19 mag 2016

Una replica all' articolo di Domenico Cacopardo su Italia Oggi del 19 /5

In questo articolo di Domenico Cacopardo vi sono alcune verità, ma nella sostanza credo che si possa far notare come alcuni punti non potranno mai essere soggetti ad una giusta critica.. proprio perchè afferenti ad una personale interpretazione di voler stabilire all'interno di una propria organizzazione politica una particolare disciplina autonoma.


Malgrado un certo autoritarismo di certo confutabile.. nel caso del Movimento 5Stelle non credo proprio si possa parlare di fascismo! Alcune condotte potranno anche apparire vincolanti in modo eccessivo, ma comunque appartenenti ad un modo di dirigere l'organizzazione di un Movimento secondo una propria visione e disciplina. Se esiste questo difetto  (se così possiamo chiamarlo) viene a galla in considerazione del fatto che non si è mai voluto mettere mano ad una regolamentazione dei Partiti in modo da poter stabilire dei principi più concreti ed uniformi in riferimento alla disciplina interna di ogni organizzazione politica.


Sappiamo che la Costituzione Italiana riconosce il loro ruolo  quando scrive, all’art. 49, che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale». Sappiamo anche che da questo articolo discendono quasi automaticamente alcuni principi, ma non vengono stabilite.. più specificatamente.. precise regole organizzative: La formazione dei partiti rimane libera qualunque ne sia l’ideologia. A loro viene riconosciuta la funzione di determinare la politica nazionale. Dal punto di vista giuridico i Partiti politici in Italia sono comunque organizzazioni private che si configurano come associazioni non riconosciute e godono quindi dell’ampia libertà d’azione che è prevista dal codice civile.

Ognuno che entra a far parte della particolare organizzazione politica dei 5 Stelle si assume una responsabilità..che di certo non gli viene imposta poiché esiste la piena libertà di non sottostare ai loro principi :Basta non farne parte! Se Virginia Raggi..ad esempio..si ritiene interessata all'organizzazione e viene proposta come candidata per le amministrative di Roma..si assume la responsabilità personale di attenersi alle regole (giuste o meno giuste) di questo Movimento... Anche nel caso volesse firmare una lettera di impegno all'interno dell'organizzazione..sarà sempre una sua scelta..una sorta di contratto interno di fatto..e non di diritto!

Non si tratta di capire qualcosa del "diritto" e di fare riferimento a condizioni capestro. Nessuno è costretto dover far parte di un Movimento..se non lo vuole e se non ne condivide le regole..Regole che al contrario possono anche criticarsi...Tutto il resto potrà essere deplorevole quanto si vuole..ma resta nelle linee di ogni organizzazione che rimane libera nel proprio modo di interpretare la trasparenza e l'etica stessa al suo interno. Vi è in proposito un unico modo di poter bloccare tali processi interni un po' assoluti e deformanti di una organizzazione politica.. e cioè quello di riformare l'art 49 attraverso una regolamentazione più precisa che fino a oggi il sistema politico odierno non si è mai curato di fare proprio perchè da ciò trae altri benefici e può costruire diversi conflitti di comodo.

Per quanto riguarda i media ..l'affermazione di Domenico appare incomprensibile in quanto mi sembra che televisioni e giornali sono quasi tutti in mano al sistema politico odierno e non alle opposizioni.. e se nel caso della 7..non possiamo che ringraziare Cairo che apre lo spazio ad una critica più ampia ed equa, rimane il fatto che la stra-maggioranza della stampa offre di sicuro nutrimento a quello che si potrebbe definire il vero popolo bue: Quel popolo che oggi segue il giovane boy scout fiorentino osannandolo per la sue ripetute parlantine e l'inverosimile supponenza con la quale continua a perseverare imponendo riforme costituzionali deformanti con l'uso di sistemi antidemocratici ed assoluti... Fingendo di cambiare per non cambiare nulla..Correndo di fretta e con superficialità.. Di sicuro..il suo.. è il gregge che ignora o non intende vedere oltre!
vincenzo cacopardo



I media perdonano tutto ai cinquestelle

 di Domenico Cacopardo 


Mentre la vicenda Pizzarotti si sta avviando all'inevitabile soluzione (espulsione dal Movimento 5stelle e, in caso di rinvio a giudizio, dimissioni ed elezioni anticipate), a Roma, e in qualsiasi luogo ci sia un candidato del Movimento, la campagna elettorale si sta sviluppando con una inaccettabile rimozione. I media, che non si lasciavano sfuggire una rumorosa soffiata di naso di Berlusconi, soffrono di ontologica distrazione su quanto riguarda i grillini, quando, come nel caso di Lilli Gruber, che si è trasformata, da vestale della sinistra più radicale e giustizialista, a fan di Grillo, Scanzi e Travaglio (un passaggio dai piani nobili agli scantinati della politica) e dei dioscuri dagli ascolti fallimentari Giannini&Floris, dimenticano la montagna di osservazioni che potrebbero essere formulate al Movimento e alle sue escursioni lontano dalla democrazia, verso la teoria e la pratica nazifascista, razzismo compreso.
Virginia Raggi, candidata grillina a sindaco di Roma, ha dovuto firmare un contratto che la impegna a pagare una penale molto alta e a dimettersi in caso arrechi un «danno di immagine» al Movimento e, una volta eletta, a far approvare preventivamente allo staff di Beppe Grillo tutti gli atti amministrativi di una certa importanza. Questi impegni sono illegali e illeciti e delineano un candidato e un sindaco eterodiretto, indipendente dal consiglio comunale e dalla volontà dell'elettore popolo «bue». Chiunque capisce qualcosa di diritto sa che le condizioni-capestro, in quanto illegali e illecite, sono nulle e nessun giudice potrebbe condannare la Raggi a pagare la penale per un qualsiasi «danno di immagine», definito tale dai quei premi Nobel del diritto che rispondono ai nomi di Grillo, Di Maio, Di Battista e Fico.
Insomma, un fatto che testimonia la natura autocratica del Movimento, una sorta di falange a disposizione delle decisioni e dei capricci di un comico-satrapo e di un giovanotto nominato «guru» per diritto ereditario.
Il consenso belante di media e giornali (che evitano di formulare tutte le domande più urgenti e ficcanti), però, è ancora peggio del fatto politico.



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