6 mar 2013

un commento di Domenico Cacopardo


Le discussioni del dopo elezioni testimoniano la galoppante schizofrenia del mondo politico, compresa la presunta novità Grillo.

Si discetta del nuovo governo e si spiega che il catalizzatore della maggioranza (d’emergenza, provvisoria, istituzionale) sarebbe un programma in pochi punti vitali: nuova legge elettorale, conflitto di interessi, taglio dei costi della politica, compreso il dimezzamento del numero dei parlamentari. Quest’ultima riforma è in palese contraddizione con l’idea di un’operazione governativa di breve respiro, visto che per realizzarla occorre una legge costituzionale con doppia lettura: insomma due anni di tempo.

Quanto al resto, non si può non concordare: la nuova legge elettorale (in quale  direzione, però? Doppio turno alla francese? Maggioritario con voti di preferenza?), il conflitto di interessi, il taglio dei costi della politica, sono in fondo elementi banali di un’antica rimasticatura, la cui via d’uscita appare ancora lunga, visto che, a parte la dichiarazione dei titoli delle riforme, non c’è consenso su nessuno dei passi successivi. Del resto, se tali questioni non comportassero seri problemi giuridici e politici, non avremmo atteso sino a ora per non vederle risolte. Là dove la schizofrenia emerge in tutta la sua virulenza è nella evidente cancellazione dall’agenda politica nazionale del tema Europa-emergenza economico-finanziaria.

Siamo ancora in mezzo a un guado. Non sappiamo se e quando chiedere l’intervento del Fondo salvastati, né se ci sarà una nuova manovra di bilancio. Non sappiamo in che direzione orientare la nuova legge finanziaria, quella del rilancio dell’economia. Non sappiamo se aziende come Ilva, Eni e Finmeccanica (queste ultime accusate di corruzione internazionale) avranno un futuro di mercato e quali conseguenze ci saranno per le loro migliaia di lavoratori.

Conosciamo solo le ricette elettorali: a parte quelle delle liste Monti (le uniche con una seria consapevolezza europea), tutti gli altri si sono esibiti in proposizioni demagogiche senza alcuna possibilità reale di attuazione.

Non parliamo di Berlusconi e della sua restituzione dell’Imu. Parliamo di Bersani e del programma del Pd, fondato su una rinegoziazione europea che, allo stato, non ha alcuna possibilità di farsi strada. Parliamo di Grillo che, a parte le giuste rivendicazioni di pulizia morale, propone autentiche follie, dal disconoscimento del debito pubblico alle controriforme delle pensioni e del mercato del lavoro, entrambe in senso regressivo.

La natura fondamentale del quadro economico-finanziario e della compatibilità europea sfugge alle dichiarazioni del politici e dei commentatori, per non parlare degli showman televisivi, il cui obiettivo è mettere in luce il nostro ombelico piuttosto che i  vincoli internazionali e quelli di mercato.

In fondo, questo disinteresse, in modo inconsapevole, conduce sulla strada che a Berlino, a Francoforte e a Bruxelles è in corso di definizione. E questa non è un’opinione, ma un’informazione. Parliamo dell’Europa a due velocità, quella dei virtuosi paesi del Nord, Francia compresa (alla fine Hollande non solleverà  un dito per Bersani e la sua compagnia di giro) e quella dei viziosi paesi del Sud, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia abbandonati al proprio destino di paesi di serie B, accompagnati nello sprofondare della crisi e del declino irreversibile da acconce parole di circostanza, su un futuro rientro a impossibile risanamento avvenuto.

La conseguenza la percepiremo sulla nostra pelle col peggioramento di tutte le condizioni sociali (il lavoro mancherà sempre di più) attualmente in bilico o disperate.

Forse impareremo a nostre spese che è meglio votare con la testa che con la pancia.
domenico Cacopardo


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