Paul Robin Krugman è un grande economista. Professore di Economia e di Relazioni
Internazionali all'Università di Princeton, ha vinto un meritato premio Nobel.
Il premio gli è stato assegnato nel 2008 per una specifica analisi riguardante
gli andamenti commerciali ed il posizionamento dell’attività economica
mondiale. Egli è anche autore di parecchi volumi e collabora intensamente col
NY Times.
Secondo il premio Nobel… l’austerità voluta dai grandi imperi
economici ha portato ad un autentico fallimento ed i Paesi che l’hanno imposta, hanno ritenuto di poter piegare l'economia
alla propria morale. La
sua visione teorica si esprime in alcuni modelli commerciali che potrebbero
rappresentare validi vantaggi per l’economia dei Paesi, quando non privi di
barriere di protezione ben precise. Egli, in proposito ha specificato l’importanza
delle oscillazioni dei tassi di cambio con una forte critica verso le politiche
di alcuni governi a difesa dei cambi fissi e verso le relative speculazioni di
alcuni fondi.
La sua
filosofia economica può essere descritta come neo-Kenesiana. Anche per questo,
egli è stato fortemente critico sulla politica interna ed estera
dell'amministrazione Bush. Pur restando fedele al paradigma della
crescita, Krugman mette in evidenza alcuni importanti
argomenti di riflessione:
Egli afferma che la maggior parte della comunicazione
editoriale dell’economia mondiale è concentrata nel breve termine che,
se pur confermando la possibilità di una interruzione dell’attuale depressione,
pone un pesante dubbio sulle prospettive nella distanza, chiedendosi
quale risposta potremmo avere in un futuro.
Fatto certo che le previsioni danno
per scontato che le disuguaglianze di reddito, negli ultimi tre decenni, si
sono bloccate e potranno crescere solo di poco…. in considerazione di quanto
poco possiamo conoscere su una possibile crescita nel lungo termine… se anche..
le stesse disuguaglianze economiche continuano ad ingrandire e le macchine
potranno sempre di più eseguire compiti che finora hanno richiesto grandi masse
di lavoratori umani. – chi potrà trarre vantaggio da
questa crescita?
Si potrebbe perciò presumibilmente intuire che la
maggioranza delle forze lavorative sarà lasciata indietro e le macchine
intelligenti finiranno col diminuire il valore del lavoro, incluse quelle
competenze di impiegati qualificati che improvvisamente diventeranno superflue.
Secondo Krugman ci potrebbero essere buoni motivi per
ritenere che ogni criterio tradizionale inserito in una previsione di lunga
scadenza, possa essere sbagliato o, quanto meno non prevedibile in termini
positivi.
Questa una delle più importanti e profonde domande che
il premio Nobel si pone ed alla quale dovrebbero continuare a portare
riflessione le politiche economiche di tutti i Paesi proiettati verso una
crescita.
Vincenzo Cacopardo
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