15 mag 2013

Un commento di Domenico Cacopardo



L’errore della Boccassini di Domenico Cacopardo
L’eccesso di enfasi, le aggettivazioni sovraccariche, i ripetuti avverbi mostrano un procuratore aggiunto, Ilda Bocassini, in seria difficoltà nell’arringa finale del processo Ruby-gate. Una difficoltà che nasce da un errore di diritto e da un’ipotesi di reato difficilmente dimostrabile, nonostante sei ore di appassionata (ma il giudice non dovrebbe essere freddo e distaccato?) perorazione.
L’errore è alla radice ed emergerà in secondo grado, visto che il rito milanese prevede di rado lo scostamento del primo giudice giudicante dalle tesi di accusa. Esso consiste nella circostanza che la concussione (la Bocassini ha evitato di entrare nel merito della concussione per induzione o per costrizione) è il reato del pubblico ufficiale. Quindi, Berlusconi l’ha commessa, come l’ha concretamente commessa, nella qualità di presidente del consiglio dei ministri, soggetto sovraordinato al ministro dell’interno e per li rami alla questura di Milano. Immaginate il capo di gabinetto che rifiuta di obbedire alle pressioni del primo ministro. La conseguenza imprescindibile è che la competenza è del tribunale dei ministri e che la procura della Repubblica di Milano agisce ‘fuor d’opera’.
Quanto al reato di prostituzione minorile, nonostante ogni volo pindarico, ogni immaginifica rappresentazione dell’accaduto, nonostante l’insopprimibile tendenza a trasformare il peccato in reato, rimane un reato, appunto, difficilmente dimostrabile. Anche perché, la procura non ha indagato sul passato della ragazza, che già al suo paese, Letojanni, appena tredicenne, batteva in un luogo preciso, in orari definiti, con una lunga fila di clienti. Sarebbe bastata una rapida indagine di polizia per stabilire la natura dell’attività che vi svolgeva questa disgraziata giovane immigrata.

Berlusconi sarà condannato e molti di noi diranno: «Ben fatto, se l’è meritato.» E se l’è meritato, di certo. Tuttavia, si tratterà di una condanna labile e caduca, a conferma che la qualità della nostra giustizia e dei suoi interpreti (vedi il caso di Mada Bokoko) è scarsa e ci colloca in fondo alle classifiche di settore.



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