Il
ballo della mattonella di domenico Cacopardo
Mentre
il Paese è attraversato da diffuse, violente manifestazioni alimentate sì dalla
crisi, ma cinicamente promosse e gestite da gruppi e movimenti eversivi,
infiltrati, in alcuni casi, dalla criminalità organizzata, Enrico Letta ha
chiesto e ottenuto la fiduciadel Parlamento.
Cambiando
finalmente tono, è passato dall’eloquio compassato del
professore a quello diretto di un politico senza complessi.
Dopo
avere, giustamente, polemizzato con l’excomico genovese che, col passare del
tempo, intende sempre più assomigliare a un noto caporale austriaco, ha
sciorinato il suo “Impegno 2014”, un programma per i prossimi quattordici mesi:
legge elettorale (maggioritaria con preferenze), riforme costituzionali
(monocameralismo e ridefinizione competenze Stato-regioni), taglio dei costi
della politica, finanziamento di miliardi 1,5 per i giovani, rilancio del
turismo, attuazione dell’Agenda Italia (per attirare investimenti esteri),
dismissioni, e poco altro.
Emerge
subito un equivoco: riguarda la legge elettorale e le riforme costituzionali. I
due punti che costituiscono l’architrave di ogni cambiamento reale (e
riprendono l’agenda Craxi di 25 anni fa), in realtà sono entrati nell’orbita
Renzi che con essi intende qualificare il cambio di passo del Pd e della
maggioranza parlamentare e accreditarsi come il leader del rinnovamento.
Il
resto, all’evidenza, non parla agli italiani, ma al palazzo. Questo è, quindi,
il ballo della mattonella di Enrico Letta, stretto tra un esondante presidente
della Repubblica, uno straripante segretario di partito e un impaurito partner
di governo (Alfano), tutti impegnati a evitare qualsiasi provvedimento incisivo
che possa turbare i fragili equilibri su cui si sta reggendo la legislatura.
Per completare l’analisi, va ricordato che tra le insufficienze più gravi c’è quella specifica del ministro
dell’economia, lontano anni luci dal comprendere le ragioni del Paese,
produttivo e disoccupato. Un esempio: dobbiamo attendere la definitiva
approvazione della legge di stabilità per sapere se, come sembra,un lavoratore
senza figli a carico e con una retribuzione lorda di 9mila euro all'anno, nel
2014 dovrà pagare 275 euro di Irpef. Nel 2013, la soglia reale è stata a 8000
euro (600 euro circa al mese).
Ci
voleva e ci vuole altro.
Ci
vuole che Enrico Letta annunci, prima della fine dell’anno, un decreto legge
che tagli le uscite di almeno 5 miliardi di euro e in corrispondenza riduca
della stessa cifra la tassazione diretta e quella indiretta.
Occorrere
intaccare l’enorme spesa parassitaria che alimenta 6000 società pubbliche
comunali e regionali, che disperde in mille rivoli (in assenza di costi
standard) i finanziamenti agli enti locali, che permette alla regione Sicilia
di finanziare centinaia di feste patronali o alla regione Calabria di pagare
migliaia di inutili guardie forestali.
Ci
vorrebbe un po’ di coraggio, ma nemmeno tanto, per passare dal ballo della
mattonella a un semplice e più movimentato valzer.
Non
sarà così. Letta rimarrà circoscritto in un ambito di semplice sopravvivenza. Il
disagio continuerà a crescere, le proteste ad aumentare, la democrazia sarà in
pericolo.
Il
giovane cameriere cinese del ristorante giapponese che frequento mi ha detto
ieri sera: «A fine mese torno in Cina. In Italia non c’è futuro.
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