Matteo Renzi con la nomina della segreteria e con
lo scambio proposto a Beppe Grillo ha sollevato il polverone del rinnovamento.
Vediamo
di che si tratta: la segreteria, ovvio, è composta da giovani. Guardando bene i
curricula, si vede che molti componenti sono dilettanti allo sbaraglio. Due casi:
Marianna Madia, responsabile del lavoro non ha mai svolto in vita sua un lavoro
vero, come lo intende la gente;di Alessia Morani, giustizia, non si conosce
attività giudiziaria a Macerata, la sua città. Per il resto, salvo un paio, giovani
impegnati in politica sin dalle scuole secondarie.
A
Milano, domenica 15, l’apoteosi: nell’insediamento, Matteo Renzi propone a
Beppe Grillo uno scambio. Rinuncio (e restituisco?) il finanziamento pubblico,
tu approvi la mia riforma elettorale (e costituzionale?). Non c’è nessuno –a
parte il popolo plaudente di Milano- che possa comprendere il senso del
baratto.
Se tu,
Renzi, consideri sbagliato e riprovevole incassare e avere incassato i soldi
del finanziamento pubblico, devi vedertela con gli italiani. Annunci loro che
intendi restituire il finanziamento pubblico, riportando le somme a cui hai
avuto e hai diritto nelle casse dello Stato.
Se
ritieni necessarie la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale,
poiché alla Camera disponi della maggioranza dei seggi, presentala e falla
approvare. Al Senato ti basterebbe l’appoggio del vituperato Alfano. Non si
capisce quindi il patto che proponi a Beppe Grillo, a meno che tu non lo
consideri il rappresentante degli italiani (più del tuo Pd) e, quindi, necessario
tramite per il cambiamento. Sarebbe uno sciocco il comico genovese ad
accettare: tu vuoi un Parlamento bipolare, Grillo non potrà mai volerlo, dato
che rischia di arrivare terzo rimanendo fuori dal gioco.
Nuovo
non è sinonimo di migliore. Giovane non è sinonimo di rinnovamento e di
rilancio. E ci rendiamo conto che il modo di procedere del ragazzo fiorentino non
è il miglior avvio per un partito ‘innovatore’: sparare bordate come quelle
iniziali può gettare polvere negli occhi dei fan dei Lungarno ma non incanta
chi conosce il gioco.
Si
collega a questo modo di affrontare i problemi il decreto-legge sull’abolizione
del finanziamento pubblico. Un pegno pagato da Enrico Letta al neoeletto
segretario del partito. La questione italiana nasce dalla mancata attuazione
dell’art. 49 della Costituzione. Cioè alla mancata disciplina dei partiti,
statuto democratico, regole di trasparenza. Nel decreto-legge la questione è
finalmente affrontata. Per i quattrini, invece, in quattro anni il
finanziamento pubblico sarà azzerato. Credete possibile che i tartassati
contribuenti destinino il 2 per mille della loro Irpef al finanziamento dei
partiti? Se lo faranno, i soldi non usciranno dalle loro
tasche, ma saranno sottratti allo Stato che li erogherà.Vi sembra serio?
E spiace
proprio per Enrico Letta, che è tutto meno che un guitto da seconda Repubblica.
domenico cacopardo
domenico cacopardo
Se invece.. il cugino Cacopardo...voleva
sorprendermi..lo ha fatto in pieno!
In sintonia con quello che sottolineo da molto tempo, ha puntualmente messo in evidenza il nocciolo della
questione. Non si tratta infatti di andare contro Renzi per puntiglio o partito
preso!
La speranza
di un cambiamento attraverso la sola figura di un sindaco rottamatore.. che si propone con ambizione
in sistemi rigidi per affermare una visibilità e la personale corsa verso un premierato,
non può far trascurare una prioritaria azione di rinnovamento che dovrebbe disciplinare gli
stessi Partiti…
Renzi rischia di arrivare al suo desiderato traguardo di capo dell'esecutivo privo di una solida base di sostegno!..E ciò fa specie...proprio perché il personaggio, invaso da una indiscussa esaltazione, sembra proprio non intuirlo, non curandosi in un dovere che si deve ad una libera azione della politica condotta dai Partiti.
Chi ha la
capacità di saper leggere con attenzione la politica può veramente intuire l’importanza
di un percorso di metodo.. senza il quale.. potremmo rischiare di ingabbiare la politica
togliendogli quella necessaria funzione dinamica, riducendola alla unica e ristretta visione
della azione amministrativa.
vincenzo cacopardo
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