Nello scorrere della lettura della nuova Enciclica costituita da ottantadue pagine scritte a quattro mani, si intuisce la forte presenza del profondo pensiero dell’emerito Papa Benedetto
XVI. Malgrado la firma autografa di Francesco, Pontefice regnante, si riconosce
l’accento del Papa teologo che aveva quasi completato una prima stesura di
Lettera Enciclica sulla fede.
Ed è lo stesso papa Bergoglio ad affermare, senza alcun indugio,
la sua profonda gratitudine a Ratzinger..Papa Francesco ci informa che, assumendo
il suo prezioso lavoro, è riuscito ad aggiungere al testo ulteriori
contributi.
Ancora un nuovo episodio epocale giacchè mai si erano
incontrati nel contempo due Papi e mai contribuendo assieme alla stesura di una
simile Enciclica
La
“luce della fede” è suddivisa in quattro capitoli, più un’introduzione e una conclusione.
Lo stesso Pontefice ci spiega che si aggiunge alle Encicliche di Benedetto XVI
sulla carità e sulla speranza, assumendo così, il “prezioso lavoro” compiuto
precedentemente dal Papa emerito. A questa “prima stesura” ora il Santo Padre
Francesco aggiunge “ulteriori contributi”.
Ma qual è lo scopo…quali le motivazioni
che hanno portato a questo documento? Se non quelle di voler indicare.. nella fede, una luce capace di accendere l’esistenza dell’uomo in terra: Essere di aiuto
per l’umanità affinchè si possa meglio identificare una distinzione fra ciò che
rappresenta il bene e ciò che identifica il male. Un messaggio che, nel mondo
contemporaneo, si avverte in modo particolare. Un’epoca nella quale sembra
essersi persa anche la speranza sul futuro di noi stessi.
Da molti, la fede è oggi vista come un’illusione…un
passo verso il buio. La Lettera vuole spingere ad una riflessione profonda poichè non intende identificare la fede come naturale presupposto
scontato, ma come un dono voluto che andrebbe protetto e fortificato.
Nella lettura son rimasto attratto dal
riferimento sulla storia di Israele, dove si pone la distinzione tra la fede e
l’idolatria: Quell’adorazione degli idoli pagani che disperde l’uomo nella
molteplicità dei suoi desideri, ove si specifica che: “ lo disintegra nei mille
istanti della sua storia”, negandogli di attendere il tempo della promessa.
Anche se in modo diverso, vi è un preciso legame con ciò che tende oggi a proliferare!
Al contrario di chi tendeva a disperdersi
nell’idolatria, chi aveva fede nell’amore di Dio che accoglieva e perdonava, si affidava ad un dono gratuito
ed alla sua misericordia…scorgendo un luminoso cammino verso la salvezza. Questo
cammino da sempre tende a rendere stabile l’uomo, allontanandolo dagli idoli.
Nell’enciclica si sottolinea
che l’amore di Dio è il fondamento della
fede: “nella contemplazione della morte di Gesù, infatti, la fede si rafforza”,
perché Egli vi rivela il suo amore incrollabile per l’uomo: Cristo, in quanto
risorto, rappresenta un testimone attendibile ed affidabile.
La fede...quindi..non guarda solo alla
figura di Cristo, ma vede dai suoi occhi. Il figlio di Dio ci spiega chi è Dio
e noi ci affidiamo a chi, più competente, ci guida. La sua incarnazione, infatti, fa sì che la
fede non ci separi dalla realtà, ma ci aiuti a coglierne il significato più
profondo. Nell’Enciclica viene specificato come, grazie alla fede, l’uomo si
salva, perché si apre ad un Amore che lo precede e lo trasforma dall’interno.
Ma l’aspetto interessante rimane il
riferimento all’idolatria, per la quale si scorge ancora oggi una certa
attrazione. Sebbene quella del mondo contemporaneo potrebbe essere comparata più
ad un’“esaltazione” verso alcune figure, non cambia di certo il punto di vista
di chi vi scorge un deprecabile desiderio tendente ad osannare e mitizzare.
L’esaltazione odierna, (come l’idolatria
nel passato), non può che opporsi al concetto di fede cristiana, come non può
di certo essere utile per la crescita
sociale di ogni comunità. Quindi, il principio della fede su questo punto, non potrebbe che aiutare un certo processo sociale e politico, in quanto,
contrapponendosi a quella adorazione innaturale, rende l’uomo più consapevole e
disponibile ad un indispensabile amore per l’umanità.
Le precedenti Encicliche sulla carità e
sulla speranza non potrebbero mai essere slegate da questa ulteriore Lettera
sulla fede. Quella fede alla quale i due Pontefici fanno riferimento, altro
non può essere che una speranza alla quale l’uomo deve affidarsi per poter dare
un senso alla propria vita e la carità vuole rappresentarne il mezzo per arrivarvi. All’uomo che soffre.. Dio non dona un
ragionamento, ma offre la sua presenza
che apre una luce nelle tenebre. In questo senso, la fede è congiunta alla
speranza.
Anche per questo pare opportuna la
chiusura della Lettera in riferimento
alla Beata Maria che ha sempre creduto malgrado le sue sofferenze, il Papa invita
a guardare a Maria come l’“icona perfetta” della fede, perché, in quanto Madre
di Gesù, ha concepito fede e gioia, ma ha anche vissuto nel dolore e nella speranza.
Malgrado il mio essere agnostico e le
tante perplessità in proposito, riesco a trovare un senso a questa fede cristiana cosi bene evidenziata…
da definirla quasi come un “valore sociale” indispensabile per il futuro del
mondo odierno.
L’uno attraverso la
particolare profondità della mente…l’altro con l’uso dell’umiltà e lo spiccato amore verso il prossimo, questi due Pastori della Chiesa, rappresentano
oggi l’espressione di ciò che in noi stessi vive ed esiste. La ragione ed il
sentimento…la mente ed il cuore…che sono spesso stati contrapposti e condizionanti
nella storia dell’uomo, ma sono i doni importanti che devono trovare un
equilibrio al fine di non scontrarsi reciprocamente e nella speranza di un riscontro con un futuro migliore:
I due Pontefici ne rappresentano oggi una chiara espressione.
vcacopardo
Bel commento !
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