14 dic 2020

Una piccola nota all'articolo dell'amico Paolo Speciale


 Da sempre osservatore discreto ed intelligente.. l'amico Paolo esamina il contesto odierno di una politica dove il riscontro con una vera e funzionale democrazia appare fin troppo precario. Un argomento che questo Blog ha più volte intrapreso e analizzato. Tuttavia il sistema attuale vive su una base proporzionale ancora privo delle necessarie riforme. Un sistema che potrebbe modificare di giorno in giorno qualsiasi maggioranza in un guazzabuglio di incongruenza.. Se si fossero fatte le necessarie riforme (quella sui Partiti e quella dei ruoli) il sistema proporzionale avrebbe potuto funzionare in modo più corretto! Ma sarebbe meglio un sistema bipolare che con una risicata maggioranza metterebbe subito a tacere qualunque minoranza?  Un discorso che merita un approfondimento assai lungo..Per quanto attiene all'ex sindaco d'Italia mi permetto di sottolineare che qualunque mossa lui faccia non è mai priva di un proprio interesse personale che prevarica ogni altro aspetto di deontologia politica democratica a favore del Paese.

          v.cacopardo 

 



       Democrazia e rappresentanza: lavori in corso

Quanto ci mostra lo scenario politico attuale non è senza precedenti ed è ancora una volta conseguenza di un sistema elettorale che di certo ha vissuto il suo tempo, garantendo la necessaria congruenza tra la scelta popolare e la composizione parlamentare.
Il pur alto livello di “perfezione” del testo costituzionale del dopoguerra, sebbene non immodificabile ed anzi sempre dinamicamente ottimizzabile, non poteva prevedere ciò che ciclicamente si è rilevato essere il problema più ricorrente degli ultimi 4 decenni, cioè l’instabilità degli esecutivi, tranne qualche governo di legislatura tuttavia non esente da più rimpasti.
Oggi vediamo due esponenti politici (uno di governo e l’altro di opposizione) illustrare agevolmente le diverse combinazioni di maggioranze realizzabili, diverse l’una dall’altra, subordinando così ad un mero calcolo la sussistenza di un governo.
Qualcuno dirà che la democrazia è fatta di numeri, certo.
Epperò qualcun altro potrà replicargli che le libere elezioni servono ( o dovrebbero servire), proprio con i numeri, ad esprimere con chiarezza una maggioranza di governo, la quale a sua volta di norma fa riferimento ad uno schieramento.
La tradizionale e, sinora, non desueta accezione delle forze in campo fa ancora riferimento ad una ideologia di base comune e condivisa, con una connessa terminologia ancora oggi ampiamente utilizzata: il centro destra ed il centro sinistra.
Abbiamo più volte ricordato le connotazioni basilari e convenzionali dell’offerta posta all’elettore: la cosiddetta “moderazione”, spesso abusata da altre formazioni partitiche, del “centro”, il formale, spesso non sostanziale, conservatorismo della “destra”, infine il “progressismo” , anche qui più figurativamente tradizionale che sostanziale, della “sinistra”.
Tra l’altro, anche se ormai poniamo quasi tutti poca attenzione a questo aspetto, queste localizzazioni sono anche geograficamente riflesse e presenti nelle due aule parlamentari attraverso la corrispondente occupazione degli emicicli visti dalla postazione del presidente dell’assemblea.
Una precisa caratterizzazione, dunque, almeno teorica.
Ora, ci vogliamo chiedere oggi come e perché avviene legittimamente la sostituzione di un governo di centro sinistra, in corso di legislatura, con un governo di centro destra e viceversa. Forse perché non è facilmente intelligibile il responso delle urne? Forse perché ideologie storicamente diverse possono ormai trascendere, in una democrazia matura come la nostra, il vecchio concetto di destra, sinistra e centro? In questo caso, che fine fanno le ideologie costituenti di una forza sociale che diventa partito o movimento? Ed ancora: che ruolo assume in questa situazione il “centro”? Esso diventa la vera maggioranza “gravitazionale” delle altre forze in campo, proprio per la sua proprietà di “moderazione” e dunque di saggio raffreddamento a mezzo meditazione atto a prevenire e contrastare l’insorgenza di movimenti populisti quale possibile e temibile preludio di una crisi della democrazia compiuta?
Infine, sino a che punto è da considerare atto “democratico” benedetto dalla volontà popolare il ritiro dei propri ministri dal governo in carica da parte di un movimento di rilievo elettorale minimale rispetto alle altre forze di governo, sì da determinare una crisi di governo difficile e complessa?
Perché è noto che essere l’ago della bilancia equivale a detenere una forza condizionante alla quale non si ha diritto proprio perché carente della necessaria legittimazione di base.
Renzi , con la sua Italia Viva, sta cercando di tornare alla guida del Paese, e lo fa legittimamente, sebbene sia consapevole di fare uso di sistemi - appunto il sopra citato abuso del ruolo di ago della bilancia - che nelle riforme che a suo tempo aveva proposto non avrebbero potuto trovare alcuno spazio. Egli oggi rivendica l’esercizio ed il rispetto del ruolo del Parlamento e del Governo in nome della necessaria ed imprescindibile trasparenza nel dover amministrare i 209 miliardi di euro assegnati all’Italia; e rivendica anche, non a caso da ex Presidente del Consiglio, una gestione più autorevole ed adeguata dei Servizi Segreti, che per loro natura nulla possono avere istituzionalmente a che fare con una sorta di fondazione chiamata alla loro guida ed al loro coordinamento.
Del resto, si è stufi di Commissioni Bicamerali o di task force.
Ma il problema non è tanto stabilire se l’ex sindaco d’Italia agisca più o meno coerentemente nel perseguire un obiettivo di certo primario oggi per lui, quanto capire se e quanto oggi le maggioranze parlamentari bastino da sé, vivendo di luce propria in regime di intercambiabilità che prescinde da una razionale interpretazione delle risultanze elettorali e tuttavia nel rispetto del dettato costituzionale, oppure debbano essere strettamente dipendenti, secondo un concetto di rappresentanza più stretto e più concreto, dai cittadini.
In fondo, si tratta di ridare forza e prestigio alla base, che non va illusa, ma consultata e coinvolta ogni qualvolta occorra. E non mi riferisco neanche ai sistemi consultivi dei 5 Stelle, a scanso di equivoci.

          Paolo Speciale 


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