di domenico Cacopardo
Tra il mare di documenti che è
possibile trovare in rete, abbiamo voluto leggere quello (2011) della
Ragioneria generale sulla spesa regionalizzata confrontandolo con i dati pro-capite
della Cgia di Mestre. Un insieme di numeri ben più significativi di quelli che
hanno animato le discussioni sulla legge di stabilità. A questi numeri dobbiamo
ispirarci per esprimere una valutazione della legge medesima ormai al
traguardo. Ecco, dunque, in estrema sintesi i dati più interessanti.
La regione Sicilia spende, in complesso,
551 euro per abitante. In totale 44 miliardi di euro. La Lombardia 115 e 91. Il
Veneto 84 e 39. L’Emilia Romagna 80 e 40. La media nazionale pro-capite è di
euro 219. Per le invalidità civili in Sicilia si spende 1 miliardo e 915
milioni. In Lombardia 1 miliardo e 633 milioni. In Veneto 904 milioni. In
Emilia Romagna 854 milioni. In Campania 2 miliardi e 200 milioni.
Emerge in tutta evidenza che
l’introduzione della spesa standard è l’urgenza più immediata. Certo, occorre
immaginare un percorso di avvicinamento, ma non è tollerabile che la Sicilia
spenda due volte e mezzo quanto si spende mediamente in Italia, 5 volte la
Lombardia, 6 volte il Veneto e 16 l’Emilia Romagna.
Ci vuole più forza politica a
ricondurre nell’ambito della tollerabilità il pittoresco (non è un complimento)
governatore Crocetta o colpire alla cieca qualche categoria con scarso peso
sociale?
Nella stagione dei sacrifici, non è
accettabile che gli italiani finanzino la dissipazione senza una speranza di ricondurla
in limiti tollerabili.
È noto che, nella macchina pubblica,
ovunque, anche nella più virtuosa delle nazioni, si annidano sacche di spreco e
quindi l’avvicinarsi alla media nazionale di spesa pro-capite non eliminerà gli
sprechi. Li ridurrà.
Nell’invalidità civile il record,
s’è visto, è della Campania, ma non è possibile accettare un sistema di
convivenza basato sull’imbroglio: si premiano gli imbroglioni; si puniscono i
cittadini corretti.
Occorre intervenire sugli statuti
regionali? Certo, occorre. Ma, intanto, senza proporre modifiche costituzionali
–come quelle necessarie per la Sicilia, la Sardegna, il Friuli Venezia Giulia,
la Val d’Aosta e le provincie di Bolzano e di Trento-, basterebbe una norma
della legge di stabilità per il taglio dei picchi di spesa.
Le minori disponibilità inciderebbero
sull’entità delle uscite, introducendo da questo lato quei costi standard di
cui si parla da alcuni anni.
E, infine, un’ultima osservazione:
se i numeri che ci sono fossero presentati senza abbellimenti ed eufemismi, se
il trionfalismo governativo fosse misurato su ciò che di sostanziale è
possibile, gli italiani potrebbero giudicare e condividere anche le decisioni
più dolorose, come è successo in passato.
Ci vorrebbe, però, un ministro
dell’economia. Un uomo capace e capace di comunicare.
Per ora non c’è.
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