Nel
medesimo giorno, il 4 dicembre, il Tar del Lazio e la Corte costituzionale
hanno preso due decisioni in qualche modo sconvolgenti. Il primo ha dichiarato
illegittima la bocciatura del ministero della salute della cura Stamina, benché
richiesta da un’autorevole commissione di scienziati. Com’è spesso accaduto in
passato (vedi L’Aquila, con il processo ai sismologi per non aver previsto il
terremoto), il potere giudiziario –peritus peritorum- decide guardando le carte
non le conseguenze.
Così,
la Corte costituzionale, nel dichiarare
l’illegittimità del premio di maggioranza –per la Camera dei Deputati che per
il Senato– e dell’abolizione della preferenza, non si è posto il problema degli
effetti della pronuncia. Effetti che sono tanti e immediati, a prescindere da
ciò che emergerà una volta depositate le motivazioni. Prima di tutto, è inutile
negarlo, una specie di delegittimazione dell’attuale Parlamento, nel suo
complesso e in parte,visto che per circa 200 deputati non c’è concluso il procedimento
di convalida dell’elezione. Va ricordato che il presidente della Giunta per le
elezioni della Camera è un esponente del Movimento 5Stelle che farà di tutto
per impedire la conclusione in tempo utile dell’iter di convalida.
Ci
sono poi le conseguenze possibili: le motivazioni potrebbero sbarrare il passo
a qualsiasi meccanismo maggioritario costringendo il rampante Renzi a
rinfoderare il doppio turno alla francese. Una lettura rigorosa dell’art 48
della Costituzione («Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno
raggiunto la maggiore età.Il voto è personale ed eguale, libero e segreto.») e
dell’art. 56, comma 4 («La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni … si
effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta
dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e
distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione …»)
potrebbe avere condotto la Corte a negare la possibilità di un qualsiasi
maggioritario.
Del
resto la governabilità di un paese non dipende dal maggioritario o dal proporzionale
ma da altri fattori, l’antropologia culturale dei popoli e l’aggregazione di
sistema. Conta, anche e di certo, come nella Spagna e nella Germania
proporzionaliste, l’esistenza di una seria soglia di sbarramento che spinge verso
i partiti maggiori. Partiti stabili, passati attraverso varie delicate fasi,
compreso in Germania, il processo a Helmut Kohl, mai dissoltisi sotto i colpi
delle inchieste giudiziarie.
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