Domenica 8 si corre
l’ultima batteria per l’elezione del segretario del Pd. L’esito è scontato: il
vincitore si chiama Matteo Renzi. È assistito dal tifo di tanti giovani, di
molti vedovi della Democrazia cristiana e di quelli che ritengono che, con lui,
la sinistra italiana abbia realipossibilità di conquistare la maggioranza
elettorale e di governare il Paese senza i problemi, le debolezze e le
contraddizioni del passato. Le
questioni che Renzi affronterà sono tante e difficili. Le prime saranno l’affluenza
alle urne, che si annuncia modesta, e il mantenimento della maggioranza accreditatagli
dai sondaggi(oltre il 60%). Un margine sufficiente da non gettare ombre sulla
sua leadership.
Già
il 9 dicembre cominceranno lesemifinali: il nuovo segretario trasformerà il Pd
in un’organizzazione liquida priva delle brigate di addetti che ora la manda
avanti.L’idea è interessante e intende spazzare via l’apparato exdemocristiano
ed excomunista che è il padrone del partito e, soprattutto, del suo
posizionamento nel Paese, a partire dai rapporti economici, facilmente
immaginabile dopo la vicenda Monte dei Paschi di Siena. Ma il partito liquido,
in fondo, è un nonpartito nel quale il disciolto apparato potrebbero trovare mille
possibilità di manovra e occasioni per rendere virtuale la leadership del
novello segretario.
Ciò
non accadrà a una sola condizione: che il peso, il prestigio, la capacità di
iniziativa di Renzi siano in grado di realizzare in lui la sintesi necessaria
per governare le complesse realtà regionali e comunali e per vincere le
elezioni. Insomma, una specie di Berlusconi di centro e un po’ –solo un po’- di
sinistra. L’ossessione del cavaliere sarà sostituita dalla gioia di avere in
casa propria l’uomo della rivincita (un simil Berlusconi senza peccato) attesa 20
anni.
Peraltro,
se Renzi prenderà sul serio in mano il partito ci saranno molti mal di pancia:
il Pd è un compromessino(storico) tra un pezzo di Democrazia cristiana e di
Pci. Il collante è la difesa dei due apparati e dei concretissimi interessi di
cui sono portatori.
La
democrazia competitiva di Renzi passerà sopra le loro teste senza provocare
reazioni?
È difficile da credere: potrebbe accadere ciò che spesso accade in
questi tornanti della storia. Una scissione, con i tutori dell’ortodossia (gli
stessi Cuperlo e Civati, in qualche modo, lo sono) da una parte e l’armata,
largamente maggioritaria, dei renziani dall’altra.
Si
aprirebbe, però, lo spazio per un partito socialdemocratico che ci renderebbe
simili agli altri paesi dell’Unione europea.
C’è
poi il nuovo ostacolo rappresentato dalla sentenza di incostituzionalità del porcellumcon riferimento all’assegnazione
di un premio di maggioranza – sia per la Camera che per il Senato– alla lista o
alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e alla
presentazione liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono
all’elettore di esprimere una preferenza. La decisione della Corte
costituzionale obbligherà Renzi a fermarsi e ad aspettarne le motivazioni: non
è chiaro, infatti, se sia stato dichiarato incostituzionale tout court il
principio maggioritario o se questo sia, a particolari condizioni, agibile.
Le
elezioni, tanto sperate da Renzi, Grillo e Berlusconi sfumano: la politica si
impantanerà nella ricerca di una soluzione al problema della legge elettorale.
Nei prossimi mesi, assisteremo, quindi, a continue fibrillazioni: c’è da
sperare che il nuovo segretario del Pd, investito da una rilevante
responsabilità, passi dai toni tambureggianti al raziocinio occorrente nei
momenti difficili, nei quali più che le sciabolate, servono le attente
tessiture di rapporti e di soluzioni.
Ovviamente,
il disprezzato Alfano diventerà (lo è già) insostituibile. Sul
tavolo, dunque,avremo il budino Renzi: e il budino si giudica dopo averlo
assaggiato. Ogni giudizio è rimandato.
Nessun commento:
Posta un commento