28 ago 2013

un commento di Paolo Speciale

Le due ragion di stato
di Paolo Speciale
Il nostro Paese non gode di una certa considerazione - anche all'estero – solo per la cosiddetta “casta”quanto soprattutto per la sua irripetibile capacità di agire –qualunque sia la forza politica in campo – con sorprendente tempestività e tempismo laddove l'evoluzione degli accadimenti politico-temporali possa costituire instabilità istituzionale con conseguenti imprevedibili espansioni sulla vita sociale. E non ci pare che ciò possa essere considerato merito solo del Colle più alto.
Ad un periodo di profonda crisi economica vissuto in parte con un Professore della Bocconi -forse in quella fase insostituibile ma di certo fortemente impegnato in un improduttivo quanto scontato servilismo in favore di una sempre più pedante Germania - è seguita, paradossalmente grazie ai risultati di elezioni che tuttavia mai più dovrebbero svolgersi con lo stesso sistema, una generale presa di coscienza – chiamiamola pure di autoconservazione – della potenziale -essenziale entità delle nostre capacità produttive e della eccellenza delle nostre risorse, resa possibile in buona parte anche dalla parte del mondo in cui ci troviamo.
Di qui la nascita di un patto di governabilità – a tempo, anche se tutti si affrettano imprudentemente a negarlo – che ha soddisfatto l'esigenza di contenere pericolose derive riferibili a molteplici causalità ,prima tra le quali il consapevole improprio esercizio della lotta politica al di fuori delle due assemblee legislative -sia da parte degli eletti in senso stretto sia da parte di chi eletto non è -.
Patto – dicevamo - che ha anche rieditato, stavolta con maggiore pubblica determinazione, un nuovo e diverso“compromesso storico”, distante quanto basta dal precedente, ormai dimenticato forse perchè sapeva più di “loggia”pseudo ufficiale e pseudo legittima.
Alla querelle diplomatico-politica legata alla sorte di Berlusconi il governo ha risposto con una serie di provvedimenti conformi ad una attività di indirizzo politico riferita alla natura stessa di questo esecutivo ed alla contingenza temporale in cui opera. Prudentemente entrambe le principali forze in campo hanno sinora solo pensato e non anche “agito” in funzione delle vicende giudiziarie di un uomo che, proprio per la prima delle due ragion di stato che qui ora vogliamo invocare, grazie alle sue risorse personali acquisite in buona parte in forza della impostazione sostanzialmente e permanentemente liberale del nostro sistema, può e deve rispettare una sentenza, consapevole tra l'altro del fatto che non ha certo bisogno di rimanere in Parlamento per continuare a cercare legittimamente consensi ed incidere su parte della vita politica italiana, atteso che i gruppi di pressione non risulta siano ancora stati resi incapaci di agire.
La seconda ed ultima ragion di stato impone ancora una volta, sotto la garante egida del Capo dello Stato,la indispensabile separazione netta tra politica e giustizia. Come iniziare a dare il buon esempio? A proposito della possibile decadenza da senatore della Repubblica del Cavaliere secondo il dettato del Decreto Legislativo n. 235 del 2012,più noto come legge Severino, è indispensabile che ciascun parlamentare chiamato ad esprimersi lo faccia secondo coscienza ed in piena autonomia, ponendo in secondo piano direttive di partito. E' un'occasione unica per non emettere sentenze “politiche”, viziate da un equivoco sul quale il centro-destra dell'ultimo ventennio ha fondato – con un successo elettorale che a tutt'oggi è da ritenersi inspiegabile – la propria strategia comunicativa.

Più si enfatizzerà infatti inutilmente la ovvietà che caratterizza la subordinazione alla legge del Senatore Silvio Berlusconi, più prevarrà.. impropriamente.. l'elemento politico su quello giudiziario della sua vicenda.
Fatta questa premessa, si può anche ricordare che il cittadino Berlusconi è uguale a tutti gli altri davanti alla legge, anche e soprattutto nel diritto di adire la Corte Costituzionale, nel rispetto di un sistema sinora vigente che deve essere riferito, in senso attivo e passivo, a tutti. E non a caso è da citare al riguardo l'autorevole dichiarazione del Presidente Violante, che non fa onore a nessuno definire tout court un abile salvacondotto.

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