15 mag 2013

Chi trarrà vantaggio dalla futura crescita?




Paul Robin Krugman è un grande economista. Professore di Economia e di Relazioni Internazionali all'Università di Princeton, ha vinto un meritato premio Nobel. Il premio gli è stato assegnato nel 2008 per una specifica analisi riguardante gli andamenti commerciali ed il posizionamento dell’attività economica mondiale. Egli è anche autore di parecchi volumi e collabora intensamente col NY Times.
Secondo il premio Nobel… l’austerità voluta dai grandi imperi economici ha portato ad un autentico fallimento ed i Paesi che l’hanno imposta, hanno ritenuto di poter piegare l'economia alla propria morale. La sua visione teorica si esprime in alcuni modelli commerciali che potrebbero rappresentare validi vantaggi per l’economia dei Paesi, quando non privi di barriere di protezione ben precise. Egli, in proposito ha specificato l’importanza delle oscillazioni dei tassi di cambio con una forte critica verso le politiche di alcuni governi a difesa dei cambi fissi e verso le relative speculazioni di alcuni fondi.
La sua filosofia economica può essere descritta come neo-Kenesiana. Anche per questo, egli è stato fortemente critico sulla politica interna ed estera dell'amministrazione Bush. Pur restando fedele al paradigma della crescita, Krugman mette in evidenza alcuni importanti argomenti di riflessione:
Egli afferma che la maggior parte della comunicazione editoriale dell’economia mondiale è concentrata nel breve termine che, se pur confermando la possibilità di una interruzione dell’attuale depressione, pone un pesante dubbio sulle prospettive nella distanza, chiedendosi quale risposta potremmo avere in un futuro. 
Fatto certo che le previsioni danno per scontato che le disuguaglianze di reddito, negli ultimi tre decenni, si sono bloccate e potranno crescere solo di poco…. in considerazione di quanto poco possiamo conoscere su una possibile crescita nel lungo termine… se anche.. le stesse disuguaglianze economiche continuano ad ingrandire e le macchine potranno sempre di più eseguire compiti che finora hanno richiesto grandi masse di lavoratori umani. – chi potrà trarre vantaggio da questa crescita?
Si potrebbe perciò presumibilmente intuire che la maggioranza delle forze lavorative sarà lasciata indietro e le macchine intelligenti finiranno col diminuire il valore del lavoro, incluse quelle competenze di impiegati qualificati che improvvisamente diventeranno superflue.
Secondo Krugman ci potrebbero essere buoni motivi per ritenere che ogni criterio tradizionale inserito in una previsione di lunga scadenza, possa essere sbagliato o, quanto meno non prevedibile in termini positivi.
Questa una delle più importanti e profonde domande che il premio Nobel si pone ed alla quale dovrebbero continuare a portare  riflessione le politiche economiche di tutti i Paesi proiettati verso una crescita.
Vincenzo Cacopardo

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