14 gen 2014

Domenico Cacopardo commenta sullo stato del governo

L’inatteso logoramento di Letta di domenico Cacopardo

Obbedienti al principio che un papa si giudica da papa e non da cardinale, abbiamo dato ampio credito a Enrico Letta e al suo governo. Possedeva l’imprinting di Giorgio Napolitano -garanzia di probità e di efficienza- che, di fatto, aveva scelto i componenti della compagine, anche i più sconosciuti.
Del resto, c’era l’anomalia di un Parlamento senza maggioranza e, quindi, la necessità di una coalizione tra avversari di sempre: destra e sinistra. Una novità, coronata da successo in Germania, inedita da noi.
Letta doveva tessere, con pazienza democristiana eintelligenza politica, una tela efficace, conducendo una navigazione cauta verso le mete annunciate: riforme (legge elettorale, interventi sul bicameralismo, finanziamento della politica) prima di tutto; rilancio del lavoro; tagli non lineari delle uscite; legge di stabilità rassicurante per gli italiani e per l’Unione europea. Capitolo speciale l’abolizione dell’Imu, concessa a Berlusconi e al Pdl.
In qualche modo, i primi mesi sono stati spesi in modo coerente con gli annunci iniziali. È vero, l’unica cosa concreta è stata la sospensione del pagamento della rata estiva dell’Imu, ma sul Paese s’era abbattuta, di nuovo, una questione Berlusconi, condannato e interdetto dai pubblici uffici. Con abilità, soprattutto smorzando, Letta aveva tenuto il governo al riparo dalle tensioni, ed era anzi riuscito a conquistare la totale solidarietà dei ministri del centro-destra capeggiati da Alfano, sino a convincerli ad abbandonare il cavaliere e a costituire il Nuovo CentroDestra.
“Ecco”, si diceva nei circoli ben informati della capitale, “Letta marcia verso la ricostituzione di un grande raggruppamento centrale, una specie di Democrazia Cristiana anni 2000 che isolerà le fazioni estreme e ci restituirà la governabilità perduta.”
Poi, nell’autunno, si sono manifestati i primi cicloni: la legge di stabilità e l’arrivo sul proscenio di Matteo Renzi. Ma ciò che ha compromesso la fiducia sul governo, togliendogli credibilità, è stato il percorso parlamentare della legge fondamentale dello Stato, detta, appunto, di stabilità.
Sono emerse le insufficienze di un ministro dell’economia inadatto a qualsiasi ruolo di governo (era stato già scartato quando fu in ballo per la nomina del governatore della Banca d’Italia)e l’assenza di ogni regia della presidenza del consiglio e di chi aveva la responsabilità dei rapporti con il Parlamento, il ministro Franceschini.
Cercando una spiegazione della pessima performance, siamo riandati al passato: così è tornata all’attenzione l’imbarazzante prova del governo Prodi 2 del 2006-2008. Basta sfogliare i giornali del tempo per avere la rappresentazione di gestione sconsiderata, per molti versi simile all’attuale. E, il regista di quel governo, nella posizione di sottosegretario alla presidenza e segretario del consiglio dei ministri, era proprio Enrico Letta. Un ruolo, efficacemente ricoperto in passato da personalità spiccate come Bisaglia, Compagna (Francesco), Amato, Maccanico.
La conclusione è facile: il premier possiede non comuni capacità politiche, ma cade dal punto di vista della pratica di governo, nella quale non esprime una vera leadership.
Il continuo avanti-indietro su tutti i temi dell’agenda parlamentare dimostra, infatti, l’assenza di una direzione sicura e, in particolare, un’incertezza organica che finisce per compromettere ciò che di buono è stato fatto e che è testimoniato dal crollo dello spread sui titoli di Stato.
Il progetto neodemocristiano è morto e Alfano sarà costretto a tornare sotto l’ala di Berlusconi.
E qui viene in ballo il capo del Pd, cui è passata la palla. Anche se sopravviverà ancora per alcuni mesi (superando il difficile scoglio del rimpasto), il governo ha il destino segnato: andrà avanti sino a quando vorrà Renzi che ne definirà l’agenda. Anche se sembra non accorgersene, Letta è commissariato.

A meno che non tiri fuori dal proprio zainetto il carattere che non ha mai mostrato e affronti la battaglia. Una sorpresa non si può escludere.

1 commento:

  1. Difficile aspettarsi sorprese! Qualunque manovra voglia mettersi in atto: Vi siano scarse capacità da parte di un ministro dell’economia…o incapacità di comunicazione da parte di un governo…o mancanze da parte di Letta di esprimere una lederschip…. sia che Alfano ritorni sotto l’ala di Berlusconi e Renzi definisca o no una possibile agenda, ….difficilmente si potrà riuscire a trovare un percorso istituzionale funzionante se, come risulta ogni giorno più che evidente, non si dividono meglio i ruoli per regole e competenze.

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