Questo
articolo di Del Vigo mette in
evidenza un certo regime che si respira nella convention renziana che
oggi appare una sorta di festa quanto mai passata.
“La
Leopolda è lo specchio accondiscendente al quale Renzi chiede se è
il più bello del reame.” Così esprime e condensa il suo pensiero
Del Vigo rispetto ad un evento nato nel passato quando il Premier era
sindaco di Firenze. L'articolo chiarisce perfettamente le
limitiazioni di una “Kermesse” costruita ormai su immagini
retoriche di un giovanilismo forzato.
In
realtà l'operazione che il sindaco d'Italia,
Matteo Renzi, conduce ormai da qualche anno... altro non è che un
intervento voluto da un processo di globalizzazione che si muove per
accompagnare la politica ed il mondo imprenditoriale al fine di
semplificare le strade che ogni processo più democratico.. invero..
tende a rallentare. E' la strada Machiavellica di chi si impone
giustificando i mezzi per un fine!... Il fine è di certo quello di
dare più forza al comando... ossia ad una governabilità in un
processo istituzionale che vede nel Parlamento rallentamenti poco
graditi.. in un mondo dove la parola d'ordine è la dura lotta alla
concorrenza e quello che conta, oltre al risultato, è il tempo in
cui lo raggiungi.
In
questi processi, l'unico principio è quello di correre verso le
soluzioni, al di là di quello che esse possono portare come
reazione, sono processi che non possono guardare ad una prerogativa..sia
che si tratti di operare al fine di un bene sociale ..che economico o
culturale. La conseguenza è quella di perdere ogni contatto con la
qualità ed ogni visione più corretta e ponderata.. poiché la
fretta non mette in condizione di farlo. Quello che oggi si avverte è
soprattutto la perdita di una percezione che non aiuta a guardare in
prospettiva ..ma solo al momento. Per questa ragione gli serve una
vetrina come la Leopolda che possa incantare il suo pubblico
che percepisce l'istante e mai in lungimiranza.
vincenzo cacopardo
Articolo
di Francesco Maria Del Vigo
(Dal
2011 al 2014 responsabile del Giornale.it e adesso all'Ufficio di
direzione del Giornale.)
La Leopolda di regime e il Minculpop che mette all’indice i giornali
Peggio
di Renzi ci sono solo i renziani. Specialmente quelli più realisti
del re. Venerdì sera è iniziata l’ennesima Leopolda. Per chi non
lo sapesse la Leopolda è l’antica stazione – ora spazio adibito
agli eventi – nella quale, da cinque anni a questa parte, Renzi
raduna le sue truppe. L’adunata di renziani è nata quando il
premier non era ancora premier e neppure leader del Pd, ma solo
sindaco di Firenze. E, allora, rispetto alla sovietica ortodossia del
partito, sembrava quasi un cenacolo di carbonari, di giovani dalle
belle speranze che volevano rottamare i papaveri mummificati della
sinistra.
La
storia, ad oggi, gli ha dato ragione. Perché nel frattempo è
cambiato tutto. Ma alla Leopolda fanno finta di non essersene
accorti. Così l’evento, da conciliabolo di contestatori si è
trasformato in meeting istituzionali di adoratori di Renzi.
La
Leopolda è lo specchio accondiscendente al quale Renzi chiede se è
il più bello del reame. E la risposta – va da se – è sempre
affermativa. La Leopolda è il Natale e il Capodanno del renzismo,
l’esaltazione della sua vacuità e la falloforia della sua
arroganza. Un lavacro benedetto per chi vi entra, un sonaglio da
paria per chi non viene invitato. Ma in questa edizione c’è stato
un salto di qualità.
Di
solito la kermesse si limitava all’esibizione dell’armamentario
renziani, un misto di immagini retoriche pop e jovanottiane, sgabelli
da bar, lambrette, microfoni anni cinquanta, jeans, camicie bianche
scravattate e hit radiofoniche. Insomma tutto quello che può
sembrare giovanile (come se la gioventù fosse un merito) e di moda a
un ex boy-scout. Invece stavolta è comparsa – serpeggiante –
un’altra faccia del renzismo: l’allergia a ogni critica,
l’insofferenza alla stampa e alle voci che non siano perfettamente
allineate al pensiero (!) del premier. A un certo punto è stata
proiettata la classifica delle dieci peggiori prime pagine dell’anno,
votate dai presenti. Nel mirino degli ascari renziani sono finiti
prima di tutto il Fatto quotidiano, poi Libero e Il Giornale. La
stampa nemica. I mascalzoni che osano sfidare le veline del premier e
i messaggini del suo efficientissimo capo ufficio stampa e spin
doctor. Per carità, ci sarebbe da ridere, se fosse la Leopolda di
cinque anni fa. Ma in questa veste istituzionale tutto assume le
rigidità del Minculpop, dell’insofferenza nei confronti delle
critiche e delle contestazioni. Ma soprattutto del giornalismo e
della libera informazione. Di qualunque colore e idea siano.
È
evidente che tra il Giornale e il Fatto non ci siano tanti punti di
contatto, semplicemente capita che su questi quotidiani vengano
svelate le balle con le quali Renzi cerca di incantare sessanta
milioni di italiani. Guardate il casino del salva banche. È il
lavoro dei giornalisti, non è accanimento. Ma al premier non va giù
e ai suoi zelanti camerieri neppure. Così la festa del renzismo si è
trasformata in un triste Sanremo di regime.
La
Leopolda è invecchiata. Ed è invecchiata male.
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