di domenico Cacopardo
È prematuro esprimere una valutazione sul
governo Renzi, ancora all’esame ‘fiducia’ del Parlamento, ma già nell’esercizio
delle sue funzioni.
Tuttavia, alcune considerazioni possono
essere già formulate. La prima riguarda Enrico Letta: il suo gabinetto si è
suicidato strada facendo, per l’inconsistenza di alcuni ministri, ma,
soprattutto, per gli errori della sua azione politica.
Il segretario del Pd ha colto il
crescente disagio del Paese e delle grandi organizzazioni sociali e ha brutalmente
dichiarato la fine della partita. Come una belva savana sbrana l’antilope
ferita, così, più o meno allo stesso modo, Renzi ha fatto un boccone solo di
Letta.
Non sa, ma nel tempo imparerà che queste
operazioni prima o dopo si pagano a caro prezzo. Non sa ma imparerà che la
politica è l’unica scienza sociale esatta, nella quale il rapporto tra il dare
e l’avere tende inevitabilmente al pareggio. Non sa ma imparerà che la politica
è anche una scienza geografica in cui i posizionamenti sono più importanti
delle strutture organizzate.
Insomma, la sensazione che questi ultimi
giorni cruciali ci consegnano è quella di una sostanziale immaturità del nostro
presidente del consiglio. Il braccio di ferro con Napolitano non è andato male:
ha vinto sul ministero degli esteri e su diversi altri casi. Ha perso sulla
giustizia e sull’economia, anche se quella dell’economia è una sconfitta che
può diventare una vittoria per le qualità professionali del nuovo ministro.
Tuttavia, per molti nomi vale, per il
momento, la sensazione che si tratti di “Dilettanti allo sbaraglio ammessi a un
tavolo di poker di giocatori professionisti.” Debbono, quindi, tutti uno per
uno conquistarsi l’apprezzamento di deputati e senatori, delle amministrazioni,
dell’opinione pubblica.
Non sarà facile con una nazione stremata
da sette anni di crisi, i cui effetti sono paragonabili a una guerra perduta (e
di una guerra perduta si è trattato per colpa di ‘generali’ incapaci e, spesso,
colpevoli di intelligenza con il nemico comunitario). Non sarà facile
liquidando i rappresentanti dell’unico corpo italiano paragonabile ai diplomati
dell’Ena francese: i consiglieri di Stato. È vero –e lo abbiamo scritto- che
c’era e c’è necessità di un profondo rinnovamento, ma non di una capovolgimento
dei valori sul terreno. Un exdirettore generale del comune di Reggio Emilia non
ha le competenze giuridiche e organizzative per governare la macchina delicata
che è la segreteria generale di palazzo Chigi. Nemmeno un endocrinologo
reggiano ha le conoscenze idonee per entrare nel merito della produzione
legislativa dei ministeri. Può avere fiuto politico sì, non competenza
specifica.
Queste prime scelte testimoniano
l’immensa fiducia in se stesso di Matteo Renzi e la sua debolezza culturale e
politica. Esaurita la fase del frenetico attivismo si renderà conto che i
problemi su cui si sono misurati persone di esperienza e qualità tecniche non
sono semplici e facilmente risolubili.
Sembra accecato dal successo
l’exboy-scout fiorentino. E Dio non voglia che lo sia veramente, giacché in
gioco ci siamo noi e la nostra democrazia.
Il Pd, il risultato del compromessino
storico tra exPci ed exDc, può alla fine di questa storia,
dimostrarsi malattia terminale della Repubblica.
Conquistarsi l’apprezzamento
dell’opinione pubblica non sarà un gioco da poco. Se un Consigliere di Stato in
pensione con la professionalità e l’esperienza di Domenico, ci avverte della
difficoltà di rinnovamento del potente corpo dei consiglieri di Stato, una
ragione valida sussisterà. Il riferimento al sottosegretario Del Rio non viene posto
come una critica generica e senza fondamento, ma diretta alle poco chiare
capacità organizzative della stessa persona. Le peculiarità per guidare la
delicata macchina burocratica della segreteria generale di palazzo Chigi,
sembrano davvero complesse…E qui ..il fiuto politico conta veramente poco
rispetto alle precise competenze.
E’ vero.. si!..in gioco ci siamo noi...tutto
il Paese..dobbiamo quindi sperare nelle capacità di chi, in realtà, possiamo
anche temere per incapacità.
Questo per quanto riguarda l’amministrazione
della macchina dello Stato, ma la
domanda che non posso non pormi è quella di non capire la ragione per la quale
finiamo sempre col doverci affidare ad una qualunque figura carismatica su ciò
che riguarda le riforme istituzionali per la guida politica della Nazione…e perché..
queste..non dovrebbero essere affidate più direttamente al consenso di tutti
cittadini.
v.cacopardo
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