28 feb 2014

nuovo articolo del consigliere Cacopardo sul M5s

Smottamento a 5 stelle
di domenico Cacopardo

Gli scricchiolii dei giorni scorsi sembrano evolvere verso un vero e proprio smottamento dei 5 Stelle. Un leader tantoesagitato da sembrare addittivato (come spesso accade agli One man shower) autoritario più del lecito, assistito da un piccolo Goebbels personale, in un mix di antagonismo e di fascismo squadrista (come visto alla Camera nell’attacco fisico degli avversari), non riesce, nonostante espella e minacci sfracelli, a tenere unito un gruppo di parlamentari scelti (senza alcuna garanzia di trasparenza) dal web, cioè da cerchie più o meno vaste di amici.
Certo, molti dei neodeputati e dei neosenatori a 5 Stelle sono saliti sul carro di Grillo come si sale su un autobus celere. Smaniosi di far politica, esclusi dai partiti in campo, tutti padronali o a statuto democratico, hanno visto nelle esibizioni sopra le righe dell’excomico genovese l’occasione per uscire dall’oscurità.
La crisi del Movimento 5 Stelle è il primo frutto politico dell’operazione Renzi. Di fronte all’entusiasmo, alla comunicativa piana e immediatamente convincente (poi, riflettendoci, emergono mille dubbi), di fronte alla novità che dovrebbe rimettere in moto la Repubblica, risulta difficile, forse assurdo, rimanere fuori, in una sorta di autocastrazione permanente.
Questo profilo deve indurci a considerare in modo più attento il nuovismo renziano e quello che rappresenta in questo momento storico.
Non c’è dubbio che un po’ mentendo (come nel caso di Letta, rassicurato e spinto da Renzi all’inerzia in attesa del passaggio della legge elettorale da un ramo del Parlamento e poi infilzato per quella medesima inerzia), un po’ imbonendo, un po’ saltando gli ostacoli (che però rimangono tutti sul terreno, come Leningrado rimase sovietica nonostante l’avanzata tedesca) il premier abbia bruciato i tempi conquistando il governo del Paese prima di quanto ci aspettassimo.
Ed è anche vero che tutti sono stati strumentalizzati: D’Alema elevato a simbolo del vecchio, Berlusconi raccolto sulla strada dell’applicazione delle misure alternative al carcere, Cuperlo sconfitto nelle primarie, Bersani strapazzato in quanto rappresentante di una nomenklatura sclerotizzata, tutti sono serviti ad accreditare l’immagine di un giovane capace di affrontare le questioni in cui ci dibattiamo da vent’anni e risolverle.
Il viaggio a Treviso e quelli che farà si collocano proprio all’interno di un modo di concepire la politica: stare fuori dal palazzo, parlare, prospettare il futuro, accrescere la simpatia e il consenso.
Come nel caso di Berlusconi e di Grillo il problema è di passare dalle piazze reali o mediatiche alle aule parlamentari e concludere quanto promesso (vedere la pessima figura rimediata nel decreto-legge per Roma).
Intanto, Renzi ha introdotto il seme di un nuovo modo di fare politica: una forma comunicativa imparata da altri e coniugata con la propria gioventù.
Ci ha messo la faccia, è vero. Ma, diversamente da come dice, a pagare non sarebbe il signor Matteo Renzi da Rignano sull’Arno. A pagare il prezzo, molto salato, di un fallimento saremmo tutti noi.

È bene rifletterci.

Nessun commento:

Posta un commento