18 nov 2014

la posta di Paolo Speciale

il popolare difficile
Un centro destra in caduta libera tenuto in vita artificialmente dalla interlocuzione sulla nuova legge elettorale, un centro sinistra dalle innumerevoli anime tutte in gran pena, una maggioranza di governo anomala per una disomogenea struttura ideologica e tuttavia durevolmente legittimata di diritto –come deve essere – dal parlamento, e di fatto da un capo dello stato nel ruolo di missionario intento a portare avanti un'impresa nel tentativo di lasciare un -improbabile- indelebile ricordo di un ruolo che possa essere considerato “prezioso” nel suo complesso.
Poi l'epilogo – prevedibile, dannoso ed evitabile – di una storia di azione sindacale che oggi mostra il suo aspetto peggiore, quello esasperato della sua impropria rappresentazione attraverso individui che nascondono il volto mentre lanciano bottiglie incendiarie, generando reazioni che fungono da efficace strumento politico per l'attacco, in termini di ossessiva personalizzazione e di facile e populistica condanna, al capo del Viminale di turno.
Certo, fa specie vedere all'opera un governo a guida PD attaccato da una non indifferente, numerosa piazza. Ma fino a quanto la protesta della “agorà” è veramente diretta verso l'esecutivo – nel classico gioco delle parti – e fino a quanto è invece effetto contingente di una crisi economica senza precedenti che oggi vede l'Italia con il PIL più basso persino di quello della Grecia?
Invocando una propria e non unanime prioritaria ragion di stato Renzi, forte di una ritrovata consistenza del nostro paese nel consesso europeo, si intesta l'audace e diplomatico – ma inefficace – rispetto delle ragioni “popolari”,associandolo nel contempo al suo stesso sostanziale disdegno che, in nome di un presunto ed inesorabile mutamento epocale del rapporto tra politica e cittadini, delude ogni espressione cosiddetta radicale ed identificabile con la rappresentanza di un anacronistico“proletariato”.
Ma se il nuovo preponderante corso della sinistra italiana si identifica sempre di più con la componente cosiddetta “moderata” dello scenario politico del nostro Paese, occorre prima di tutto, con onestà intellettuale,negarne la originalità, in considerazione dei già numerosi teorizzatori-precursori già attivi dagli anni sessanta, quando si concretizzò definitivamente l'identità della componente“socialista” ed il successivo sviluppo di una naturale compatibilità con l'anima popolare più centrista, culminata nell'area temporale dell'asse Craxi-De Mita.
E neanche socialista, ma “popolare”sembra che, non senza difficoltà, sia la strategia di matrice renziana, nella disperata ricerca di un popolarismo centrista che confina ogni ideologia di stampo “metalmeccanico” ai margini, ma che non può evolversi in un trionfo scontato perché, economicamente argomentando, oggi viviamo tutt'altro che gli anni sessanta.
Paolo Speciale



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