1 ott 2012

La Costituzione e l'importanza di un suo rinnovamento


                      


Sappiamo che la nostra Costituzione è stata scritta e votata in una Costituente da due principali forze : l'una liberal democratica seduta accanto ad un'altra socialista-comunista. Di certo ne è sortita fuori una delle più belle pagine della storia politica del nostro Paese in quanto la Carta esprime pienamente la forza dei valori uniti insieme in un equilibrio che, ai tempi, non poteva essere espresso meglio. Malgrado la sua bellezza e la definizione chiara dei valori, la nostra Costituzione appare oggi bloccata da alcuni principi. Qualche articolo risulta obsoleto poiché non tiene conto del cambiamento storico culturale che il nostro Paese ha avuto in questi sessant’anni.

Sia sui principi fondamentali che quelli sui diritti e doveri dei cittadini, taluni articoli suonano superati ed un pò lontani da una società che si vuole moderna ed innovata. Altri, nel loro testo, non entrando nel merito del tema in modo approfondito, finiscono col trasmettere un indirizzo poco chiaro. Se si vuole dare forza ai suoi valori bisognerebbe forse cambiare alcuni principi nel senso di fornirgli una più decisa osservanza.

La nostra Carta appare volutamente scritta al fine di poter dare continua possibilità di rivedere in chiave moderna i suoi articoli, quindi rinnovabile nei principi pur restando ferma nei valori. Tuttavia resta l'incognita di una qualità politica in grado di guidare questo rimodernamento in senso equilibrato.



SUI PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. 
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Di quale lavoro si parla? Volendo interpretare questo articolo chiunque, oggi, potrebbe riscontrarvi una curiosa ipocrisia, poiché, già da parecchi anni, con le crisi economiche ed i nuovi modelli di sviluppo, non può più evidenziarsi un preciso fondamento basato sul lavoro ma, forse, solo sul profitto di pochi, sicuramente su un modello di nuove regole nel campo del lavoro ben diverso da quello esistente in un tessuto imprenditoriale del 1947. Oggi il concetto è ben diverso poichè manca  una vera possibilità di lavoro! Un articolo che diventa alquanto retorico, costruito su una passata ideologia che i Costituenti hanno inteso formulare in favore della classe lavoratrice di quel tempo.

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede 
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. In via teorica tutto ciò potrebbe sembrare realistico ma, se per quanto riguarda la pari dignità sociale, la distinzione di sesso e di razza e di lingua, si cerca di fare il possibile, non pare che si riesca parimenti davanti all’attuale esercizio dell’espressione politica e della legge: Pochissimi cittadini sono, oggi, in grado di comunicare le proprie opinioni politiche se non attraverso la forza di precise risorse finanziarie o soggiacendo agli interessi dei Partiti. Inoltre, fino a quando non si studiano nuovi percorsi e regole capaci di individuare un rapporto di equilibrio tra il potere politico parlamentare, quello esecutivo e l’ordine giudiziario, le stesse opinioni politiche difficilmente potranno essere libere nel loro pensiero.

Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Che ogni cittadino abbia il diritto al lavoro sembra anche logico in considerazione dall'art 1 che ne stabilisce il fondamento. Ma su cosa poggia oggi questo diritto? E soprattutto dove e quando la Repubblica ne promuove le condizioni? Particolarmente nel meridione questo diritto pare proprio cancellato dalla mancanza di una base infrastrutturale che ne permetta.. non solo la promozione, ma anche l'espansione.

Art. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Anche qui siamo alle prese con un'evidenza contraddittoria poiché lo sviluppo culturale appare da terzo mondo, non primario come dovrebbe essere, ma sempre in subordine rispetto a qualunque problematica economica che non garantisca qualunque profitto immediato...E' proprio il termine promuovere che non si percepisce..

Si potrebbe, poi, continuare.... 
riscontrandosi con altri articoli resi oggi persino contraddittori malgrado le buone intenzioni, che non potranno mai agevolare un percorso della politica funzionale. Ad esempio, nella parte dell’Ordinamento della Repubblica Titolo 1, riguardo alle funzioni del Parlamento, dove l’articolo 67 recita: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” .

Curiosa teoria, poiché tutti sanno che un vincolo vi è ed è sempre più evidente: Quello dettato dai Partiti e dal loro leader: Questa retorica e ipocrita prassi di voler ancora considerare il parlamentare libero nella sua scelta, viene continuamente smentita da un suo chiaro condizionamento ad una forza di Partito che spesso lo favorisce anche nella elezione, soggiacendolo ad un preciso interesse. Ogni nuova legge elettorale potrà seguire questo articolo, solo se si apporterà la necessaria riforma.

E poi ancora…..
sulla parte seconda Titolo primo in riferimento alle Camere sull’uso esagerato dei decreti legge che alterano e riducono la vera attività del Parlamento. Chiaro sintomo di una Repubblica parlamentare in crisi.Per arrivare persino….alle particolari singolarità del Titolo quarto, allorquando, attraverso l’articolo 104 in riferimento alla Magistratura ed alla istituzione del Consiglio superiore, si pone quella che oggi appare come un’anomalia. Anomalia costituita da un difficile posizionamento di ciò che dovrebbe figurare come un”ordine” indipendente, ma che, eletto per due terzi da magistrati ordinari, finisce col rappresentare un vero e proprio potere. Potere fortissimo, poiché in grado di limitare la libertà delle persone, potere che finisce sostanzialmente col contrapporsi a quello politico che agisce in rappresentanza del popolo (anche per via di una politica che continua a non limitare suoi stessi ruoli).

Occorrerebbero dunque principi più innovativi, senza alterare i suoi splendidi valori! La nostra Costituzione, che come scopo dovrebbe avere il compito di guidare e fornire una traccia al complesso di norme per meglio definire la struttura dello Stato, non sembra avere oggi un giusto funzionamento che la porti al raggiungimento del suo desiderato fine. In se, essa appare perfetta nella rappresentazione dei valori per la determinazione di una democrazia, ma con l'avvenuto progresso sociale, può solo idealizzarne il raggiungimento.
La passata Assemblea Costituente che ebbe il compito di porre le norme fondamentali dell’ordinamento dello Stato,  determinò le regole per una concezione politica in opposizione ad una visione di assolutismo, riconoscendo la validità di uno Stato fondato sulle norme e sui poteri.
Ma qualunque norma o confine di potere, dopo la smisurata e sregolata crescita economica e sociale di questi sessant’anni, non potrebbe che essere rivisitata affinché non possano continuare a riscontrarsi ulteriori anomalie dovute ad un progresso che ha alterato gli stessi valori della società. Anomalie che non potranno mai dare innovazione al percorso di una politica che si vorrebbe efficiente e costruttiva.
Una carta costituzionale che, per una sua utile modernizzazione, non dovrebbe esimersi dall’osservare in lungimiranza un possibile sistema funzionale basato su principi più moderni in proiezione delle normative e della suddivisione dei poteri. Una carta costituzionale utile ed indispensabile, ma sicuramente da rinnovare, poiché non potrebbe mai essere richiesto, come proposto dal passato governo, un suo stravolgimento. Ne conviene che questa nostra politica non riesca per nulla a dare forza ai suoi valori.

v.Cacopardo


30 set 2012

Studio teorico di ricerca per un piano di riforme per il funzionamento di una nuova politica


Ipotesi teorica di avvio per una ricerca




Già da parecchi anni la politica stenta a dare forza ad un processo funzionale del nostro Paese. Da quando scrissi il mio piccolo libro “La politica ed il cambiamento” nel quale avevo già messo in evidenza tutte le difficolta' di un sistema bipolare troppo anticipato nei tempi, rispetto ad una Repubblica edificata sul centrismo democristiano, sono passati parecchi anni. Nel trascorrere di questi, ho approfondito con l’esclusivo senso della partecipazione, la possibilità di altri percorsi più inerenti al processo di una veloce modernizzazione.

Sono idee teoriche poste come ricerca per il riscontro di un alternativo sistema che, da troppo lungo tempo, si basa sulle ormai poco costruttive posizioni antitetiche sinistra –destra.

Nello studio…si ricerca la strada di un progetto di innovazione della politica rivolto verso una specializzazione dei ruoli  (induttivi-deduttivi) dove la parola chiave dovrebbe essere “funzionalità”, come sinonimo di efficienza ed innovazione ma anche intesa come teoria secondo la quale, la funzione di ognuno, ha una importanza predominante sulla evoluzione stessa.
Uno studio che vorrebbe basarsi su un principio di specializzazione e di suddivisione del lavoro.
Sappiamo bene che la politica per muoversi deve far uso delle istituzioni e  queste non possono non essere riviste e rinnovate seguendo un cambiamento imposto da una società che si innova.
La evidente dicotomia che scaturisce in un sistema come il nostro, che per Costituzione rimane di principio Parlamentare, fa si che possano automaticamente sorgere contrasti i quali, non favoriscono lo sviluppo naturale di una vera politica costruttiva. Quella simbiosi politica evidenziata nel Diritto Costituzionale, affinché ambedue i poteri potessero camminare in sinergia, per far sì che si costruissero assieme leggi, programmi e relative mansioni amministrative, si è persa poiché vittima della mancanza di valori fondamentali ormai spariti.
Alcuni programmi esposti in sede di elezioni vengono esclusi o non inseriti nei tempi dovuti, altri, scaturiscono in un gioco di condizionamento in corso d’opera che ne cambia il senso e la volontà espressa in un primo momento. Il risultato di tutto ciò è sempre un brutto ed inaccettabile compromesso. Da qui l’esigenza di dover distinguere i ruoli persino in termini di carriere.
In base a ciò.. sembra, quindi, più che necessario dover guidare un processo di modernizzazione della politica che parta dai principi di una giusta funzione della dottrina. Un percorso più efficiente che possa esser costruito col dialogo ed insieme ai cittadini, ma che possa anche definire un ruolo amministrativo più concreto e sicuro.
Un rivoluzionario cambiamento che potrà vedere anche territorialmente competenze diverse lasciando alle regioni una politica di indirizzo seguita dai ruoli parlamentari ed ai comuni (che necessitano prevalentemente di strutture e servizi).. un’unica politica seguita dai ruoli amministrativi.

Studio teorico di ricerca per un piano di riforme per il funzionamento di una nuova politica

Rimane sicuramente fondamentale una modifica del testo della “Costituzione”..poi quello in riferimento alla politica elettorale, per un utile cambiamento delle stesse procedure che possa contraddistinguere con equilibrio i ruoli ed i compiti della politica. 

Nulla potrà’ essere definito se non in dialogo e con la partecipazione di chi aspira associarsi ad un principio di vera innovazione del sistema istituzionale. Sembra quindi ovvio ed opportuno chiarire che un simile cambiamento non potrebbe sortire alcun successo se non studiato nel dettaglio ed operato con un percorso che possa individuare precise fasi di necessità ma anche chiari e possibili piani di fattibilità.


Una fase prodromica di un processo riformativo della politica dovrebbe vedere in primo piano una riforma dei Partiti.

I Partiti politici hanno un ruolo decisamente importante per la ricerca di rinnovamento della politica. La Costituzione Italiana riconosce il loro ruolo  quando scrive, all’art. 49, che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale». Da qui discendono quasi automaticamente alcuni principi. I Partiti devono trasformarsi in vere officine di studio di continua ricerca. Non dovrebbero mai ammettere alcuna formula assoluta in proposito. Per  natura dovrebbero affrontare un lavoro in equipe offrendo le giuste idee di confronto per ottenere un’unica vera forza di pensiero, svolgendo così, lo specifico lavoro di approfondimento. I componenti al loro interno devono lavorare come un unico motore di ricerca per un sistema qualitativo ed innovativo della vita sociale, restando quanto più equiparati tra loro. Non devono sostenere alcun ruolo amministrativo. La sfida interna di ogni Partito deve, dunque, basarsi sulla qualità e sull’apporto delle idee di tutti e fra tutti i membri. Ecco la ragione per la quale si dovrebbe valutare la personalità e le capacità di ogni singolo componente in base alle caratteristiche ideative od in riferimento alle particolari esigenze di un programma, evitando di esaltarle al di fuori di ogni specifico lavoro di ricerca e valorizzando, conseguentemente, un chiaro lavoro di gruppo.

Diminuzione delle figure politiche parlamentari : 400 in Parlamento -200 in Senato..con revisione degli appositi compensi

un disegno sul quale impostare una ricerca di percorso.
Un percorso che vorrebbe costruirsi attraverso l’uso di appositi “piani programma” per la definizione di una strada che possa rendere più stabilità al Governo senza intaccare la guida Parlamentare sulla quale si fonda il principio della nostra Repubblica.

Uno studio per la ricerca di una politica funzionale per ruoli.

1- Una politica di ricerca e di idee diretta verso un consenso dei piani programma portati dai Partiti che indicheranno proprie liste (candidati legati al preciso patto programmatico) supportata da un sistema elettorale proporzionale. ( i Partiti, opportunamente ristrutturati, avranno quindi una precisa direttiva e cioè quella di studiare con i cittadini un programma per la nuova legislatura)
2-Una politica di amministrazione per l’attuazione del programma, con una lista di candidati amministratori per l'altra Camera, eletti attraverso un sistema più ristretto, poiché valutati per i propri meriti, le capacità ed i  loro curricula.

Nessun Partito potrà esprimere candidati per il ruolo amministrativo.

linee guida generali per un percorso da studiare
1) studio della divisione dei poteri della politica
2) studio della divisione operativa e funzionale delle due Camere
3) studio delle normative indicanti il ruolo e la funzione dei Partiti    
4) le nuove regole per la campagna elettorale
5) studio delle procedure per la presentazione dei “piani programma” 
6) la nomina e il nuovo ruolo del governo
7) la nomina e il nuovo ruolo del presidente della repubblica
8) studio sulle normative del sistema elettorale regionale
9) studio sulla nomina dei politici regionali e degli amm.ri comunali
10) studio sulla abolizione dei consigli provinciali e comunali




Un nuovo sistema che, pur somigliando a quello presidenziale, rimane distinto e vestito per cultura politica alla nostra Nazione. Un sistema che impegnerebbe un presidente della Repubblica, votato dal popolo, in un vero ruolo di garante più che di arbitro. Un sistema che proponga di offrire ai Partiti un assetto distinto indirizzato prevalentemente su un programma, dividendo i ruoli tra amministratori (slegati dai Partiti) e parlamentari (portatori di programmi) studiati con i loro Partiti. Un sistema che manterrebbe un modello bicamerale di funzionamento sobrio ed efficiente.



Proviamo ad immaginare…il nostro Stato democratico in cui un Presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo, pur con gli stessi poteri limitati, possa esercitare un fondamentale potere di controllo e garanzia del sistema elettorale,
Un Presidente che indice le elezioni attraverso una sorta di comunicato rivolto ai Partiti(essenziale che siano opportunamente regolati da altrettanta riforma che possa porli in un’ottica di maggior contatto con la cittadinanza) per la realizzazione dei nuovi programmi per la nuova campagna politica: -Per la futura legislatura dovranno quindi essere indicati i punti salienti del programma riguardanti ciò che si propone.(lavoro, salute, economia, tasse, scuola, università, infrastrutture etc..) (Il programma economico, seppur vincolato dalle regole imposte dalla comunità Europea, darà ai Partiti l’opportunità di agire nel metodo del percorso, rimanendo legato nel merito ai numeri).
Proseguiamo ancora teorizzando che…ricevuti e vagliati tali programmi, il Presidente…se coerenti ed in linea con i principi della nostra società e Costituzione…proponga la formazione della lista dei Partiti affiancata al documento programmatico dello stesso. Scelti i relativi Partiti..si determinerà una sfida elettorale incentrata esclusivamente sulle linee programmatiche.
I Partiti dovranno perciò rendersi convincenti nei confronti dei cittadini attraverso la condivisione del proprio programma per ottenere un reale consenso..anche in relazione al fatto che i propri eletti in Parlamento, non potranno usufruire di alcun potere amministrativo sulla governabilità…ma solo sulle idee e le relative normative. (se anche potessero prestarsi a compromessi, dovranno poter esprimere professionalità per l’adeguata comunicazione, indispensabile a far recepire il programma). 
Una sfida che potrà presentarsi più equilibrata con l’esposizione di dibattiti organizzati in favore della cittadinanza. Dibattiti che potrebbero integrare e responsabilizzare meglio i Partiti.

Diverso potrebbe invece essere il sistema delle elezioni degli amministratori che se eletti non avrebbero alcun potere sulla fase normativa del programma ..se non in termini di metodo nei punti più salienti. Essi dovrebbero proporsi previa verifica di un curriculum e relativi meriti amministrativi.
I curricula saranno attentamente vagliati dalla stessa Presidenza della Repubblica su base regionale. Inoltre dovrebbe esservi una suddivisione anche in relazione alle specializzazioni. La lista..definita dalla Presidenza della Repubblica, valuterà anche in base all’integrità…all’onestà..all’esperienza e la professionalità.
Dopo il vaglio suddetto..una lista sarà posta in votazione (anche regionalmente). Liste che nulla avranno a che fare con i Partiti. L’espressione del voto dei cittadini integrerà e sarà un’ulteriore garanzia sulla professionalità ed esperienza a prescindere dai curricula. (Nella fattispecie non vi sarà alcun bisogno di impegnare cifre per le spese poiché non si dovranno approntare dibattiti per l’apprendimento di un programma..ma, un’esclusiva conoscenza della figura che, di per sé, dovrebbe già essere promossa dall’affermazione nel proprio campo professionale. Chi si propone per una campagna elettorale per l’amministrativo, dovrebbe potersi riconoscere nel proprio ambiente lavorativo a prescindere dall’uso delle risorse pubbliche…eventualmente con l’uso esclusivo di quelle proprie.)

Sarà sempre un Organo dello Stato, sotto il controllo del Presidente della Repubblica ad occuparsi materialmente dell’organizzazione di queste liste. Saranno così eletti per ruoli e competenze Parlamentari ed Amministratori in modo diverso per un diverso modo di lavorare ed organizzare il cambiamento istituzionale.




Ma questo nuovo sistema non potrebbe mai prescindere dall’equilibrio e dalla garanzia affidata all’alta figura di un Capo dello Stato che, eletto dal popolo…potrà seguire un simile sistema col giusto metodo e la sicura garanzia di imparzialità e controllo.

      ruoli e competenze

a) Presidente della repubblica
vero garante del piano programma espressione della volontà dei cittadini
b) Camera politica parlamentare
aula per la definizione e le normative riguardanti il piano politico programmatico nazionale - in rapporto politico con le aule della politica regionale
c) Camera amministrativa
o senato amministrativo- esprime un governo in seno alla propria aula- controlla il governo nazionale – in rapporto con le amministrazioni comunali e (provinciali)
d) Governo
vero responsabile per l’attuazione del piano programma ed al centro dell’attività pubblica amministrativa in contatto ed a capo di tutti gli organi dello Stato
e)I politici parlamentari
Rappresentano il vero potere politico di base che determina un piano programma ed una politica del paese attraverso una maggioranza parlamentare ed un libero voto dettato dallo stesso piano programmaticocontrollano l’operato politico relazionandosi con le forze politiche delle regioni- non possono esercitare alcun ruolo pubblico amministrativo
f) Gli amministratori
sono gli amministratori di controllo del governo-controllano l’operato delle amministrazioni comunali e (provinciali)-non possono esercitare alcun ruolo politico parlamentare
g) I partiti
Ristrutturati e regolati da normative più utili al funzionamento di una efficiente democrazia,  rappresenteranno il vero raccordo tra i cittadini e la politica attraverso la sponsorizzazione dei piani programma e le continue ricerche per un miglioramento della politica sociale.
h) I piani politici di programma
sono espressione della volontà politica dei cittadini per un preciso impegno di tutto il tempo della legislatura- i piani politici regionali rappresenteranno, a loro volta, la volontà politica territoriale in ogni regione.

Un federalismo politico istituzionale

L’approfondimento dello studio di questa ricerca, in riferimento alle elezioni amministrative, vorrebbe tenere in considerazione il momento storico in cui si guarda con sempre maggior interesse ad un federalismo diretto verso le Regioni, ma con un occhio particolare ad una indipendenza amministrativa più logistico strutturale che politica in se.  Secondo questa valutazione, le regioni, hanno ancora necessità di una politica di base territoriale, poiché si impone per un bisogno legato alla loro storia ed una più diretta protezione delle attività culturali allacciate alla tradizione, quindi anche a protezione di una qualità. A differenza che in campo nazionale,  per le elezioni regionali, si impone un modello diverso

Sarebbe più utile favorire  maggiore forza alle amministrazioni comunali, rendendole come particolari Autorità controllate dalla Camera amministrativa.

Di contro non dovrebbero avere alcuna espressione politico parlamentare di supporto, per altro onerosa: I Consigli comunali e provinciali potrebbero essere eliminati poiché i cittadini tendono ad esprimere un voto più per un programma di funzionamento strutturale e di evoluzione della propria città, che di vero stampo politico.Tuttavia una indispensabile politica di controllo territoriale e di indirizzo potrebbe essere condotta da un Consiglio regionale attraverso elezioni politiche espresse per collegi provinciali. (Uno studio per un federalismo politico istituzionale tenuto dai Consigli regionali ed un federalismo amministrativo condotto dai Comuni con elezioni differenziate. Ambedue le politiche saranno collegate alle rispettive Aule nazionali. Non vi sarebbe più una costosa macchina amministrativa regionale. Un discorso a parte da studiare dovrebbe essere diretto verso le regioni a statuto autonomo.
A differenza che nel passato, in cui i Comuni tendevano a chiudersi in se stessi e non guardavano ad uno sviluppo in relazione agli altri Comuni del territorio ed in cui esigeva una particolare politica cittadina, le necessità odierne di una città guardano verso il futuro tendendo a muoversi solo in direzione di un programma amministrativo

 per la creazione di strutture adatte ed infrastrutture necessarie per offrire buoni servizi ai cittadini.
Le recenti iniziative per la eliminazione delle Province, risulterebbero valide e coerenti allo studio, sebbene l’indirizzo di questa ricerca sia quello di poter fornire a Comuni e Province 

più efficienti amministrazioni prive di un inutile potere politico locale che potrebbe rendere più lenta e compromessa l’azione operativa.

Ogni amministrazione deve comunque essere seguita da una linea di indirizzo politico  e da un necessario controllo per la garanzia del proprio operato. Un controllo politico che potrebbe essere affidato alla stessa Aula politica regionale. 

Inoltre l’abolizione della spesa dei consigli provinciali e comunali porterebbe nelle casse pubbliche miliardi di euro che potrebbero risultare più utili proprio alle infrastrutture locali.
I Consiglieri regionali eletti nelle province potranno assumere un controllo politico della loro provincia promuovendo ed ottemperando all’esigenza dei “piani programma” dei capoluoghi. Il controllo politico operato dalla Regione potrebbe essere fondamentale ed utile per un raccordo diretto con le amministrazioni locali nel rispetto dei 

                                                  “Piani Amministrativi Comunali”.

Piani rivolti alle esigenze dei capoluoghi promossi nelle elezioni amministrative comunali. Le amministrazioni comunali dovranno di seguito operare per eseguire il “Piano Amministrativo Comunale”  condiviso dai cittadini.


a)Un indirizzo politico regionale di controllo
b)Amministrazioni comunali al servizio dei  piani amministrativi.
c)Amministrazioni provinciali in raccordo tra le esigenze dei piani comunali e l’indirizzo politico regionale.

Studio sintetico delle linee guida per le elezioni comunali

a) abolizione dei consigli comunali.

b) Per Le elezioni amministrative nei Comuni si dovrebbe procedere attraverso elezioni dirette dei candidati al fine di  eleggere un amministratore (sindaco) e la squadra di tecnici amministratori da lui proposta.

c) i candidati alle elezioni amministrative comunali dovranno essere votati dai cittadini in base alle capacità tecniche ed amministrative, e non potranno esercitare attività politica parlamentare fino alla fine del loro mandato.

 d) i candidati a sindaco potranno essere scelti col vaglio della Camera aministrativa, operando sotto il loro controllo. Dovranno essere provvisti di appositi curricula a dimostrazione della loro capacità.

 e) i candidati dovranno presentare un “Piano programma amministrativo” nel quale si intendono esprimere proposte legate al funzionamento dei servizi e delle infrastrutture da realizzare in favore dello sviluppo della città. Le Amministrazioni potranno diventare vere autorità funzionali

f) il “piano programma” della città deve tener conto del piano generale di indirizzo politico regionale, che non potrà mai  vincolarlo sul piano tecnico. Il piano dovrà essere esplicito e preciso riguardo gli indirizzi richiesti dal bisogno dei servizi per la città.

g) ogni controllo politico per il rispetto della linea programmatica politica dei comuni verrà delegato all’Aula dei consiglieri della regione di competenza.



Lo studio continua...