Nebbia sulla Roma
politica di domenico Cacopardo
C’è molto di poco chiaro e d’irrazionale nella
politica di questi giorni, protagonista Silvio Berlusconi e la sua strategia
della tensione. Il leader del centrodestra prospetta soluzioni e iniziative che
non hanno alcun collegamento con le concrete possibilità dei soggetti
istituzionali cui sono rivolte, da Napolitano al Pd, da Enrico Letta al
Parlamento. Intende ottenere un qualcosa che gli eviti le conseguenze della
sentenza della Corte di cassazione, gli arresti domiciliari o i servizi
sociali, l’estromissione dal Senato, l’incandidabilità.
Di fronte alle tappe della sua personale via Crucis
prossima ventura, Silvio Berlusconi mena fendenti a destra e a sinistra nella
speranza di seminare la paura e di ottenere un irrealizzabile e illegale
salvacondotto. In modo acritico e passivo, i suoi sodali –sempre più spesso
complici- ripetono le parole del capo chiedendo le medesime impossibili
decisioni. Fra esse un voto contro la sua decadenza da senatore che il Pd non
potrà mai dare, pena il divorzio dal proprio elettorato.
L’impressione che si può
trarre dai palazzi romani è che si tratti di un bluff, messo in atto da un
vecchio giocatore, avvezzo alle battaglie della competizione imprenditoriale e,
da vent’anni, a quelle della politica. Insomma, si alza la tensione per
‘portare a casa qualcosa’. Non si capisce cosa.
Riflettendo bene, però,
una questione reale, un pericolo immanente c’è: è quello che, sin da ora,
alcune procure abbiano pronto il mandato di cattura di Berlusconi con
restrizione in prigione un minuto dopo l’estromissione dal Senato e la
conseguente perdita delle garanzie costituzionali che accompagnano lo status di
senatore. Basta pensare a Napoli (inchiesta De Gregorio), a Bari (inchiesta
Tarantini) e a Milano (‘subornazione’ delle olgettine) per immaginare
Carabinieri e Guardie di Finanza al cancello di Arcore con tintinnanti manette.
Già –e lo sanno bene Berlusconi e i suoi avvocati- non serve avere superato i
70 anni per essere al riparo da manette e carcere quando un procuratore teme
la reiterazione del reato o l’inquinamento delle prove.
Dunque, se questo è il
vero problema, tutto il resto -come si diceva una volta- è saponata.
Saponata le questioni
della legge Severino: retroattività o meno; costituzionalità. Su di esse, la
Giunta per le elezioni del Senato può definire una posizione e adire la Corte
costituzionale. Naturalmente, ci vuole una maggioranza disponibile a farlo.
Così sulla
candidabilità: allo stato non c’è una Corte d’appello che possa ammettere una
lista nella quale sia presente Silvio Berlusconi. Qui potrà essere avviato un
iter giurisdizionale che avrà i soliti tempi lunghi e che si concretizzerà, nel
migliore dei casi, in una vittoria di Pirro.
Agli altri, Napolitano,
Letta (Enrico), il Pd, il Senato non resta che aspettare e ‘vedere’ il bluff.
Intanto, avanzano il problema Imu e quello, drammatico, della crisi siriana.
Sull’Imu, si approverà una soluzione accettabile; sulla Siria ci si rimetterà
all’Onu. Entrambe le decisioni consolidano oggettivamente il governo Letta. A
carte scoperte, infatti, si capirà che l’unica carta di Berlusconi è la crisi
di governo. Ma, dopo di essa, non ci saranno elezioni. Né ribaltoni. Ci sarà un
Enrico Letta2 con appoggi sparsi, derivanti da un piccolo, ma sufficiente
smottamento del Pdl e di M5S.
Per il cavaliere sangue
e lacrime, quel sangue e quelle lacrime che non ha voluto e saputo evitare.
Purtroppo, nel disastro, quando ci sarà, porterà seco il sogno di una destra
liberale e democratica.
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