di domennico Cacopardo
Il governo che Matteo Renzi ha costituito
nasce nel segno dell’innovazione con la
continuità. Immaginare qualcosa di diverso era illusorio: la politica, come la
natura, si evolve. Nell’evoluzione è la garanzia del collegamento con la Storia
e le aspirazioni dei cittadini.
Questo può non accadere nelle rivoluzioni
o quando il divorzio tra politica e volontà popolare è così ampio da
determinare il crollo di un regime.
Siamo stati e siamo molto vicini alla
seconda ipotesi per un complesso di ragioni di cui il governo di Enrico Letta è
stata palpabile testimonianza. L’assoluta lontananza dal sentiment generale è all’origine dei guai che hanno travagliato
quella compagine, insieme all’impossibilità di dominare alcuni ministri che
invece di rispondere a palazzo Chigi rispondevano direttamente al Quirinale.
Il compromesso raggiunto sul ministro
dell’economia non è soddisfacente, purtroppo. Pier Carlo Padoan, consigliere
economico di D’Alema primo ministro, è un fior di professionista, estraneo,
però, a Matteo Renzi. Anche se ha tutte le carte per giocare il suo ruolo in
modo efficace, per capacità personali e per qualificate relazioni
internazionali, reca con sé il peccato originale di una scelta imposta dal
softleninista Napolitano.
Non si riesce a comprendere come non ci
si renda conto che il capo del governo abbia il diritto e il dovere di
scegliere i suoi ministri in modo fiduciario, portando la responsabilità
politica della loro azione. Il fatto che la Costituzione affidi al presidente
della Repubblica la nomina dei ministri, non significa ch’egli possa inserirsi
nella loro scelta.
Renzi, alla fine, si è piegato: non è il
vincitore di un’elezione politica, solo di un congresso di partito.
Il suo orizzonte strategico riguarda la
prossima legislatura, non questa. L’intelligenza politica di cui dispone lo
spingerà alle urne non appena ottenuta la nuova legge elettorale. Anche a
maggio 2014. Guidando il governo alla sua maniera, un misto di annunci popolari
insieme a una tempistica molto stretta, ha reali possibilità di aggiudicarsi la
maggioranza dei seggi alla Camera e al Senato.
Dopo potrà sfoderare le unghie e impedire
a chiunque, si tratti di Napolitano o del suo successore, di sbarrargli la
strada con richieste e imposizioni inaccettabili.
Il primo punto all’ordine del giorno per
il premier è l’incontro con il suo ministro dell’economia, in precipitoso
ritorno dall’Australia, dov’era per una riunione internazionale. Qui, a
quattr’occhi, dovrà spiegargli che la prospettiva in cui muoversi è quella del
recupero di tutta la sovranità nazionale recuperabile, della contestazione del fiscal compacte della ridefinizione dei
rapporti Italia-Unione europea, nel segno dell’equilibrio e dell’equità.
La chiarezza cui lo scout fiorentino sa,
di tanto in tanto, ricorrere, serve a evitare la commedia degli equivoci (e
degli orrori) che ha caratterizzato l’azione di Saccomanni e Letta.
Nell’interesse dell’Italia, auguri.
Un po’ troppo ottimistico in favore di
Renzi..questo articolo di Domenico che sembra dimenticare gli enormi ostacoli
posti nel suo percorso verso la prossima legislatura. Prima di porci un
possibile secondo incarico sul giovane determinato politico toscano, dovremmo
fare una analisi più attenta su quello che l’aspetta nel breve futuro. Un
governo è stato fatto, ma non ci sembra di qualità, né tanto diverso da quello
precedente..se non per quella figura determinante di un economista
probabilmente capace come Padoan. Riguardo alla forzatura di Napolitano ..non
si può sottacere il fatto che chiunque..in un certo senso.. finisce col pagare
un prezzo..quando non viene portato al premierato dai cittadini.
Ma tornando al suo neonato governo.. sono
pochi, e pare.. neanche il cugino, ad
accorgersi del silenzio nei confronti di un incognita che continua ad influire
con evidenza sullo sviluppo del nostro Paese. Non una parola..nè una idea..nemmeno un piccolo progetto in favore
del nostro mezzogiorno che oggi impedisce la crescita dell’intero Paese. Ci si
è soffermati costantemente sul nostro rapporto con l’Europa senza affrontare
con essa un progetto di sviluppo per il Sud. Non si parla di un comune progetto
che potrebbe dare forza alla crescita comune di tutta la nostra Nazione.
Per quanto concerne la figura…(forse
l’unica e più sicura di questo governo)
Pier
Carlo Padoan, nuovo ministro dell’economia, possiamo essere più ottimisti, ma
non dobbiamo dimenticare che un governo non si può reggere sulla forza di un
solo dicastero. Padoan è un buon economista, è professore, è stato consulente
presso la Banca Mondiale, la Bce e la Commissione europea. Nominato presidente
dell’Istat ha più volte rimarcato il fatto che la situazione è ancora molto
delicata ed il nostro Paese sembra aver rallentato il passo. Ha spiegato anche
che le tasse che danneggiano di meno la
crescita sono quelle sulla proprietà, come l’IMU, mentre le tasse che, se
abbassate, favoriscono la crescita, sono quelle sul lavoro. Questa sembrerebbe la base del
suo delicato lavoro.
Cosa potersi
aspettare di meglio..dunque? Pare che per il nuovo ministro sia meglio concentrarsi
sulla crescita che sul debito. Ma..proprio per questo.. il problema della
nostra crescita non potrà mai essere slegato da un contesto che vede l’economia
di un Paese diviso a metà.
v.cacopardo
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