15 dic 2015

Una nota all'articolo di Francesco Del Vigo sulla Leopolda

Questo articolo di Del Vigo mette in evidenza un certo regime che si respira nella convention renziana che oggi appare una sorta di festa quanto mai passata.
La Leopolda è lo specchio accondiscendente al quale Renzi chiede se è il più bello del reame.” Così esprime e condensa il suo pensiero Del Vigo rispetto ad un evento nato nel passato quando il Premier era sindaco di Firenze. L'articolo chiarisce perfettamente le limitiazioni di una “Kermesse” costruita ormai su immagini retoriche di un giovanilismo forzato.

In realtà l'operazione che il sindaco d'Italia, Matteo Renzi, conduce ormai da qualche anno... altro non è che un intervento voluto da un processo di globalizzazione che si muove per accompagnare la politica ed il mondo imprenditoriale al fine di semplificare le strade che ogni processo più democratico.. invero.. tende a rallentare. E' la strada Machiavellica di chi si impone giustificando i mezzi per un fine!... Il fine è di certo quello di dare più forza al comando... ossia ad una governabilità in un processo istituzionale che vede nel Parlamento rallentamenti poco graditi.. in un mondo dove la parola d'ordine è la dura lotta alla concorrenza e quello che conta, oltre al risultato, è il tempo in cui lo raggiungi.

In questi processi, l'unico principio è quello di correre verso le soluzioni, al di là di quello che esse possono portare come reazione, sono processi che non possono guardare ad una prerogativa..sia che si tratti di operare al fine di un bene sociale ..che economico o culturale. La conseguenza è quella di perdere ogni contatto con la qualità ed ogni visione più corretta e ponderata.. poiché la fretta non mette in condizione di farlo. Quello che oggi si avverte è soprattutto la perdita di una percezione che non aiuta a guardare in prospettiva ..ma solo al momento. Per questa ragione gli serve una vetrina come la Leopolda che possa incantare il suo pubblico che percepisce l'istante e mai in lungimiranza.
vincenzo cacopardo





Articolo di Francesco Maria Del Vigo
(Dal 2011 al 2014 responsabile del Giornale.it e adesso all'Ufficio di direzione del Giornale.) 

La Leopolda di regime e il Minculpop che mette all’indice i giornali


Peggio di Renzi ci sono solo i renziani. Specialmente quelli più realisti del re. Venerdì sera è iniziata l’ennesima Leopolda. Per chi non lo sapesse la Leopolda è l’antica stazione – ora spazio adibito agli eventi – nella quale, da cinque anni a questa parte, Renzi raduna le sue truppe. L’adunata di renziani è nata quando il premier non era ancora premier e neppure leader del Pd, ma solo sindaco di Firenze. E, allora, rispetto alla sovietica ortodossia del partito, sembrava quasi un cenacolo di carbonari, di giovani dalle belle speranze che volevano rottamare i papaveri mummificati della sinistra.
La storia, ad oggi, gli ha dato ragione. Perché nel frattempo è cambiato tutto. Ma alla Leopolda fanno finta di non essersene accorti. Così l’evento, da conciliabolo di contestatori si è trasformato in meeting istituzionali di adoratori di Renzi.
La Leopolda è lo specchio accondiscendente al quale Renzi chiede se è il più bello del reame. E la risposta – va da se – è sempre affermativa. La Leopolda è il Natale e il Capodanno del renzismo, l’esaltazione della sua vacuità e la falloforia della sua arroganza. Un lavacro benedetto per chi vi entra, un sonaglio da paria per chi non viene invitato. Ma in questa edizione c’è stato un salto di qualità.
Di solito la kermesse si limitava all’esibizione dell’armamentario renziani, un misto di immagini retoriche pop e jovanottiane, sgabelli da bar, lambrette, microfoni anni cinquanta, jeans, camicie bianche scravattate e hit radiofoniche. Insomma tutto quello che può sembrare giovanile (come se la gioventù fosse un merito) e di moda a un ex boy-scout. Invece stavolta è comparsa – serpeggiante – un’altra faccia del renzismo: l’allergia a ogni critica, l’insofferenza alla stampa e alle voci che non siano perfettamente allineate al pensiero (!) del premier. A un certo punto è stata proiettata la classifica delle dieci peggiori prime pagine dell’anno, votate dai presenti. Nel mirino degli ascari renziani sono finiti prima di tutto il Fatto quotidiano, poi Libero e Il Giornale. La stampa nemica. I mascalzoni che osano sfidare le veline del premier e i messaggini del suo efficientissimo capo ufficio stampa e spin doctor. Per carità, ci sarebbe da ridere, se fosse la Leopolda di cinque anni fa. Ma in questa veste istituzionale tutto assume le rigidità del Minculpop, dell’insofferenza nei confronti delle critiche e delle contestazioni. Ma soprattutto del giornalismo e della libera informazione. Di qualunque colore e idea siano.
È evidente che tra il Giornale e il Fatto non ci siano tanti punti di contatto, semplicemente capita che su questi quotidiani vengano svelate le balle con le quali Renzi cerca di incantare sessanta milioni di italiani. Guardate il casino del salva banche. È il lavoro dei giornalisti, non è accanimento. Ma al premier non va giù e ai suoi zelanti camerieri neppure. Così la festa del renzismo si è trasformata in un triste Sanremo di regime.
La Leopolda è invecchiata. Ed è invecchiata male.






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