storia
e funzione
I Partiti politici hanno un ruolo decisamente
importante per la ricerca costante di nuovi percorsi della politica.
La Costituzione Italiana riconosce il
loro ruolo quando scrive, all’art. 49,
che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale». Da qui
discendono quasi automaticamente alcuni principi:
-La formazione dei partiti è libera
qualunque ne sia l’ideologia (l’unico limite è la riorganizzazione del partito
fascista).
-La repubblica si fonda sul pluralismo
dei partiti( cioè non si può mai ammettere un unico e solo partito).
-Ai partiti è riconosciuta la funzione
di determinare la politica nazionale.
-I partiti devono rispettare il metodo
democratico, quindi, ogni minoranza deve rispettare le decisioni di una
maggioranza (pur restando nella piena libertà di agire per diventare a sua
volta maggioranza).
Il metodo democratico offre la
possibilità dell’alternanza pacifica al potere tra maggioranza e minoranza. Dal
punto di vista giuridico i partiti politici in Italia sono organizzazioni
private che si configurano come associazioni non riconosciute e godono quindi
dell’ampia libertà d’azione che è prevista dal codice civile per queste
associazioni.
La necessità di accordi continui fra
partiti ha portato alla cosiddetta partitocrazia, e cioè all'occupazione
di tutti i gangli dell'amministrazione pubblica, con l'inevitabile conseguenza
di corruzione, nepotismo, inefficienza, etc. L’insieme delle ideologie e la fine della guerra fredda, ha portato ad una
generale perdita di credibilità e autorevolezza dei partiti, culminata nel
crollo successivo all'inchiesta di Mani Pulite del 1992.
Dopo la disgregazione di PCI e DC e la
scomparsa del PSI e dei partiti laici le nuove forze politiche emergenti come Forza Italia, creata nel 1993 dall'imprenditore Silvio Berlusconi, e partiti di protesta
come la Lega Nord di Umberto Bossi, hanno portato al
deterioramento dei partiti di massa e spinto verso la costruzione di un certo
populismo. A più di dieci anni di distanza dall'apparente crollo della prima Repubblica, i partiti italiani con molta
difficoltà si sono spinti verso un sistema bipolare.
Molti ritengono che il
gran numero di partiti della Prima Repubblica fosse dovuto al sistema
completamente proporzionale, e per questo si è chiesto di sostituirlo con un maggioritario secco. Tuttavia i è
stato subito chiaro che in un sistema come quello italiano, caratterizzato da
numerosi partiti a forte base regionale e privo di forze politiche paragonabili
ai grandi partiti europei, il maggioritario invece che diminuire avrebbe
moltiplicato il numero di partiti: il maggioritario secco spinge alla
formazione di coalizioni, nelle quali i partiti piccoli hanno buon gioco nel
chiedere un certo numero di seggi sicuri in cambio del proprio appoggio, oggi
spesso determinante.
Anche l'ultima riforma
elettorale del 2006, che restaura un
proporzionale, ma che all'atto pratico è un maggioritario a collegio unico ed
elimina le preferenze, conferisce un grande potere alla classe dirigente dei
partiti che spesso rende impossibile una penetrazione di essi da parte della
società civile.
La classe dirigente di questi contenitori di consensi
potrà dimostrare l’importanza e le ragioni di una esistenza solo se andrà
incontro ad una vera riforma organizzativa, partendo dalla
rappresentanza dei propri componenti e dalle relative capacità qualitative
degli stessi.
La forza dei
Partiti
“Capacità e qualità dei componenti”
La
forza dei Partiti è rappresentata dai
propri componenti. La capacità di costoro (spesso
anche eletti al parlamento ed inseriti in un governo) dovrebbe basarsi sulle proprie qualità di ricerca delle idee e non sui vantaggi ricavati da rapporti con chi gestisce il potere. Un
motivo più che valido per far sì che, tali componenti, non debbano avere
rapporti di reciprocità con un certo potere amministrativo. Dovrebbero infatti occuparsi dei Partiti solo coloro che appartengono a quel lavoro di ricerca e
di analisi dottrinale legato all’attività parlamentare in dialogo con la
società civile. Lavoro che possa istruire in
continuità nuove idee e procedure per una più moderna politica.
Essi dovrebbero essere il comune filtro di collegamento con il Parlamento per
un programma voluto dai cittadini, poiché naturali sponsor dei candidati e,
soprattutto delle idee che propongono.
Un Partito deve
essere una vera e propria officina di studio in continua ricerca che non
dovrebbe mai ammettere alcuna formula assoluta in proposito. Per natura dovrebbe affrontare un lavoro in
equipe offrendo le giuste idee di confronto per ottenere un’unica vera forza di
pensiero, svolgendo così, lo specifico lavoro di approfondimento. I componenti devono lavorare come un unico
motore di ricerca per un sistema qualitativo ed innovativo della vita sociale, restando quanto più equiparati tra loro e senza sostenere
alcun ruolo amministrativo.
La sfida interna di
ogni Partito deve, dunque, basarsi sulla qualità e sull’apporto delle idee di
tutti e fra tutti i membri. Ecco la
ragione per la quale si dovrebbe valutare la personalità e le capacità di ogni
singolo componente in base alle caratteristiche ideative od in
riferimento alle particolari esigenze di un programma, evitando di
esaltarle al di fuori di ogni
specifico lavoro di ricerca e
valorizzando, conseguentemente, un chiaro e funzionale lavoro di gruppo.
Nella realtà attuale vi
è sempre un leader di partito che condiziona o viene condizionato da legami che
vanno dall’interesse per l’immagine, alla esaltazione dialettica e comunicativa
o, addirittura, da legami e rapporti di amicizia costruiti nel tempo che
spesso nulla hanno a che fare con una valida qualità operativa. Ciò potrebbe essere da ostacolo per coloro che in realtà dovrebbero dimostrare di portare
avanti soprattutto idee ed iniziative.
Lo
studio della ricerca di un funzionamento della politica dovrebbe essere la base
più importante sulla quale deve impegnarsi ogni Partito.
Un importante settore dovrebbe occuparsi seriamente di ricercare ed
individuare sistemi più consoni alla nostra realtà, evitando così, di prendere
solo esempio da modelli esterofili, spesso non utili alla nostra politica.
Oggi, si esaltano
immagini e si sublimano qualità contribuendo a creare modelli assoluti e non
pensieri innovativi, sfornando spesso leaders che, a loro volta si prefiggono
un’esclusiva presa di potere in seno all’esecutivo. Ma l’interesse e
l’esaltazione di un leader in seno al Partito, per logica, frena il delicato ed
impegnativo lavoro che si dovrebbe affrontare: Ogni
Partito non possiede alcuna verità assoluta, ma deve camminare con metodo e
riflessione verso una continua ricerca…quindi anche un ruolo di “leader” al suo
interno potrebbe apparire da ostacolo al funzionamento stesso di ogni attività
partitica.
CRISI DELLA RAPPRESENTANZA
Appare, quindi, seria una presa di posizione dei Partiti che, dovendo partecipare alla elezione dei rappresentanti deputati a formulare leggi e normative a beneficio degli stessi cittadini, devono poter espletare il loro compito con una precisa posizione in riferimento ad un programma studiato e sostenuto in favore ed a beneficio del Paese. In questo quadro sembra opportuno un lavoro continuo dei Partiti verso dibattiti e conferenze, potendo dare a chiunque la possibilità di informarsi ed esprimersi su precise questioni di ordine politico.
I Partiti devono poter operare, in contatto con i cittadini, principalmente per la formulazione di quel "programma" che dovrà essere, in seguito, messo in votazione nel Paese. Non devono chiudersi in un loro stretto circuito... non devono apparire distaccati o sopraelevati rispetto alla società. I loro rappresentanti non potranno mai fare parte integrante di una casta, poichè il loro compito dovrebbe essere quello di assecondare i cittadini e la popolazione nello svolgimento del loro lavoro con piena convinzione e vera deontologia politica.
Ed ecco, perciò, l’esigenza di un “ programma”, l’importanza di uno studio
portato dal Partito e spinto, dopo una attenta ricerca, attraverso un dialogo
con chi partecipa alla vita sociale, e culturale del Paese: il cittadino. Questa
è la vera ragione per la quale essi devono essere finanziati dallo Stato in
modo equo e non per la loro ampiezza di consensi. In uno Stato che prevede
categorie svantaggiate ed altre agiate, se si desidera sostenere una vera
democrazia, si deve partire da una base equa soprattutto per il sostegno ai
progetti che riguardano l'organizzazione politica della società. Pensare a finanziamenti privati
significherebbe ostacolare il percorso di una vera democrazia a beneficio dei
potenti e delle lobby. Questo argomento è in sé importantissimo poiché
nel momento storico attuale se ne discute senza legare ciò alle specifiche funzioni legislative ed esecutive: Chi deve amministrare dovrebbe farlo per
meriti pratici relativi alla propria capacità nel settore, chi studia programmi
e dialoga con i cittadini deve invece farlo ideando, ascoltando ed organizzando
dibattiti.
Si può, quindi,
percepire il rilievo che pone la divisione di questi due ruoli nel momento di una
elezione e cioè, quanta poca importanza finanziaria dovrebbe avere una campagna
per l’elezione di un amministratore, che di per sé potrebbe essere meritevole
per proprie capacità inerenti la professionalità, e quanto maggiore può essere
sostenere i costi di una campagna elettorale per la ricerca e la costruzione di
un programma in contatto con i cittadini. Se un Partito si ingrandisce e si
espande nel territorio, poiché le idee che esprime attraggono il consenso, si
potranno..forse..prevedere finanziamenti privati attraverso formule e normative da
definire. E’ però, logico, in base a questa ricerca, che si debbano prevedere
studi separati per una divisione più appropriata ed idonea relativa ad una diversa campagna elettorale.
I
Partiti devono spingere, assecondare, devono, ricercare, interpretare, mediare,
ideare…insomma, svolgere quell’azione induttiva per la determinazione di ogni programma:
Sono il vero motore di ricerca, ma tutto ciò potrà avere una validità, solo se
attraverso un contatto diretto con i cittadini. Questo
potrà essere il loro vero ruolo utile e non quello di rappresentare, privi di programmi, un posizionamento politico spesso
solo per naturale convenienza. Non devono porsi al cospetto dei cittadini con un’immagine che
distoglie dalle idee e che condiziona attraverso una deviante comunicazione.
Ecco
la ragione per la quale essi dovrebbero essere riorganizzati e riformati attraverso
normative più chiare e definite. L’identificazione in un programma impegna ogni suo rappresentante politico ad una precisa responsabilità e fa
sì che esso, non potendo entrare nell'amministrativo, potrebbe più
consapevolmente immedesimarsi in un ruolo di ricerca.
vincenzo Cacopardo
vincenzo Cacopardo