di domenico Cacopardo
Il bombardamento mediatico di Matteo
Renzi può apparire eccessivo, come eccessive appaiono le sue reazioni alle
critiche di Fassina e Cuperlo. Nessun garbo nei rapporti interpersonali,
nessuna reale cultura istituzionale, solo un’esasperata pressione sui fronti
parlamentari aperti (riforma elettorale, titolo V della Costituzione,
depotenziamento del Senato) e sul fronte del governo, messo sulla graticola sin
dal 9 dicembre, giorno successivo alla sua elezione alla carica di segretario
del Pd.
Le riserve più volte espresse nei
confronti del disegno messo a punto insieme a Silvio Berlusconi (con il quale
ha rilevato ‘una profonda sintonia’) sono ampiamente confermate anche da
indiscrezioni provenienti dagli ambienti della medesima Corte costituzionale.
Le questioni sono sempre le medesime: la soglia del 35% per accedere al premio
di maggioranza (ora ridotto al 18%) è troppo bassa; l’abolizione totale della
possibilità di esprimere una preferenza, recidendo qualsiasi legame tra rappresentato
e rappresentante.
Di esse, sembra che Renzi non si
preoccupi, ribadendo la validità dell’accordo con Berlusconi. Lascia emergere,
da qualche giorno, un flebile consenso a modifiche marginali apportabili dal
Parlamento. Lascia, cioè, al capo di Forza Italia e ai suoi uomini la
responsabilità di un’eventuale rottura.
Soffermiamoci, però sulla ‘totale
sintonia’. Il sindaco di Firenze con queste due sole parole ha messo le dita
negli occhi della sua minoranza interna, della sinistra più radicale e del
mondo grillino. Poiché non è un incosciente sprovveduto, anche se spesso fa di
tutto per accreditare questa sensazione, dichiarandosi in totale sintonia con
Berlusconi ha voluto allargare il solco con i suoi competitori, avendo come
obiettivo strategico un partito ben separato dalla sinistra radicale, teso
verso un nuovo corso politico blairiano, che comporta ineluttabilmente il
ridimensionamento della CGIL e il superamento di tutte le sue pregiudiziali.
Su questo punto, porto un personale ricordo:
alla fine di una delle interminabili riunioni di partito (Psi) a seguito della
scissione dello PSIUP (1964) che contestava la prima esperienza di
centro-sinistra, Pietro Nenni si trattenne con alcuni di noi, giovani alle
prime armi. Dopo avere spiegato alcuni passaggi, raccomandò, salutandoci:
«Allargate il solco.» Ci invitava, così, alla chiarezza, in modo da permettere
agli italiani di scegliere tra due vocazioni contrastanti.
In qualche misura, Matteo Renzi sta
mettendo in piedi un’operazione del genere, volta a guadagnare consensi
nell’area centrale dello schieramento elettorale, a scapito di tutte le altre
posizioni. E la sua assenza al congresso di Sel (fantasmi d’un tempo che fu) è
coerente con i fini che si propone di raggiungere.
Un percorso complicato lo aspetta. E le
esternazioni più recenti di Enrico Letta che, oltre a rivendicare i risultati
positivi del suo governo, getta tra le gambe del rivale le preferenze e il
conflitto di interessi, confermano che la battaglia non è tra centro e sinistra
del Pd, ma tutta interna al centro: la sinistra, oggi, è stata spazzata via dal
palcoscenico politico che conta. Domani, chissà.
C’è tuttavia un’ultima considerazione su
cui soffermarci. La manovra messa in moto dal segretario del Pd deve riuscire.
Se non riuscisse e il tavolo saltasse in aria, per l’Italia sarebbe molto
peggio: un disastro senza rimedi. Quindi, anche se ci
sono profili d’incostituzionalità, il patto deve essere onorato e la legge
elettorale deve passare così com’è (o quasi). La Corte costituzionale fra due o
tre anni annullerà le norme controverse. Ma ciò accadrà ben dopo che
un’elezione si sarà consumata e una governabilità sarà comunque uscita dalle
urne italiane.
Tempo fa… Renzi esordiva affermando: “Mai più il governo delle larghe intese ed
occorre cancellare il porcellum perché bisogna avere un maggioritario. Serve un
premier forte come lo sono i sindaci". Oggi lui, per una ragionevole sentenza della Corte, sembra ricercare un consenso su un sistema proporzionale,
ma lo indica senza preferenze, con un ricco premio di maggioranza, rimanendo
costante su un premierato forte possibilmente guidato da lui stesso..
Le sue…sono le parole di chi persevera
ingannando tutti coloro che ingenuamente continuano a seguirlo, e non perché non
si voglia credere ad un’idea di cambiamento, ma perché i metodi proposti, appaiono
privi di ogni rispetto nei riguardi di un dialogo che si deve in favore dei
cittadini….Sono parole che appartengono a personaggi che vivono di
smisurato protagonismo, figure ambiziose e poco umili rispetto alla montagna
delle problematiche da risolvere.
Allo stesso modo di Grillo, Renzi ha sempre dichiarato che il suo incedere vuole essere simile a quello di alcuni caterpillar
che operano distruggendo il vecchio..(ma occorre molta accortezza nel
distruggere.. per non finire con l’abbattere l’intero Paese.) Il suo modo
di portare avanti un sistema che dia forza ad una governabilità, può naufragare.. ancora di più.. se condotto a
fianco di una figura come quella di Berlusconi … Un certo autoritarismo sembra
unire i due complici verso un leaderismo che pone la loro immagine al di sopra
degli stessi programmi.
Possiamo ormai intuire che un certo
potere forte sostiene questi personaggi che esternano un particolare
decisionismo e sembra che persino una certa stampa contribuisca alla loro esaltazione.
Vedremo nel breve se vi saranno rotture
paventate in seno al PD e ricomposizioni da un altro lato, certo è che se.. come
afferma Domenico Cacopardo… la Corte costituzionale fra due o tre anni annullerà
quelle norme controverse, ci ritroveremmo nella tragica commedia di oggi.. ma
in più aggravati da una ulteriore perdita di tempo causata dalla solita
mentalità di questo nostro Paese che continua ad esaltare figure, senza tenere
in più alta considerazione l’aspetto di un funzionale percorso democratico che
dovrebbe guardare ai fondamentali programmi.
vincenzo
cacopardo
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