27 gen 2014

Una nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

I ponti bruciati 
di domenico Cacopardo
Il bombardamento mediatico di Matteo Renzi può apparire eccessivo, come eccessive appaiono le sue reazioni alle critiche di Fassina e Cuperlo. Nessun garbo nei rapporti interpersonali, nessuna reale cultura istituzionale, solo un’esasperata pressione sui fronti parlamentari aperti (riforma elettorale, titolo V della Costituzione, depotenziamento del Senato) e sul fronte del governo, messo sulla graticola sin dal 9 dicembre, giorno successivo alla sua elezione alla carica di segretario del Pd.
Le riserve più volte espresse nei confronti del disegno messo a punto insieme a Silvio Berlusconi (con il quale ha rilevato ‘una profonda sintonia’) sono ampiamente confermate anche da indiscrezioni provenienti dagli ambienti della medesima Corte costituzionale. Le questioni sono sempre le medesime: la soglia del 35% per accedere al premio di maggioranza (ora ridotto al 18%) è troppo bassa; l’abolizione totale della possibilità di esprimere una preferenza, recidendo qualsiasi legame tra rappresentato e rappresentante.
Di esse, sembra che Renzi non si preoccupi, ribadendo la validità dell’accordo con Berlusconi. Lascia emergere, da qualche giorno, un flebile consenso a modifiche marginali apportabili dal Parlamento. Lascia, cioè, al capo di Forza Italia e ai suoi uomini la responsabilità di un’eventuale rottura.
Soffermiamoci, però sulla ‘totale sintonia’. Il sindaco di Firenze con queste due sole parole ha messo le dita negli occhi della sua minoranza interna, della sinistra più radicale e del mondo grillino. Poiché non è un incosciente sprovveduto, anche se spesso fa di tutto per accreditare questa sensazione, dichiarandosi in totale sintonia con Berlusconi ha voluto allargare il solco con i suoi competitori, avendo come obiettivo strategico un partito ben separato dalla sinistra radicale, teso verso un nuovo corso politico blairiano, che comporta ineluttabilmente il ridimensionamento della CGIL e il superamento di tutte le sue pregiudiziali.
Su questo punto, porto un personale ricordo: alla fine di una delle interminabili riunioni di partito (Psi) a seguito della scissione dello PSIUP (1964) che contestava la prima esperienza di centro-sinistra, Pietro Nenni si trattenne con alcuni di noi, giovani alle prime armi. Dopo avere spiegato alcuni passaggi, raccomandò, salutandoci: «Allargate il solco.» Ci invitava, così, alla chiarezza, in modo da permettere agli italiani di scegliere tra due vocazioni contrastanti.
In qualche misura, Matteo Renzi sta mettendo in piedi un’operazione del genere, volta a guadagnare consensi nell’area centrale dello schieramento elettorale, a scapito di tutte le altre posizioni. E la sua assenza al congresso di Sel (fantasmi d’un tempo che fu) è coerente con i fini che si propone di raggiungere.
Un percorso complicato lo aspetta. E le esternazioni più recenti di Enrico Letta che, oltre a rivendicare i risultati positivi del suo governo, getta tra le gambe del rivale le preferenze e il conflitto di interessi, confermano che la battaglia non è tra centro e sinistra del Pd, ma tutta interna al centro: la sinistra, oggi, è stata spazzata via dal palcoscenico politico che conta. Domani, chissà.
C’è tuttavia un’ultima considerazione su cui soffermarci. La manovra messa in moto dal segretario del Pd deve riuscire. Se non riuscisse e il tavolo saltasse in aria, per l’Italia sarebbe molto peggio: un disastro senza rimedi. Quindi, anche se ci sono profili d’incostituzionalità, il patto deve essere onorato e la legge elettorale deve passare così com’è (o quasi). La Corte costituzionale fra due o tre anni annullerà le norme controverse. Ma ciò accadrà ben dopo che un’elezione si sarà consumata e una governabilità sarà comunque uscita dalle urne italiane.



Tempo fa… Renzi esordiva affermando: “Mai più il governo delle larghe intese ed occorre cancellare il porcellum perché bisogna avere un maggioritario. Serve un premier forte come lo sono i sindaci". Oggi lui, per una ragionevole sentenza della Corte, sembra ricercare un consenso su un sistema proporzionale, ma lo indica senza preferenze, con un ricco premio di maggioranza, rimanendo costante su un premierato forte possibilmente guidato da lui stesso..  
Le sue…sono le parole di chi persevera ingannando tutti coloro che ingenuamente continuano a seguirlo, e non perché non si voglia credere ad un’idea di cambiamento, ma perché i metodi proposti, appaiono privi di ogni rispetto nei riguardi di un dialogo che si deve in favore dei cittadini….Sono parole che  appartengono a personaggi che vivono di smisurato protagonismo, figure ambiziose e poco umili rispetto alla montagna delle problematiche da risolvere.
Allo stesso modo di Grillo, Renzi ha sempre dichiarato che il suo incedere vuole essere simile a quello di alcuni caterpillar che operano distruggendo il vecchio..(ma occorre molta accortezza nel distruggere.. per non finire con l’abbattere l’intero Paese.)  Il suo modo di portare avanti un sistema che dia forza ad una governabilità,  può naufragare.. ancora di più.. se condotto a fianco di una figura come quella di Berlusconi … Un certo autoritarismo sembra unire i due complici verso un leaderismo che pone la loro immagine al di sopra degli stessi programmi.
Possiamo ormai intuire che un certo potere forte sostiene questi personaggi che esternano un particolare decisionismo e sembra che persino una certa stampa contribuisca alla loro esaltazione.
Vedremo nel breve se vi saranno rotture paventate in seno al PD e ricomposizioni da un altro lato, certo è che se.. come afferma Domenico Cacopardo… la Corte costituzionale fra due o tre anni annullerà quelle norme controverse, ci ritroveremmo nella tragica commedia di oggi.. ma in più aggravati da una ulteriore perdita di tempo causata dalla solita mentalità di questo nostro Paese che continua ad esaltare figure, senza tenere in più alta considerazione l’aspetto di un funzionale percorso democratico che dovrebbe guardare ai fondamentali programmi.

vincenzo cacopardo

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