Le
determinanti direttive internazionali che costringono le regole
dell’economia
di
vincenzo cacopardo
In
un mio precedente post ho fatto riferimento al grande economista e
premio Nobel Paul Robin Krugman. Secondo il noto professore di
economia…l’austerità voluta dai grandi imperi economici ha
portato ad un autentico fallimento. Egli... in proposito.. ha sempre
sottolineato con forte critica le relative speculazioni di alcuni
fondi e l'importanza di alcuni interventi economici in favore di
investimenti: Un pensiero che appartiene ad una filosofia economica
descritta come neo-Keynesiana.
Il
premio Nobel..già da tempo.. si chiede chi potrà trarre vantaggio
da questa crescita. La sua è di sicuro una delle più profonde e
sentite domande che pone ed alla quale dovrebbero continuare a
portare riflessione le politiche economiche di tutti i Paesi
proiettati verso la speranza di una crescita.
La
sensazione..a parer mio... è che si resti fin troppo succubi di un sistema (per la
forza dei potentati economici).. senza alcuna speranza di poterne
ricercare un altro più attuale ed indispensabile al momento
storico che attraversa la società!
La
teoria di John Maynard Keynes, basata sull’aumento degli
indispensabili investimenti, potrebbe risultare decisiva per le
odierne sorti della nostra economia: Secondo questo
pensiero…nasce un'inevitabile necessità di intervento da parte
dello Stato per dare forza ad un incremento della domanda
globale..e…conseguentemente, aumentando i consumi, poter far
crescere investimenti ed occupazione.
Appare
oggi.. imperativa, determinata e determinante la visione di una
economia internazionale europea che costringe gli Stati aderenti: Il
continuo controllo sul debito e le direttive sulla stabilità dei
Paesi della comunità condizionano a prescindere ogni percorso
economico ricercato dai singoli paesi. Difficilmente, oggi, un Paese
come il nostro, potrebbe dare sfogo ad una economia più brillante in
termini di investimenti e di conseguente economia reale!
Un
pensiero spontaneo.. quindi.. potrebbe essere quello di non riuscire
a capire perché mai ci si debba adeguare ad un simile percorso di
sofferenza imposto da un modo di interpretare il modello economico
prevalentemente in termini di operazioni per il facile arricchimento
dei pochi.. trascurando la vera linfa vitale di una società, la cui
sopravvivenza dovrebbe basarsi in un’economia effettiva di
sviluppo: Un modello che non potrà che generare un allargamento
della forbice ricchezza – povertà.
Una
risposta a tutto ciò sembra abbastanza evidente e contempla lo
spirito con cui si muovono le potenti lobby che guidano, ormai in
modo determinato, gli Istituti di Credito internazionali trasformati
in luoghi in cui.. la principale occupazione.. pare essere quella
di investire su operazioni finanziare sicure, trascurando
l’indispensabile sostegno alle aziende che producono.
Comunque
la si voglia leggere..da questa evidente ed illogica procedura pare
impossibile uscire poichè si sono, già da tempo, impegnati i debiti
delle Nazioni in un gioco finanziario ad alto rischio.
Restando
fermi nei parametri della rigida visione dell’economia odierna
internazionale, si indica come drastico il problema del nostro Paese
strangolato da un pesante debito pubblico, senza il quale, potremmo
oggi usare i miliardi, pagati in interessi, per far crescere la
nostra economia: Se pagare il debito, in
via di principio, è anche necessario..e se dovessimo continuare a
dar conto a tale logica…il nostro bel Paese, non potendo crescere,
non avrebbe più alcuna speranza di pagare alcun debito!
Cosa
fare dunque?
Oggi
le strade sembrano due: O, quella... ormai tardiva ed insensata... di
un Paese che si stacca da questo processo di strangolamento
slegandosi dall’euro, con l’intento di operare un piano di
sviluppo reale e prolungando al massimo le scadenze del suo pesante
debito Pubblico o, rimanere in questa soffocante condizione,
venendo.. pian piano..strangolati ed obbligati a cedere gran parte
delle proprie ricchezze esistenti nel territorio fino a negare ogni
occupazione ai propri cittadini.
Ma
una terza via forse c'è!..ed è quella di tagliare le spese
incoraggiando il lavoro attraverso appositi investimenti anche a
costo di sforare oltre. Una via che appare la scelta migliore, ma che
ancora oggi non sembra aver portato risultati.. poiché si continuano
a tagliare poche spese (spesso, anche impropriamente)..e non si
trovano adeguate risorse da investire. La vecchia strada del
sistema, in considerazione del
rapporto con gli enormi interessi del debito pubblico, non
riuscirebbe mai a mettere in linea un’economia di sviluppo con
risultati sicuri.
Questa
è la realtà che non vuole mai essere una compiaciuta visione
catastrofica! Ma bisogna anche considerare in modo pragmatico che
ogni speranza verso una crescita non potrà mai inventarsi senza i
presupposti essenziali di un’economia reale, né tanto meno,
chiudendo le falle di un sistema che per anni si è fatto finta di
non vedere.
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