18 mar 2013

Un commento di Alberto Cacopardo

IL MOUS, LA CADUTA DI PRODI E UN SIGNORE DI NOME ROBERT GORELIK

Estate 2007. In una saletta riservata dell’Hotel Ambasciatori a Roma si incontrano a pranzo quattro persone. Uno è Sergio De Gregorio, il senatore Idv da poco passato a Berlusconi dietro lauto compenso. Un altro è Enzo De Chiara, consulente dell’ambasciata Usa a Roma. Il terzo è Clemente Mastella, guardasigilli del governo in carica. E il quarto è Robert Gorelick, da quattro anni capocentro della Cia nella capitale.
Stando alle dichiarazioni rese da De Gregorio ai pm di Napoli, lo scopo di quel pranzo è preciso: Gorelick vuol fare sapere a Mastella, appositamente convocato da De Gregorio, che il governo americano gli “avrebbe mostrato riconoscenza” se avesse fatto cadere il governo Prodi.
Interpellato, Mastella ha confermato l’incontro, ma ha smentito quella promessa di riconoscenza.
Naturalmente, la smentita di Mastella è irrilevante: se la cosa fosse vera, certamente la negherebbe, se fosse falsa pure.
Ma se esaminiamo da vicino le modalità di questa smentita, constatiamo che si tratta pressoché di una conferma.
Mastella dichiara al Messaggero di non aver capito “che l’americano presente fosse il capocentro Cia”, ma al tempo stesso dice a Repubblica di avere sempre avuto “rapporti intensi con gli americani”. Dunque è un po’ strano che non conoscesse Gorelick, il quale, stando a chi lo ha conosciuto, era un personaggio “ben noto”, dopo quattro anni di soggiorno a Roma.
Gorelick non era un agente qualsiasi. Secondo il suo profilo sul sito di Deloitte, l’agenzia di business consulting per la quale ha successivamente lavorato, era stato a capo per tre anni, dal 2000 al 2003, della Counterproliferation Division della Cia. Dove “aveva stretto forti legami con policy makers e lavorato regolarmente col Presidente, il Vice Presidente ed altri membri chiave del governo, perseguendo vitali priorità nazionali”. Nei suoi decenni di carriera nella intelligence community, aveva acquisito una “eccezionale esperienza ad alto livello nella formulazione ed attuazione delle politiche nazionali, oltre a fornire informazioni su questioni di intelligence e di sicurezza nazionale a politici a livello di governo negli Stati Uniti e all’estero”. Insomma uno dei cervelli dell’amministrazione americana, in diretto contatto con George Bush.


                                                                      Robert Gorelick

C’è da chiedersi con quali americani Mastella intrattenesse i suoi rapporti intensi, per non avere idea di chi fosse un personaggio del genere. Ma passi, la Cia è pur sempre un servizio segreto.
Il ministro, tuttavia, evidentemente capì benissimo di avere a che fare con un emissario diretto di Washington, poiché racconta al Fatto Quotidiano: “Sorrisi, ascoltai e me ne andai dopo pochi minuti perché mi pareva un'americanata. Sapevo già che l'amministrazione Bush non era favorevole a Prodi.” E dal Messaggero apprendiamo che disse a Gorelick “di essere soddisfatto del [suo] incarico di governo”. Mastella dovrebbe spiegarci che cosa esattamente ascoltò che meritasse quella risposta.
Perché quello che ci sta dicendo è che un emissario diretto del governo americano convocò il ministro più infido del governo Prodi per spiegargli che l’amministrazione Bush non era favorevole a quel governo. Più chiaro di così…
Mastella argomenta che se gli americani “avessero dovuto parlarmi di argomenti delicati, non lo avrebbero fatto certo in quella sede” e, per risultare più convincente, sbotta: “E poi cosa mi potevano promettere gli americani? Facevo il ministro della Giustizia, mica l'usciere, ero all'apice della carriera politica”.
In effetti, nessuno ha mai capito che cosa ci abbia guadagnato Mastella a far cadere Prodi. Ma fatto sta che di lì a pochi mesi, dopo averlo tenuto in bilico tutto l’autunno, si dimise e lo fece cadere.
La conclusione che appare più ovvia è che Gorelick abbia avanzato, in termini più o meno velati, la sua offerta, e che Mastella, per ovvie ragioni, si sia ben guardato dall’aprire una trattativa in presenza di De Gregorio.
E naturalmente non si può certo escludere che la trattativa sia proseguita con successo in altra sede, dato che questo potrebbe forse spiegare un atto altrimenti pressoché incomprensibile come quelle sue dimissioni. Non si può escludere, ma nemmeno concludere per certo, beninteso.
Ma questo, in fin dei conti, è secondario. Più che stabilire se Mastella sia stato corrotto, o convinto, o accompagnato, quel che ci dovrebbe interessare è constatare che il governo di Bush ci provò: mise in moto i suoi servizi segreti per far cadere il governo Prodi.
E ancor più ci dovrebbe interessare capire perché. Anche su questo De Gregorio ha qualcosa da dire: “Vi erano preoccupazioni forti da parte degli americani sulle questioni di sicurezza e difesa, in ordine alle opposizioni che venivano dall'ala più radicale del governo Prodi", ha spiegato a Repubblica. "In particolare c'era preoccupazione sul rafforzamento della base Nato di Vicenza e sulla installazione radar di Niscemi, che provocavano forti resistenze della componente estremista”.
L’installazione radar di Niscemi non è altro che la base a terra del Mobile User Objective System, il famoso Muos contro il quale si è mosso di recente il presidente siciliano Crocetta in accordo col locale Movimento Cinque Stelle. Forse ha qualche ragione Crocetta a sentirsi piuttosto preoccupato davanti a questa storia...
Ma quel che è forse più preoccupante è il fatto che un episodio di questa portata sia passato pressoché inosservato. Si è fatto un gran rumore sulla trattativa fra De Gregorio e Berlusconi, ma ben pochi si sono curati di soffermarsi su questo episodio. I nostri media nazionali non lo hanno ritenuto rilevante. Sarà che non credono a De Gregorio? Sarà che temono la Cia? O saranno talmente abituati all’idea che non siamo indipendenti, da non dare alcun peso ad un’inezia come questa?
Alberto Cacopardo

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