoli che differentemente potremmo definire “induttivi” e  “deduttivi”. Ruoli che, per scopo ed esigenza, definiscono due strade diverse che dovrebbero raggiungere un unico percorso costruttivo in relazione alla definizione di una “politica” che si vorrebbe funzionale.
La speranza che in un politico possano coesistere ambedue le qualità appare molto difficile e, qualora potesse esservi, lascerebbe molti spazi aperti verso naturali compromessi: Generalmente chi ha una mentalità creativa non è portato ad accostarsi a chi si impegna mentalmente in direzione di una scienza e viceversa.


L’odierno sistema vede comunque il politico inserito contemporaneamente nei due ruoli come appartenenti ad un unico lavoro. Questo sistema ha fatto sì che oggi il politico venga considerato colui che crea e nel contempo esegue, nel contesto di un’unica linea politica. Linea politica che, nel tempo, viene condizionata da una vera e propria oligarchia dei Partiti.
Ci capita di vedere sempre più spesso ambedue i poteri, esecutivo e parlamentare, chiedere  più spazi a proprio vantaggio per via del differente ruolo a cui appartengono ed alle naturali esigenze : Chi siede in Parlamento reclama di poter legiferare e chi presiede un esecutivo esige di poter governare con procedure più svelte e funzionali.

L’utilizzo sempre più frequente dei decreti legge da parte dei governi pone il Parlamento in uno stato di degradamento rispetto al suo vero valore e l’uso esasperato degli emendamenti, da parte degli stessi parlamentari, rischia sempre di togliere efficienza alla importante azione funzionale del Governo. Una richiesta più che legittima e naturale da parte di ambedue i poteri, ma che, fino ad oggi, ha portato risultati poco incoraggianti.
Quell’accentramento che vedeva nel passato il raccordo dei due poteri Parlamento–Governo, affinché si potesse raggiungere un solido equilibrio, sembra oggi essere compromesso dall’evidente peso partitico che finisce col condizionare notevolmente ogni azione.

E’ chiaro che nel passato, per l’evidente differenza di un sistema che vedeva il formarsi di un Governo in seno e per volontà delle Camere, ci si poteva adoprare affinché questo raccordo potesse trovare un più utile risultato. L’attuale sistema, in direzione di  una costruzione bipolare della politica, fa si che il potere esecutivo, attraverso una elezione più diretta, determinata da una coalizione, pretenda di essere messo in grado di indicare una governabilità più snella e meno condizionata dalla logica parlamentare.
La evidente dicotomia che scaturisce in un sistema come il nostro, che per Costituzione rimane di principio Parlamentare, fa si che possano automaticamente sorgere contrasti i quali, non favoriscono lo sviluppo naturale di una vera politica costruttiva.
Quella simbiosi politica evidenziata nel Diritto Costituzionale, affinché ambedue i poteri potessero camminare in sinergia, per far sì che si costruissero assieme leggi, programmi e relative mansioni amministrative, si è persa.

Alcuni programmi esposti in sede di elezioni vengono esclusi o non inseriti nei tempi dovuti, altri, scaturiscono in un gioco di condizionamento in corso d’opera che ne cambia il senso e la volontà espressa in un primo momento. 
Il risultato di tutto ciò è sempre un brutto ed inaccettabile compromesso. Da qui l’esigenza di dover distinguere i ruoli persino in termini di carriere per due precise motivazioni:
    1) differenza in relazione alle capacità.  2) differenza in relazione al ruolo.
 


In base a questa premessa, quindi, sembra più che necessario dover guidare un processo di modernizzazione della politica che parta dai principi di una giusta funzione della dottrina. Un percorso più efficiente che possa esser costruito col dialogo con i cittadini, ma che possa anche definire un ruolo amministrativo più efficiente e concreto.

Le attuali forze politiche Nazionali appaiono non del tutto preparate ad affrontare una nuova era dove l’economia avanza ad alta velocità e dove la stessa “politica” sembra ancora alla ricerca di un vero “cambiamento”. Una politica che sembra arrancare in una strada vecchia priva di vere riforme innovative
In termini di vera “funzionalità” sembriamo assai indietro ed ogni problematica appare oggi condizionata da un iter processuale vecchio che subisce, fin troppo, chiari condizionamenti da parte delle odierne forti economie.

Una politica nazionale, dovrebbe tener conto dei bisogni del proprio Paese in un quadro più generale, attraverso una funzione di stimolo che possa avere un controllo solo politico sulle amministrazioni locali.
Questa funzione avrebbe il compito di spingere “la politica” verso un uso più corretto ed equilibrato per una evoluzione del Paese nel suo insieme, mentre ogni  “amministrazione locale” dovrebbe tener conto delle esigenze necessarie in base alla storia della singola Regione che si intende governare: Un’ amministrazione locale che dovrebbe seguire in larghe linee la strada di una politica nazionale di controllo, tenendo in considerazione il contesto sociale in cui opera e che perciò accresce, evolvendosi, un proprio patrimonio culturale ed imprenditoriale.

Nel nostro Paese, oggi, le conseguenze di un mancato ed equilibrato funzionamento della politica si evidenziano soprattutto: in una sostanziale mancanza di riforme, in un accresciuto divario con le Regioni del  Sud, in una giustizia assai poco credibile, in una chiara mancanza di sicurezza, in una fortissima e pesante burocrazia istituzionale, in un impellente bisogno di occupazione, in una sfiducia incalzante da parte dei cittadini…  ed altro ancora….

Le vecchie ideologie hanno forse contrastato e rallentato la marcia di innovazione dei grandi contenitori di consensi, ma oggi sembra che nessuno, abbia aperto la strada alle nuove idee per una vera politica di attualità. “Attuale” non può solo essere l’uso di un computer o dei servizi messi a disposizione dalla moderna rete internet, ma un’innovazione di tipo culturale profonda che solo i pensieri e le idee possono dettare.     
Una problematica che non può più essere posta sotto forma di una ideologica battaglia, poiché non si tratta solo di determinare una maggioranza, ma di lavorare insieme per diminuire quel macroscopico divario tra cultura e non cultura, tra grandi ricchezze e spaventose povertà, tra conoscenza ed ignoranza, tra sicurezza ed insicurezza e soprattutto tra il nord ed il sud del nostro Paese.

Non v’è dubbio che l’avvento frettoloso del bipolarismo, dopo cinquant’anni di politica centrista e moderata, ha generato gravi conseguenze in proposito. Un pensiero spaccato in due che ha creato una politica basata più sulle contraddizioni che sulle speranze di un vero cambiamento. Azioni e reazioni che hanno generato continui equilibri precari non rendendo alcun efficace funzionamento alla politica. Tutto ciò per dare forza ad un desiderio di “stabilità governativa” che, nel tempo, si è rivelata assai poco efficace poiché non costruita e ricercata attraverso un giusto “fine” deduttivo.

Non si può pretendere nessun risultato da qualunque posizione politica, se non si agisce  preventivamente al fine di far funzionare il sistema. Un atto sicuramente determinante e primario rispetto agli altri. Dobbiamo riconoscere il bisogno di una politica funzionante, indispensabile per non finire schiacciati da qualsiasi sistema economico che condizionerà in modo assoluto e pragmatico ogni logica del vivere comune.
La parola chiave, quindi, sembrerebbe essere “funzionamento”, come sinonimo di efficienza ed innovazione, ma intesa anche come teoria secondo la quale, nella logica, la funzione suddivisa dei singoli elementi culturali e formativi, ha un’importanza predominante sulla sua stessa evoluzione: Uno studio organizzativo che dovrebbe basarsi su un principio di specializzazione e di suddivisione del lavoro.

Il cittadino comincia a non fidarsi più di un’amministrazione pubblica e di un sistema che non garantisce più alcuna funzionalità alla politica. Non si tratta, quindi, soltanto di rimuovere i politici, ma di cambiare la stessa politica ed il sistema in cui essa naviga.
vincenzo Cacopardo