10 dic 2013

Un commento su una nota di Domenico Cacopardo

                                              Aria nuova

Nel tramonto della prima Repubblica, i maggiori partiti non vollero aprirsi alle novità che crescevano nel Paese. La Democrazia cristiana si rifugiò nel passato popolare, quasi un regresso a un’infanzia infelice, visto che fu archiviata dal Fascismo. Il Psi si arroccò nella difesa dell’esistente, rifiutando la discontinuità rappresentata da una segreteria Martelli. Il Pci, che aveva già cambiato nome, rimase ancorato alle proprie idee guida, galleggiando sino ai nostri giorni, tra una sostanziale subordinazione alla Cgil e il frontismo antiberlusconiano, vero collante di categorie sociali eterogenee, senza visione comune dell’interesse nazionale.
Domenica, con la plebiscitaria elezione di Matteo Renzi alla segreteria, si è verificato un cambiamento sostanziale in casa Pd. I gruppi dirigenti, autoperpetuatisi dal 1994 a oggi, sono stati, senza ombra di dubbio, spazzati via. Il discorso della vittoria del neosegretario ha presentato al Paese un giovane leader dagli accenti inconsueti per gli italiani (fortemente mutuati dalla campagna comunicazionale di Tony Blair), capace di indicare una via di rinnovamento, i cui contenuti, tuttavia, sono ancora abbastanza generici.
Non c’è da stupirsene, visto che per vincere occorre aggregare e, quindi, evitare argomenti e scelte divisive.
D’improvviso, da domenica, tanti protagonisti della sciagurata seconda Repubblica sono invecchiati di altri vent’anni: Casini, Monti, Bersani, Berlusconi e Grillo insieme a decine di uomini d’apparato che hanno dato lavoro ai conduttori di talk-show alla Santoro sembrano appartenere a un passato remoto.
Una sensazione naturalmente, visto che Berlusconi e Grillo presidiano ancora con forza le rispettive aree in  attesa di riscuotere il proprio spicchio di consenso.  Ma, per Grillo, ridotto a rimasticare formule disfattiste di fronte all’aprirsi di una significativa speranza, sembra avvicinarsi un atteso declino.
Il caso Berlusconi è un po’ diverso, ma c’è da credere che l’uomo di Arcore si renderà conto che la distanza da Renzi è siderale e che, quindi, sono necessari un cambio di passo e un volto giovane.
Rimangono sul ring, molto ammaccati, Napolitano, Letta e Alfano. Il presidente della Repubblica potrà vedere ridimensionato il suo potere assoluto, esercitato senza timidezze e, tuttavia, costellato di errori contingenti e strategici. Letta e Alfano sono alle corde: o cambiano passo –e subito- facendo quello che si deve per rilanciare l’economia o saranno costretti, a dispetto della protezione presidenziale, a passare la mano. Probabilmente, si imporrà un rimpasto che rispedisca a casa Saccomanni, la Cancellieri e qualche altro peso morto.
Queste prospettive vanno coltivate senza illusioni.
Il consenso di Renzi, ampio e convincente, ma minore di quelli di Prodi e di Veltroni, non gli dà in mano il Pd e i suoi gruppi parlamentari. Gli dà la possibilità di prenderli in mano a condizione che mostri statura e capacità politiche che, per ora, non conosciamo.
Una svolta c’è stata. Aspettiamo il resto.

Domenico Cacopardo


Questa nota di grande interesse del cugino Cacopardo comprova l’intuizione politica di Domenico.. forte delle sue passate esperienze nella qualità di Consigliere di Stato. 
Il suo scritto, tuttavia, mi da l’occasione di porre in evidenza alcuni punti:
Mi riesce veramente difficile pensare come, Matteo Renzi possa cercare di aggregare quando, sul piano politico, pone delle inequivocabili inclinazioni su un sistema elettorale che,  di per sé, indica una sostanziale differenza sulle scelte. Malgrado la sentenza della Consulta che sembra voler favorire un sistema di tipo proporzionale, il sindaco di Firenze opta in direzione di scelte maggioritarie che possano ovviamente avvantaggiarlo.
Al di là delle possibili capacità politico amministrative, il nocciolo del problema di Renzi, consiste principalmente in questa fondamentale scelta politica che, la presenza del terzo polo di Grillo, pone come una forte resistenza al cammino verso il bipolarismo.
Il succeso di Renzi era scontato ed in molti lo avevamo intuito ed era sicuramente convincente poiché il “rottamatore” possiede una buona capacità dialettica e comunicativa che, legata alla sua giovanile figura e soprattutto confrontata a quella dei veterani uomini del suo partito, non poteva che portargli vantaggi. Non dimentichiamo anche il momento storico in cui viviamo che spinge la società, con una certa mistificazione, verso il desiderio di nuovi  profeti.
Oggi..una certa comunicazione.. la fa da padrona.. e credo che di esempi ne abbiamo avuti!
Renzi, per il suo entusiasmo, merita comunque tutta la considerazione almeno per il fatto di aver rotto col passato ed avere infuso una speranza per il futuro. Ma io credo che “il resto” a cui fa riferimento il cugino Cacopardo, troverà difficoltà nelle risposte, poiché la sua comunicazione si è spinta con eccessivo entusiasmo verso facili aspettative, non facendo trasparire la necessaria umiltà di cui oggi vi è bisogno.  
vincenzo cacopardo
  


Nessun commento:

Posta un commento