31 ott 2014

Pubblica sicurezza, lavoro e politica

di vincenzo cacopardo
Scrive il Consigliere Domenico Cacopardo su "Italia Oggi":

"Sembra che la direzione della Pubblica sicurezza sia affidata a un autista ubriaco. In mille casi si tollerano manifestazioni che tracimano sino a bloccare la viabilità, le ferrovie e gli aeroporti. Si usa la cosiddetta tattica della persuasione e, spesso, si consentono vere e proprie violenze passive nei confronti della comunità. Sia mediante l’espropriazione del diritto di libertà di movimento, sia mediante l’opposizione attiva o passiva all’esercizio del diritto di lavorare.

In altre nazioni, queste forme di pressione non sono consentite e le medesime organizzazioni sindacali si assumono la responsabilità di sconsigliarle e di impedirle.

Del resto da noi –e il caso Notav Torino Lione ne è l’esempio più eclatante- si rinuncia anche all’esercizio degli strumenti disponibili per conoscere in anticipo i propositi dei violenti che non mancano mai, in ogni circostanza. Sembra impossibile comprendere come possa accadere che Polizia e Carabinieri siano così spesso colti di sorpresa.

In altri casi, l’ultimo gli scontri del 29 ottobre a Roma, si dà il via a un duro contrasto: non si contiene, ma si respinge e si attacca fermamente. 

Non c’è un filo logico che renda chiare le ragioni di questa dicotomia.

Chi ha visto le riprese televisive della giornata romana dei lavoratori delle acciaierie di Terni, ha constatato che il barricadiero Landini si rivolgeva ai suoi uomini esortandoli a fermarsi «Così passiamo dalla parte del torto», dimostrando, così che le vittime non sono da una sola parte. Peraltro, si sa che la convinzione dominante tra i professionisti delle manifestazioni è che gli agenti della Polizia e i Carabinieri siano (miseramente) pagati per prenderle senza protestare né reagire. Una follia.

Vediamo tutti come, senza alcun senso di responsabilità, Susanna Camusso e Maurizio Landini (la sconfitta inflittagli dall’orco Marchionne non gli ha insegnato nulla) da mesi soffino sul fuoco del disagio sociale. Non sanno, per memoria corta o ignoranza, quello che accadde intorno alle tensioni degli anni ’70, sino alla metà degli ’80. Non conoscono i pericoli insiti nell’azione di un sindacato che non si fa carico dei vincoli generali, interni e internazionali, che pesano sulla situazione di molte fabbriche. Tra i pericoli, oltre all’ordine pubblico, c’è –e si staglia con un aspetto sanguinoso- il terrorismo. 

E non basta soffiare sul fuoco, si procede come una (piccola) legione romana contro il primo ministro Renzi e il suo governo, accusandoli d’essere espressione di non identificati gruppi di potere (Ferruccio de Bortoli denunciò un che di massonico, senza tuttavia fornire un solo elemento concreto), nemici dei lavoratori e promotori di un arretramento dei loro diritti e delle loro retribuzioni.

Se –non accadrà- la Cgil e la Fiom dovessero vincere, il processo riformista così decisamente avviato si fermerebbe e l’Italia finirebbe in mano a coloro che hanno contribuito a condurla alla situazione attuale.

Non è nell’interesse di chi lavora, di chi è cassintegrato, licenziato o disoccupato bloccare il rinnovamento, anche se è costato, sta costando e costerà sangue e lacrime.

Solo alla fine della guerra che il Paese e la parte più avanzata delle giovani generazioni hanno ingaggiato contro tutto ciò che c’è di vecchio e inaccettabile si potrà redigere il definitivo bilancio. Per ora, dobbiamo riconoscere che passi importanti sono stati compiuti.

E che la mentalità e il linguaggio dei politici e dei cittadini è già cambiato.

Il rinnovamento che ha investito l’Italia istituzionale con un governo e un Parlamento giovanissimi, non ha però attraversato il sindacato. Benché la Camusso si assolva, lei e la sua sigaretta appartengono a un passato che, non si illuda, non tornerà. 

In Germania, ai tempi del cancelliere Gerhard Schröder, il radicale riformismo, presupposto dell’attuale floridità della nazione, fu introdotto con la consapevole partecipazione del sindacato. Si stavano assorbendo il Land dell’Est e si doveva semplificare il mercato del lavoro e alleggerire i rapporti impresa-lavoratori.

Non c’è motivo perché qualcosa del genere non accada anche in Italia.

La via dello scontro non presenta vie d’uscita per il movimento operaio. Non allevierà la sofferenza, ma acuirà le difficoltà nelle quali il sistema si dibatte.

Né salverà il sindacato e i suoi gerarchi."


Tutte belle parole..quelle del consigliere Cacopardo!! Ma chi paga realmente il prezzo di questo “rinnovamento” se non i più deboli e i disagiati?

I fatti dimostrano che a pagare il prezzo di questo cambiamento, in base alle scarse e deludenti riforme di questo governo, siano quei cittadini che ormai hanno perso tutto: più si procede verso questo cambiamento, più si alterano i rapporti sociali e si mette in evidenza una mancanza totale del rispetto verso le categorie più deboli, le quali non hanno altra alternativa che la protezione dei sindacati. 

Se la politica di rinnovamento fosse più equa, condotta verso uno sviluppo utile e nel rispetto dei principi della democrazia...nessuno avrebbe da eccepire. Il processo riformista ormai (mediocremente) avviato non si arresterà per colpa dei sindacati, né per colpa dei poveri cittadini che oggi soffrono e che manifestano, ma per la responsabilità diretta di chi pensa di poter operare calpestando principi costituzionali, non dimostrando alcuna propensione in favore di buone idee occorrenti per la crescita delPaese.

Non son sicuro che l'esempio con la Germania, ai tempi del cancelliere Schröder e del suo “radicale” riformismo, condotto con la partecipazione del sindacato, possa calzare in proposito. La semplificazione del mercato del lavoro ed i rapporti impresa-lavoratori, appaiono, oggi, differenti nei parametri di un Paese come il nostro. 

L’era Schröder, proseguita nella grande coalizione, ha lasciato le sue tracce. Tuttavia la sua linea politica, pur in contrasto aperto con il programma elettorale, fu stabilita dall’alto, interrompendo il contatto della direzione con i funzionari intermedi e locali: L’SPD non era più un partito che aiutava la gente comune a risolvere i suoi problemi, non fungendo da portavoce di coloro che rimanevano indietro nella concorrenza globale. Dopo Schröder, l’SPD invocava maggiore responsabilità individuale, rivolgendosi agli strati più agiati della società. Fino alla fine degli anni ’90, aveva contribuito a strutturare la società, poi, nel 2010, la preponderanza dell’influenza dei media nei dibattiti interni e nelle decisioni del Partito hanno determinato la perdita di peso dell’SPD... aprendo una voragine nella struttura politica della società tedesca...Oggi siamo già al 2014...quella voragine pare aprirsi di più.
 vincenzo cacopardo

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