10 lug 2015

nuovo articolo di Domenico Cacopardo sull'amministrazione romana

Su Roma non c’è ancora chiarezza.
Nei giorni delle prime rivelazioni, tuttavia, sembrano assodate alcune cose. La prima, per il combinato delle ispezioni prefettizie e delle valutazioni del procuratore Pignatone, riguarda la macchina municipale, fortemente compromessa e inquinata. Con l’arrivo di Ignazio Marino alla testa del Campidoglio, la situazione non è migliorata, visto che non si è posto mano al profondo, totale rinnovamento ch’era necessario.
L’imponente relazione che il prefetto Gabrielli ha consegnato mercoledì al ministro Alfano, spiega, infatti, come la burocrazia romana debba subire una profonda operazione di pulizia, con la rimozione di molti dirigenti apicali, a partire da Liborio Iudicello, il vertice del sistema amministrativo romano, già segretario generale della provincia di Firenze ai tempi di Matteo Renzi.
Certo, né Gabrielli né Pignatone si sbilanciano nel sostenere l’opportunità di rimuovere Marino e di commissariare il comune, ma in sostanza di questo si tratta. Se il sindaco s’è rivelato incapace di incidere sulla struttura (marcia) comunale ed è stato necessario che un terzo (Gabrielli) stabilisca chi rimuovere, è evidente che l’operazione avviata dalla relazione prefettizia consiste proprio in questo: sostituirsi a Marino e indicare dove intervenire e chi allontanare. A questo punto, è anche possibile (sarebbe estremamente utile) che coloro che sostituiranno i burocrati rimossi sia scelti «d’accordo» con la prefettura.
Certo, Gabrielli smentirà, ma è nell’ordine delle cose e dell’emergenza Giubileo che il ricambio dei dirigenti avvenga prestissimo e sia concordato in modo da evitare che un politico non romano come Marino commetta altri errori di persona.
La situazione, comunque, è paradossale.
Pignatone vara l’operazione «Mafia capitale» che viene presentata dall’informazione come la testimonianza di una capitale mafiosa, in mano a un clan criminale che ne controlla la macchina amministrativa.
Solo Giuliano Ferrara si dissocia dal coro, per sostenere che Roma non è mafia e che il fenomeno messo in luce dalla procura riguarda un gruppetto di persone con la vocazione dell’imbroglio organizzato. Manca, tra l’altro, l’elemento che più caratterizza la presenza mafiosa: la capacità-volontà di imporsi anche con la violenza, utilizzata per punire e per minacciare.
Di recente, anche Pignatone ha chiarito che Roma è una realtà troppo complessa e diversa per potere essere definita mafiosa.
Tuttavia, quella che si sta vivendo nella capitale è una specie di sagra delle indecisioni e degli errori marchiani.
Sullo sfondo avanza la paradossale candidatura di Roma a ospitare le Olimpiadi del 2024: un’ennesima occasione per alimentare il lucro privato a scapito della comunità. La memoria di Italia ’90 dovrebbe insegnare qualcosa.
Con il senso politico che lo contraddistingue, Matteo Renzi, quasi subito, ha dichiarato insostenibile la posizione di Marino. Aveva però, nominato commissario del Pd romano, Matteo Orfini, presidente del suo partito e romano di nascita e carriera. Un errore sostanziale, questo, visti anche i successivi sviluppi.
Subito dopo l’esternazione del presidente del consiglio, Orfini era uscito allo scoperto per opporsi all’idea della rimozione di Marino e del commissariamento del comune.
Su questo dissenso si è andati avanti sino a ieri. E si è dimostrato –per chi non lo avesse già capito- che Renzi è una tigre di carta, forte coi deboli, debole coi forti, e che i suoi diktat possono essere tranquillamente contestati e lasciati cadere nel nulla.
Oggi, con la relazione Gabrielli sul tappeto, la situazione sembra più chiara. Lo stesso Orfini sembra avere perduto le sue granitiche convinzioni, anche perché 8 romani su 10 considerano fallimentare l’esperienza di questo sindaco.
La rimozione di Marino, per il momento, non avrà luogo. Il suo commissariamento sì.
Riguarderà la macchina comunale e il Giubileo, troppo difficile e importante sul piano interno e su quello internazionale per essere lasciato nelle sue mani.
Insomma, si procederà così (l’esempio è ospedaliero): nella clinica chirurgica della capitale sarà rimosso il personale subordinato al primario che rimarrà in carica; poiché prossimamente dovrà essere effettuato un intervento chirurgico particolarmente impegnativo (il Giubileo) esso non sarà eseguito dal primario, ma da un terzo soggetto, considerato più abile e preparato.
Se Marino ha un briciolo di amor proprio, deve abbandonare.
Altrimenti, rimarrà al suo posto, esibendosi in rutilanti dichiarazioni cui non conseguirà alcun effetto pratico.
La vicenda non è all’epilogo, solo al terzo atto.

Domenico Cacopardo

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