23 gen 2013

La politica chiusa in se stessa


La componente pragmatica nella politica e nel sociale" 

di vincenzo cacopardo

Oggi, l’azione del pragmatismo regna sovrana, tanto da non potere più essere considerata come espressione di un pensiero filosofico, ma un’effettiva patologia supportata da un sistema sociale ormai malato.  Un fenomeno sempre in aumento, probabilmente intensificato dall’evidente difficoltà della vita odierna che costringe ad una visione sempre più pratica e concreta. Un’ espressione che sembra non risparmiare nessun essere vivente, un modo di porsi con il quale l’uomo spera di proteggersi dagli odierni eventi sociali: Egli resta imprigionato da questa forma mentis di concretezza poiché pensa che non vi potrà mai essere alcuna alternativa per una propria difesa in seno al freddo incedere del vivere contemporaneo.
Questo fenomeno, per via di paure ed incertezze definitesi nel tempo, sembra stia chiudendo l’uomo in se stesso, a tal punto, da costringerlo ad alienarsi dai suoi doni più preziosi:  ideali, creatività, idee e sogni… cioè, da quella parte del mondo fantastico così importante e determinante per la crescita dell’individuo nella stessa società.
Se è vero che in alcune manifestazioni artistiche, teatrali, cinematografiche e letterarie odierne, vengono rappresentati e posti alcuni valori fantastici e creativi…come fondamentali componenti dell’essere umano…è anche visibile come,.. nella vita quotidiana di tutti i giorni, ci si imbatta in un mondo che materializza e razionalizza la qualunque imponendosi persino nelle fondamentali dottrine sociali.
Anche la politica sembra oggi imbrigliata in questa mentalità, tanto condizionata da mettere in primo piano solo un nesso con la realtà e sminuendo ogni riferimento verso ideali ed inventiva.
-Ma la realtà non è forse una costruzione tangibile delle idee? La speranza di una crescita senza idee e creatività sembra essere seriamente compromessa dall’enorme ostacolo posto da una forma mentale proiettata in direzione di una visione forzatamente realistica delle cose che si riflette inevitabilmente sui rapporti reciproci, nel lavoro e di conseguenza anche su una cultura. Potremmo, di conseguenza,  affermare che si è andata costruendo l’opinabile cultura di una concretezza forzata.. non esattamente in linea con lo spirito dell’essere umano, che per natura resta assai predisposto ad ogni potenziale creativo.
Quando si insiste in modo forzato e pedissequo nel ricercare le possibili soluzioni partendo dalla  logica realistica del sistema esistente, non si fa altro che rinviare ed aggravare la problematica di ogni possibile crescita: bisognerebbe, invece, domandarsi  se questa stessa logica realistica, costruita su un sistema ormai vecchio, potrà mai essere predisposta ad accettare possibili idee innovative. Se, altrimenti, un sistema non dovrebbe rinnovarsi e di conseguenza anche le sue logiche cambiare. Ma come si può cambiare se si è bloccati da una visione fin troppo pragmatica che frena inevitabilmente ogni possibilità di rinnovamento?
Ecco che allora.. potrebbe sorgere il ragionevole dubbio se, questa forma mentale, non può essere voluta e sostenuta da poteri forti che frenano lo sviluppo ed il cambiamento della società in direzione di vere e significative innovazioni, per la paura che un mutamento possa stravolgere ogni stabilità e sicurezza.
Ma possiamo davvero dare un senso positivo a tale stabilità? possiamo davvero ritenerla sicura e democratica? 
Nel campo dell’economia, i grandi luminari non fanno che dettare il loro programma in una visione che non può che essere realistica e concreta, in quanto l’economia è una materia che guarda prettamente ai numeri ed al riscontro con una realtà precisa. A differenza di loro, la politica non può permettersi di sottostare a qualsiasi programma economico, ma deve invece analizzarlo ed indirizzarlo verso una società che reclama una più equa gestione economica al servizio della comunità. Poiché nella visione di una politica entra il sociale, il lavoro, lo sviluppo, il welfare etc., non può che essere l’economia al servizio dei principi di una politica di ogni Paese e non, viceversa:- Se così non fosse, nella nostra Carta Costituzionale vi sarebbe scritto di un ulteriore potere: quello dell’economia.
In ogni campo del sociale ed a maggior ragione oggi, una visione troppo ostentata del pragmatismo, non può mai far sperare in una crescita, al contrario, trascinerà avanti un popolo al servizio di un sistema malato. Se, come oggi, ci si adatta lavorando nel proprio campo, senza l’apporto di una vera e rivoluzionaria ricerca, si rimarrà sempre immobili in un sistema dal quale si attinge ma, al quale, non sarà mai reso un contributo per il giusto efficace cambiamento. 
Ciò porta ad un inevitabile stallo dove lo stesso sistema si costringe in un percorso viziato che tenderà sempre a riparare falle senza innovare mai nulla. In seguito si continuerà ad adattarsi, come oggi si usa, ai cosiddetti modelli esterofili che nulla possono se non accentuare tali difficoltà, in quanto  non esattamente in linea con la cultura territoriale e la storia del nostro Paese.
Persino un padre del pragmatismo, W. James, affermava che "vero è tutto quello che contribuisce ad arricchire la nostra potenzialità creativa". 
Questo dovrebbe ispirarci a comprendere come, un forzato uso del pragmatismo, non potrà agevolare alcuna innovazione, ma potrebbe continuare a frenare lo sviluppo delle idee! La politica non può trascurare questo fondamentale aspetto: Nessuna politica può più pensare di costruire innovazione e sviluppo adattandosi al rigido paradigma di un sistema che tende a frenare lo sviluppo delle idee.

Nessun commento:

Posta un commento