17 dic 2014

Una nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Il ricorso frequente al coup de théâtre è nel Dna di Matteo Renzi ed è uno dei suoi maggiori limiti.

Ieri, ce ne ha forniti addirittura due.

Il primo è l’esumazione di Romano Prodi, proprio il giorno dopo avere seppellito, nell’Assemblea nazionale del Pd (che strano destino per il partito dei nemici del socialismo: avere assunto per il suo organo più rappresentativo il nome, sfortunato, che Craxi dette all’excomitato centrale del Psi) l’Ulivo, e ciò che ha rappresentato. Il giovane «premier» non è attento alle coerenze, che sembra consideri stupidi impacci da rottamati.

Si capisce il senso del colloquio di due ore nella sede istituzionale di Palazzo Chigi con l’esponente exdemocristiano, pronto a una rischiosa ricandidatura: in questa fase politica, sminare il terreno dai petardini di cui dispone la minoranza del suo partito e ciò che resta, ben poco, del partito di un sempre più spento Vendola, può essere utile. E poi, se Prodi cadrà lungo la corsa, nessuno potrà attribuirgliene la responsabilità, com’è accaduto nel 2013, quando il pattuglione dei deputati renziani lo impallinò senza pietà.

Osservato con attenzione da tutti i lati, l’incontro Renzi-Prodi sembra iscriversi nel lunghissimo elenco delle operazioni tattiche di cui il primo ministro si è reso cinico protagonista. E questa non è necessariamente una critica, giacché una dote non secondaria di un uomo di Stato è l’inesorabile freddezza tattica che deve fargli usare uomini e situazioni secondo immediata convenienza.

Il secondo «coup de théâtre» è l’annuncio, diramato in coppia con Giovanni Malagò (il presidente del Coni di cui si può rammentare il morbido, inconcludente atteggiamento tenuto nella sgradevole nomina di Tavecchio alla testa della Figc, un’operazione di esemplare opacità), della candidatura italiana alle Olimpiadi del 2014. Certo, un espediente propagandistico di un certo effetto in un Paese depresso come il nostro, nel quale gente come Camusso, Landini e Barbagallo si impegna per una stupida stagnazione (come è apparso evidente quando il «pensatore» Landini, segretario della Fiom, si è battuto contro l’Alta velocità Torino-Lione), e per il quale occorre una rimessa in moto, possibilmente celere.

È qualcosa di diverso da un espediente? Difficile crederlo. Nonostante le distrazioni e le ignoranze storiche, Matteo Renzi non può non sapere quali problemi ha prodotto la preparazione delle Olimpiadi in molte delle nazioni che hanno «beneficiato» della designazione. Dalla Grecia al Brasile il colpo alle finanze pubbliche è stato di dimensioni letali, tanto letali da essere all’origine del disastro degli amici di Atene. E non può non sapere che il partito del no, quel partito che impedì, per esempio, l’Expò di Venezia, con il recupero che avrebbe comportato per la città lagunare, è ramificato e forte dall’Alpe alle Piramidi, e si avvale del supporto della massa di disadattati che anima le nostre piazze in ogni occasione e di tanti vegliardi non ancora rottamati che imperversano su giornali e riviste «trendy». Un mix che può animare le polemiche dei prossimi mesi.

E non c’è dubbio che quest’idea a Berlino, a Bruxelles e a Francoforte sarà giudicata come l’ennesima manifestazione dell’incapacità italiana di comportarsi secondo le regole, di occuparsi, quindi, del bilancio dello Stato e del suo debito per condurre entrambi sulla strada delle virtù comunitarie.

Anche qui sembrano prevalere le ragioni della piccola propaganda su quelle della politica maggiore.

Certo, «tutto fa brodo» pensa il «premier» dimenticando che c’è brodo e acqua pazza e che chiunque può accorgersene.

Sullo sfondo, nel medesimo giorno di questi eventi mediatici, si conferma il disastro «marò», con la reiezione da parte della Corte suprema indiana delle ultime richieste di allentamento del regime di detenzione e di liberà provvisoria.

Qui casca l’asino: l’inesistente Mogherini ha passato la mano al solido Gentiloni, ma l’apertura di una procedura internazionale contro l’India rimane nel libro dei sogni. 
domenico cacopardo



Non casca l'asino ..ma l' intero Paese..
"Sentirsi dire che l'Italia non può fare le Olimpiadi, frustra le speranze dei nostri  concittadini" Queste le parole dette alla Camera dal nostro premier nel corso delle comunicazioni sul Consiglio europeo: "Se c'è chi ruba va in galera, si persegue e si va avanti senza ricorrere alla rinuncia. Se c'è chi ruba, bisogna avere il coraggio di mandarlo in galera e di alzare le pene per evitare i patteggiamenti e di insistere su una idea che chi fa politica prova a proporre un sogno per il Paese"
Renzi continua a proporre sogni come vivessimo in una favola. Tutto ciò.. in un momento in cui il Paese soffre nell'antitesi angosciosa di continue corruzioni ed il fragile sostegno di una economia debolissima e fuori controllo, non può destare alcuna tranquillità. Continuare ad allettare i cittadini con promesse di medaglie d'oro entra nella specifica comunicazione dei sogni e nella ambizione senza limiti del nostro sindaco d'Italia. 

Se per Matteo Salvini rappresenta un'autentica follia, per i deputati pentastellati costituisce materia per nuovi attacchi alla figura del Premier.

Naturalmente non poteva mancare il sostegno del sindaco di Roma, Ignazio Marino il quale, ormai coperto fino al collo dallo scandalo che ha coinvolto la sua amministrazione, sfrutta la proposta contestando maldestramente un certo pessimismo:".Certo per il sindaco di Roma la proposta potrebbe rappresentare una ripartenza: “In questo momento se facessimo un giro per la città ascolteremmo tante frasi di approvazione, di incitamento, di andare avanti e fare pulizia". Un conto è rinunciare a un'occasione perché si pensa di non poter far fronte agli investimenti, un'altra perché si teme la corruzione: questo non può essere un alibi per rinunciare".”

In questo quadro, quello che rimane incomprensibile è il fatto di non curarsi minimamente delle recenti esperienze dei Paesi come la Grecia ed il Brasile, che con la loro posizione in favore di queste enormi spese fuori controllo, ha notevolmente peggiorato la propria situazione economica portandola al baratro.

Se poi consideriamo lo stato in cui è ridotto il nostro Paese dagli effetti naturali dei rischi idrogeologici ed i terremoti, non verrebbe nemmeno voglia di discutere su quali dovrebbero essere le principali spese da affrontare, prima di esporsi alla dichiarazioni di proposte avventurose ed azzardate. Il voler apparire forti in uno stato di debolezza assoluta e di continuo rischio, oltre che ridicolo.. appare persino pericoloso.

Se l'ambizione e la megalomania devono vincere su una realtà che mette in evidenza un evidente stato di necessità primaria a beneficio della sicurezza del nostro Paese, vuol dire che meritiamo veramente di finire nel profondo abisso di quella troika rappresentata dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.

Qui non casca l'asino, ma un intero Paese....... 
vincenzo cacopardo








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