19 feb 2014

Un commento di Domenico Cacopardo sulla politica americana nel medio oriente



Non c’è da stare allegri
L’Italia è il Paese delle meraviglie. Infatti, l’onorevole Corte dei conti intende processare Standard&Poor's, per non aver considerato nel nostro rating, il valore delle bellezze artistiche (non è uno scherzo).
C’è, però, da ritenere che italiani e loro governanti siano talmente abbacinati dal patrimonio culturale da non curarsi degli urgenti problemi di politica estera.
Oggi non parliamo della disgraziata vicenda marò ma di Medio Oriente.
In Siria c’è una guerra civile, promossa dagli occidentali, in primis Obama e la Francia, perché i principi di libertà abbiano anche lì applicazione. Denaro e armi per i ribelli. Tra i quali appartenenti ad Al Qaeda. Aiutando gli insorti, sono stati, quindi, aiutati indirettamente i terroristi diventati, oggi, la forza più organizzata e potente dello schieramento. Hanno conquistato parte dell’Iraq creando contiguità territoriale (e di governo): una sorta di nuovo Stato qaedista.
Dobbiamo riconoscere che è una fortuna per l’Occidente che l’Iran sostenga Assad, ponendo, tramite suo, un argine al dilagare del terrorismo.
L’Arabia Saudita, alleato di ferro degli Stati Uniti, temendo l’Iran, ha concluso un accordo con il Pakistan da cui riceverà testate nucleari (un nuovo attore nel palcoscenico atomico in violazione del trattato di non proliferazione) e missili per trasportarle. Anche Tokio ha definito un trattato con l’Arabia Saudita per la fornitura di armi di nuova generazione e di apparati tecnologici.
La principale causa di questa evoluzione sono i giri di valzer di Obama: amico dei ribelli, ma anche alla ricerca dell’amicizia dell’Iran nemico dei ribelli.
Al Cairo, dopo avere puntato sul deposto Morsi, che ha aperto le frontiere con Hamas e rimesso in circolazione gli integralisti più fanatici, il presidente USA s’è mostrato così freddo nei confronti del prossimo raìs El Sisi da spingerlo tra le braccia di Putin da cui riceverà Mig e mezzi corazzati di ultima generazione.
Sullo sfondo, l’imminente abbandono dell’Afghanistan, dopo miliardi di dollari gettati al vento (euro per l’Italia) e migliaia di caduti (un centinaio italiani), avendo sostenuto Hamid Karzai, la cui famiglia è la maggiore produttrice di oppio del Paese. Per non farsi mancare nulla, l’America tratta segretamente con i talebani, più per evitare una strage al momento dell’abbandono che per contare nel futuro.
Insomma, in questo scacchiere, la politica americana è un colossale disastro.
Ora si capisce perché nel secondo mandato Obama abbia rinunciato alla logica ferrea e alla disciplina di Hillary Clinton per chiamare l’imbarazzante Kerry, prono agli input presidenziali.
Se, poi, osserviamo il Libano e la Libia, non possiamo che essere presi dallo sconforto, visto che in Libano c’è un contingente italiano, inviato quando contavamo qualcosa in Europa, e in Libia c’è il caos. Da qui continueranno a riversarsi sulle coste nazionali  altre migliaia di derelitti.
Purtroppo, alla Farnesina, siede il fantasma di un peso piuma e l’idea di una conferma della Bonino è talmente sconfortante da farci temere che anche Renzi sia affetto da autolesionismo.



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