Oggi tutto può a cadere,
tranne che sia avviata la crisi di governo: dalla ‘ribellione’ di ottobre non è
più nelle disponibilità del leader di Forza Italia-Pdl.
È un saggio di alta abilità tattica, lo spettacolo
messo in scena da Angelino Alfano nelle ultime settimane. Null’altro vi è di
certo sull’evolversi della situazione, a parte la non discutibile circostanza
che Silvio Berlusconi sarà estromesso dal Senato, probabilmente mercoledì 27 novembre 2013, al massimo una
settimana dopo, e che, in futuro, per un periodo abbastanza prolungato non
potrà candidarsi a nessuna carica elettiva.
Rimangono incerti il modo e i tempi del suo abbandono
della vita politica diretta. Sul tavolo c’è un’eredità politica pesante.
Difficilmente, dopo, ci sarà un centro-destra come l’abbiamo conosciuto in
questi vent’anni.
Mancherà l’autocrate che l’ha inventato e condotto, con alterni risultati, attraverso
mille battaglie politiche ed elettorali. Mancheranno le sue capacità di
comunicazione, le sue televisioni, i suoi soldi.
Sarà tutto diverso
quindi e non è un male per la qualità della democrazia italiana. Un partito
moderato sì, ci sarà, ma con numeri diversi da quelli cui ci ha abituato il
cavaliere. Nonostante ciò, c’è da mantenere in piedi un imponente pacchetto di
relazioni e di capacità, un vasto insediamento in organi elettivi, aziende pubbliche
e sindacato.
Per essere l’erede di
tutto ciò, Alfano ha dispiegato tutta la sapienza della scuola democristiana
cui s’è formato (con Enrico Letta): dichiarare sempre la fedeltà al capo; mai
un gesto di rottura, ma una marcia consapevole per l’allontanamento dalle
follie della caduta; forti legami con l’azione di governo, rivendicandone
l’efficacia; richiamare sempre gli interessi dell’Italia e del medesimo
centro-destra.
Molti amici storici di Berlusconi comprendono i
pericoli di una rottura e di un divorzio con i sentimenti del Paese e cercano
di dissuaderlo dalla tentazione del gesto eclatante, nel quale alla fine
ritroverebbe ben pochi tra gli attuali falchi.
Intanto, Alfano va
avanti, rimanendo fermo o quasi e giovandosi dell’intelligente appoggio di
Enrico Letta: non c’è un prendere o lasciare, un’«ora o mai più». C’è una
serie di passi politici, parlamentari e giudiziari che si snoderà in modo
ineluttabile, trascinando il leader di Forza Italia sul piano inclinato della
decadenza, di altre condanne, del possibile arresto e, infine,
dell’insignificanza.
Forti problemi emergono
anche dal contesto familiare, preoccupato dalla salvaguardia delle aziende e
delle ragioni dei figli, divisi dalle loro attese patrimoniali molto di più di
quel che appare. Non serve a nulla accelerare il processo di dissoluzione.
Basta aspettare pazientemente: il padre-padrone, privato della patria potestà,
sarà portato dalla corrente della Storia fuori dalla vista degli italiani.
Angelino Alfano e i suoi
amici potranno allora respirare e far politica. Spazi, nonostante tutto, tra Renzi, Letta e i puri e duri del Pd, ce ne sono a
volontà. Basta saperli occupare.
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